La decisione è dettata dal fatto che si tratta di una risorsa strategica per il Paese. Il nazionalismo delle risorse può essere un limite per l’espansione dell’industria. Intanto l’Agenzia internazionale dell’energia ha riunito a Parigi i Paesi produttori e consumatori di materiali critici
Lunedì il presidente messicano Andrés Manuel López Obrador ha annunciato la decisione del governo di cancellare nove concessione minerarie per l’esplorazione e lo sfruttamento del litio detenute dall’azienda cinese Ganfeng Lithium, a seguito del processo di nazionalizzazione del settore.
Ganfeng, azienda verticalmente integrata che produce e raffina litio soprattutto dai depositi in America Latina (Argentina e Cile), in Australia e Mali, e negli impianti di trattamento in Cina, è tra le aziende più attive del Dragone in termini di asset e investimenti minerari all’estero, con l’obiettivo di espandere il suo business globale a supporto delle esigenze dei grandi produttori di batterie cinesi e coreane, che riforniscono i grandi brand dell’elettrico globale, come Tesla. Nel 2020 deteneva circa il 12,6% dello share di mercato in termini di carbonato di litio equivalente (LCE).
L’azienda aveva infatti preventivamente notificato gli investitori che il Direttorato Generale delle Miniere (DGM) messicano avrebbe cancellato le concessioni del gruppo industriale per via di aver fallito nella tabella di marcia, coordinata con le autorità locali, sugli investimenti nel periodo compreso tra il 2017 e il 2021. I vertici dell’azienda hanno tutta via negato queste accuse, e ufficialmente chiesto una revisione amministrativa contestando di fatto la revoca delle licenze. Le quotazioni in borsa di Ganfeng, quotata in borsa a Hong Kong e Shenzhen, sono scese del 3% dopo l’annuncio.
L’imponente progetto, Sonora Lithium Project, prevedeva 10 concessioni all’azienda per l’esplorazione e poi lo sfruttamento di altrettanti siti situati nell’omonima regione, nel nord-est del Messico, un’area di circa 100.000 ettari. Sette di questi dieci potenziali siti sono stati certificati nel gennaio del 2018, con la pubblicazione di uno studio di fattibilità. Il produttore locale, Bacanora Lithium, è una sussidiaria di Ganfeng con cui ha siglato una partnership al 50% per il progetto attraverso la holding Sonora Lithium Ltd e un impegno ad acquistare il 50% del litio estratto per la prima fase e il 75% per la seconda fase di sviluppo.
Si tratta di depositi di argilla che conterebbero circa 8,82 milioni di tonnellate metriche di risorse di litio, circa il 97% delle riserve di litio stimate del Messico. Secondo le stime del Ministero delle Finanze messicano, le riserve di Sonora varrebbero circa 600 miliardi di dollari. Tuttavia, il metodo più noto e convenzionale per estrarre l’oro bianco da questa tipologia di depositi richiede molta acqua e sostanze chimiche, il che aumenta i costi di produzione rispetto all’estrazione di litio nelle altre due tipologie di attività.
Il litio viene spesso prodotto da depositi di salamoia in Sud America, attraverso un processo che richiede bacini di evaporazione del sale per rimuovere l’acqua, lasciando solo il litio. Questa procedura richiede circa due anni. Il metallo bianco-argenteo può essere trovato anche in depositi di roccia dura, che tendono ad avere concentrazioni di litio di qualità ma non producono tanto litio quanto le salamoie argentine o cilene. Uno dei maggiori produttori di litio da spodumene roccioso è l’Australia. Tuttavia, oltre il 90% della produzione del Paese è destinata alla Cina per la conversione in idrossido di litio, materiale adatto alla fabbricazione di catodi. Una sete di litio insaziabile: la cinese CATL, attraverso un consorzio industriale, investirà nello sviluppo delle riserve di litio boliviane.
La domanda di litio è destinata ad aumentare vertiginosamente con la progressiva penetrazione dei veicoli elettrici (EV) e dell’utilizzo degli accumulatori di energia domestica e industriale (ESS). Un’occasione unica per i Paesi produttori di catturare il più possibile il valor aggiunto dell’estrazione e raffinazione dell’oro bianco, soprattutto da qui al 2035 quando si registrerà la maggior parte della crescita della domanda.
