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Chip, l’importanza per l’Europa dell’investimento Tsmc

Il colosso taiwanese, in partnership con aziende chiave dell’ecosistema continentale, non può chiamarsi fuori dal mercato europeo per veicoli elettrici e Iot. In cambio, oltre a tecnologie all’avanguardia, garantisce la sicurezza delle forniture in un contesto globale turbolento

L’annuncio tanto atteso, dopo quasi due anni di trattative tra ritardi e incertezze, è finalmente arrivato. Taiwan Semiconductor Manufacturing Corporation (Tsmc), il più grande produttore di chip per terze parti (foundry business) al mondo con il 92% del mercato per i chip avanzati e circa il 56% del mercato dei chip maturi, investirà in Germania per la costruzione di una nuova grande fonderia nel cuore industriale dell’Europa.

L’impianto sorgerà a Dresda, con la costruzione che inizierà nella seconda metà del 2024 e la piena operatività prevista per il 2027. Il progetto prevede una joint venture, chiamata European Semiconductor Manufacturing Corporation (Esmc) tra Tsmc, le tedesche Bosch GmBh e Infineon e l’azienda olandese NXP Semiconductors. Il nome della Jv è simbolico ma non nasconde il rapporto di forza: il 70% spetterà all’azienda fondata da Morris Chang, mentre un restante 30% verrà diviso equamente tra le tre aziende partner.

In totale, l’investimento previsto per la costruzione di questa fab dovrebbe raggiungere i 10 miliardi di euro, di cui 5 miliardi dal governo tedesco e 3,5 miliardi da Tsmc, insieme al sostegno economico dell’Unione Europea nel framework dell’European Chips Act. Con l’investimento di Intel in Magdeburgo ancora in stallo (la discussione verte proprio sull’entità dei sussidi), la Germania potrebbe arrivare a spendere più di 15 miliardi di fondi pubblici per i due impianti.

Il progetto di Tsmc prevede, infatti, di fornire “servizi avanzati di produzione di semiconduttori” per servire i settori automotive (in particolare a supporto dei piani di elettrificazione della flotta verso gli Ev) e Internet of Things in forte crescita in Ue. Si tratta, inoltre, del primo impianto attivo in Europa, che si aggiungerà a quelli situati a Taiwan, Cina, Giappone e Stati Uniti.

Il business di Tsmc, incentrato principalmente sul mercato foundry con circa l’88% delle entrate nel 2022 e un 12% su packaging, fotomaschere e altri servizi, rimane fortemente sbilanciato sulla manifattura di semiconduttori avanzati per clienti come Apple, Amd, Nvidia e Qualcomm, beneficiando della crescita del mercato IA e contando sull’ormai centralità per high performance computing (Hpc) e smartphone (Cpu e Gpu). Infatti, solo nel 2022 il 53% delle vendite riguardava i nodi avanzati (sotto i 7 nanometri), con l’inizio delle attività produttive per chip a 3 nanometri. I semiconduttori per Hpc rappresentavano il principale segmento per vendite l’anno scorso (41%), seguito da quello smartphone (39%). Attività produttive che attraggano i principali investimenti e tecnologie di Tsmc, gelosamente custoditi sull’isola negli impianti di Hsinchu, Taichung, Tainan e Kaohsiung. Nei prossimi tre anni, l’azienda pianifica di investire oltre 100 miliardi di dollari per espandere la capacità produttiva, puntando i 2 nanometri a partire dal 2025 (ad inizio 2023, Tsmc ha avviato le attività a 3 nanometri).

Cosa ha spinto, dunque, Tsmc a puntare sull’Europa e la Germania in particolare? Una volta pienamente funzionante, la fabbrica da 300 mm dovrebbe produrre circa 40.000 wafer al mese, con un mix di tecnologia Cmos planare a 28/22 nanometri e FinFet a 16/12 nanometri. Sebbene i settori dei Pc e degli smartphone abbiano superato da tempo queste tecnologie a livello di sosfisticatezza e miniaturizzazione (e rappresentino, come specificato, il principale mercato di riferimento di Tsmc) si tratta di scale ancora rilevanti nei settori automobilistico e IoT e dovrebbero offrire prodotti competitivi per l’elettronica incorporata.

L’investimento di Tsmc  in Europa è dunque il culmine di anni di sforzi da parte dei leader europei per convincere l’azienda a produrre microchip avanzati nella regione, con l’obiettivo di mitigare i rischi di forniture e un’eccessiva dipendenza da Taiwan lungo la catena di approvvigionamento che hanno afflitto l’economia dell’Ue all’apice della pandemia. Ma a differenza di quanto sbandierato da Thierry Breton e dalla Commissione, si tratta di un progetto pragmatico e molto distante dal desiderio, perlopiù politico, di portare in Europa una fonderia alla frontiera tecnologica. Ad oggi, l’impianto più ‘avanzato’ sui nodi è quello di Intel a Leixlip, in Irlanda, che produrrà chip per Hpc, Ai e automotive a 14 nanometri.

L’European Chips Act sta indubbiamente producendo dei risultati, anche se molto lontani dai target forse troppo ambiziosi fissati a Bruxelles: è davvero improbabile raggiungere il 20% del mercato mondiale dei semiconduttori entro il 2030, rispetto a meno del 10% di oggi. Tuttavia, il passaggio del Chips Act europeo e l’urgenza di rafforzare le forniture ha avuto quantomeno l’effetto di allentare la forse troppo rigida legge sulla concorrenza nel mercato unico, autorizzando i paesi membri a ricorrere agli aiuti di Stato se le aziende e i governi dimostrino che un progetto sia first of a kind, ovvero primo nel suo genere. È il caso, ovviamente, di Tsmc e Dresda, con l’ok della Commissione europea che arriverà a stretto giro.

