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Sempre più Golden Power. I numeri della relazione 2022

Trasmesso dal sottosegretario Mantovano al Parlamento il documento annuale sui poteri speciali: dal 2020 c’è stato un “significativo incremento” delle operazioni notificate. L’anno scorso sono state 608, di cui 519 riguardavano settori strategici. I governi Draghi e Meloni hanno esercitato un veto e tre opposizioni all’acquisto

L’ampliamento del perimetro della normativa italiana sui poteri speciali e la crescente rilevanza dei settori individuati come strategici dal regolamento dell’Unione europea investimenti esteri diretti nell’Unione hanno prodotto un “significativo incremento” delle operazioni notificate ai sensi del Golden Power negli ultimi tre anni. È un periodo di tempo che parte dal 2020. Il 13 marzo di quell’anno la Commissione europea aveva invitato gli Stati membri a essere vigili per evitare che la crisi Covid-19, allora nella fase emergenziale, determinasse una perdita di risorse e tecnologie critiche. Una comunicazione che ha anticipato i temi futuri, compreso il de-risking di cui si parla con sempre più frequenza in questi mesi e che è entrato nei documenti del G7.

I numeri di questo incremento sono raccontati dalla relazione Golden Power relativa al 2022 consegnata al Parlamento da Alfredo Mantovano, sottosegretario del governo Meloni insediatosi a fine ottobre dell’anno scorso: nel 2019 le operazioni notificate sono state 83; 342 nel 2020; 496 nel 2021; 608 nel 2022. Oltre la metà (314) riguardava operazioni escluse dalla normativa sull’applicazione dei potersi speciali a tutela dei settori strategici: un rilievo che, si legge, “testimonia un utilizzo spesso precauzionale dello strumento della notifica”. Di queste 608, 519 riguardava settori strategici (tra cui energia, trasporti e comunicazioni oltre ai settori coperti dal sopracitato regolamento europeo), 71 difesa e sicurezza, 18 tecnologia 5G.

Le rilevazioni per l’anno 2022, spiega ancora il governo, “confermano che l’esercizio dei poteri speciali costituisce una extrema ratio dell’attività amministrativa”. Il peso relativo dei casi di esercizio resta “limitato, a prescindere dal parametro considerato”, si legge ancora: in riferimento alle notifiche per cui sono stati ravvisati i presupposti di applicabilità della normativa, i provvedimenti di esercizio restano circoscritti all’8 per cento dei casi; si riduce al 4 per cento se parametrata al totale delle notifiche pervenute.

In 164 il governo (Draghi prima, Meloni poi) ha scelto di non esercitare il Golden Power.

In un’occasione ha esercitato potere di veto: il caso è quello dell’azienda novarese Robox, che aveva notificato la concessione in licenza non esclusiva di codici sorgente impiegati nella produzione di robot e macchine automatizzate per l’industria, in particolare automobilistica a Efort Intelligent Equipment, leader nella robotica e legata al governo di Pechino. Come raccontato su Formiche.net, il veto aveva congelato di fatto l’intera operazione che comprendeva anche l’aumento della partecipazione di Efort Intelligent Equipment dal 40% al 49% (per 2 milioni) in Robox. Con un Dpcm del 10 marzo scorso (non rientrante dunque nella relazione 2022) il governo Meloni ha imposto alcune prescrizioni sul contratto per la concessione (in licenza non esclusiva) di una libreria software da parte dell’azienda novarese Robox alla società cinese.

In tre casi, tutti riguardanti affari cinesi o russi, il governo ha deciso di opporsi a operazioni di acquisto. Il principale è quello di Alpi Aviation, produttore friulano di droni passato, violando le leggi italiani, nelle mani di due gruppi statuali di Pechino. L’acquisizione, spiegavano allora gli investigatori della Guardia di Finanza, non avrebbe avuto scopi di investimento ma l’acquisizione di know-how tecnologico e militare, che però difficilmente può essere “riportato” in Italia. Le indagini avevano portato il governo Draghi, a marzo dell’anno scorso, a esercitare i poteri speciali annullando l’operazione e imponendo alla società cinese di cedere le quote societarie acquisite entro un anno. “L’operazione è stata ritenuta suscettibile di pregiudicare gli interessi essenziali italiani ed europei connessi ai settori della difesa e della sicurezza, nonché di produrre trasferimenti di know how, anche attraverso apposite joint venture, in ambito extra nazionale/europeo”, si legge nella relazione in cui si sottolinea anche che i rischi “non sono stati ritenuti mitigabili attraverso l’imposizione di particolari condizioni. Inoltre, a giugno dell’anno scorso il governo Draghi si è opposizione all’acquisto da parte una sussidiaria del colosso nucleare russo Rosatom del 99,41 per cento del capitale sociale di Faber Industrie Spa, azienda italiana leader mondiale nella progettazione e produzione di bombole e sistemi per lo stoccaggio di gas ad alta pressione. A marzo, invece, il governo Meloni a quello da parte della società olandese Nebius B.V., che è uno spin off di Yandex, la “Google russa”, dell’intero capitale sociale di Tecnologia Intelligente S.r.l., una Srl dal capitale di 10.000 euro costituita lo scorso luglio dall’imprenditore Marco Carrai.

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