Dall’inizio dell’anno, la Commissione ha approvato sussidi pubblici nell’ordine di circa 292 milioni di euro da parte del governo italiano per la costruzione di un impianto di produzione di substrati di carburo di silicio da parte di Stmicroelectronics in Sicilia, e 2,9 miliardi di euro di aiuti di Stato da parte del governo francese per STMicroelectronics e Global Foundries. Il piano francese prevede la costruzione a Crolles di un nuovo sito specializzato in FD-SOI, una tecnologia per l’elettronica di potenza essenziale per ridurre il consumo energetico dei circuiti integrati.

Come si legge dal comunicato stampa dell’annuncio, la rilevanza industriale del cuore automotive in Germania è tra i motivi principali che ha spinto Tsmc a scommetterci, seguendo una strategia di diversificazione del suo foundry business e di espansione globale, approfittando della scia di investimenti pubblici delle potenze del G7. Una strategia, iniziata nel 2022, ma che non priverà Taiwan e il suo ecosistema delle tecnologie chiave e della maggior parte della capacità manifatturiera.

Nel caso dell’Europa, il settore automotive e IoT – che rappresentano circa oltre i due terzi della domanda continentale di chip, in cui l’Italia gioca un ruolo di primo piano – sono, dunque, la principale fonte di preoccupazione per quanto concerne le forniture. Aumentare la capacità produttiva in questi due segmenti rappresenta una priorità strategica sia per le aziende che per i governi europei. Resta, tuttavia, l’imperativo del mercato per molti chipmakers europei – e alcuni grandi Oems, come Stellantis – che hanno e investiranno in capacità produttive anche in Cina per non perdere le grandi opportunità di crescita negli omologhi settori end-use.

 A differenza dell’Arizona negli Usa, nonostante le difficoltà operative, Tsmc non trascinerà con sé la sua rete di fornitori taiwanesi e asiatici in Germania. La ragione è da ritrovarsi nella diversa geografia della domanda nei due continenti: la fab americana di Tsmc andrà a beneficiare una clientela di chipmakers leader nel design di semiconduttori avanzati, come Qualcomm, Apple, Broadcomm e Nvidia. Senza contare degli effetti benefici del CHIPS Act americano, che prevede incentivi anche per una platea di aziende specializzate nella fornitura di materiali e agenti chimici esssenziali per le foundry. Nel caso della fab di Dresda, i margini di profitto per la produzione di semiconduttori per l’industria automotive sono considerati troppo bassi per giustificare gli investimenti necessari.

Ecco spiegata la partnership strategica con Infineon, Nxp e Bosch, tre fornitori consolidati del settore automobilistico europeo e non solo. Infineon è leader mondiale nel settore dei semiconduttori di potenza, un mercato che dovrebbe beneficiare di diversi megatrend, come quelli legati all’elettrificazione dei trasporti, Industria 4.0 ed energia rinnovabile. Nel 2022 ha totalizzato 14.2 miliardi di euro di vendite, di cui il 55% provenienti dal segmento power semiconductors e circa il 46% per il solo settore automotive nel quale Infineon guida il mercato con circa il 12% dello share, davanti a Renesas, Nxp, Texas Instruments e STMicroelectronics. Nxp nel primo quadrimestre del 2023 ha registralo il 57% delle entrate dal settore automotive, seguito da quello industriale e IoT al 17%. Infine, Bosch è un altro importante player nel settore dei chip maturi, in particolare gli Asic e i sensori Mems utilizzati. Di recente, Bosch ha iniziato ad espandersi nel segmento dei chip al carburo di silicio (Sic), con l’acquisizione per oltre 1,5 miliardi di dollari dell’americana Tsi Semiconductors che produce a Roseville, in California, circuiti integrati per automotive, Ict e rinnovabili.

In conclusione, l’espansione di Tsmc in Europa e come spiegato in questo contesto di mercato è importante perché segue anche una logica geopolitica. Incentivare e rafforzare la produzione di chip in Germania è una polizza assicurativa per garantire forniture critiche per le industrie emergenti, e non, in caso di crisi nello stretto di Taiwan. Un’emergenza che potrebbe, purtroppo, arrivare prima di quanto molti credono.

Xi Jinping ha dato istruzioni ai suoi militari di raggiungere la piena capacità operativa e dispiegamento per vincere una guerra per conquistare Taiwan entro il 2027. Alcuni esperti ritengono che Pechino tenterà un’invasione dell’isola prima della fine del decennio. E questo potrebbe avere conseguenze disastrose per l’economia globale.

Quello che i governi europei e statunitense stanno facendo con la costosa politica di reshoring è quindi una politica di sicurezza lungimirante per ridurre i rischi economici e geopolitici. Seppur alcuni stadi della supply chain, per i materiali critici come il gallio, rimangano ancora scoperti.

Inoltre, la creazione di impianti di produzione di Tsmc in tutto il mondo (seppur non alla frontiera nanometrica) è utile anche per il governo di Taiwan. Da una parte, come strumento negoziale e lustro di un paese al centro della rinascita industriale del G7. Dall’altra, se nei prossimi anni l’industria dei chip di Taiwan perderà il market share ai nodi più maturi, ma non meno essenziali, potrebbero ridursi anche gli incentivi affinché Pechino decida di annettere l’isola con la forza delle armi.



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