Nell’aprile del 2022, il governo messicano ha infatti approvato una nuova legislazione (che segue quella annunciata dal Cile qualche mese fa) che definisce il litio “minerale strategico” sotto il pieno controllo statale. Una vera e propria nazionalizzazione del settore, con l’obiettivo di stoppare la concessione delle licenze alle compagnie private interessate a sfruttare le risorse messicane e prediligere solo partnership pubblico-private. La legislazione, tuttavia, non è retroattiva, come ha evidenziato Jaime Gutierrez, presidente della Camera mineraria messicana secondo cui all’annuncio di lunedì non potrà essere dato seguito. E il presidente aveva confermato nel giugno del 2022 che i contratti in essere sarebbero stati rispettati, ma tuttavia suscettibili di revisioni per allinearsi al nuovo quadro giuridico.
Qualora la mossa del governo diventasse una vera e propria espropriazione, Ganfeng potrebbe rimetterci circa $400 milioni di dollari, una cifra molto vicina all’investimento effettuato per lo sfruttamento dei depositi che avrebbe dovuto arrivare a una fase preliminare nel 2024. Questa ritrosia ad accettare, o limitare, investimenti cinesi sulle materie prime critiche non è nuova: è il caso del governo australiano di recente, o del governo canadese nel novembre 2022, che hanno fatto ricorso allo screening sugli investimenti diretti utilizzando le clausole previste dalla legge e richiamando gli interessi nazionali.
La cancellazioni di queste concessioni, tuttavia, rischiano di rallentare notevolmente lo sviluppo delle riserve di litio e il posizionamento del Messico nell’industria, considerando le potenzialità dei depositi nella regione di Sonora. Si tratta dell’unico progetto di litio in rampa di lancio nel Paese, mentre gli altri rimangono ancora allo stadio esplorativo e quindi diversi anni dal possibile ingresso sul mercato qualora ne siano comprovate le fattibilità economiche. La compagnia di Stato, LitioMx, ha annunciato di aver allocato un budget di spesa di soli 563.000 dollari per il 2024 che, secondo gli standard dell’industria, basterebbero a coprire le spese amministrative e non quelle di sviluppo dei progetti.
Stracciare le concessioni a Ganfeng potrebbe non essere così semplice. Secondo il parere del presidente dell’associazione mineraria messicana (Camimex), Jaime Gutiérrez, si tratta di un processo – iniziato dal Ministero dell’Economia in agosto – che andrebbe contro la legge, dal momento che come specificato la nuova legge mineraria non sarebbe retroattiva.
Vi è tuttavia un possibile riflesso geopolitico di questa vicenda. Il direttore generale di LitioMx, Pablo Ariola, avrebbe ammesso che sono in corso, da febbraio di quest’anno, discussioni con aziende americane e canadesi interessate a possibili investimenti nel Paese. È dunque possibile che la mossa presidenziale sia comprensibile nella volontà del governo messicano di prediligere i partner commerciali dell’emisfero occidentale, ovvero Stati Uniti e Canada, nel quadro dell’omonimo accordo di libero scambio (USMCA) proposto dall’ex presidente Donald Trump, e che ha aggiornato i termini del precedente NAFTA.
L’integrazione, dunque, del Messico nell’emergente filiera delle batterie elettriche negli Stati Uniti in seguito all’Inflation Reduction Act (IRA) sarebbe dunque l’obiettivo politico del governo messicano, considerando l’esistenza di un FTA e dunque la possibile negozioazione di termini favorevoli con i partner nordamericani. Un altro indizio verso una maggiore regionalizzazione della supply chain, ma solo e soltanto se i capitali e l’expertise esteri riusciranno a portare il litio messicano sul mercato.
Ristabilire un maggior controllo e presidio sui depositi sudamericani, da un punto di vista geopolitico, è certamente in linea con quanto espresso dalla Segretaria dell’Energia USA Jennifer Granholm, durante il recente Summit sulle materie prime critiche organizzato dall’International Energy Agency (IEA), e tenutosi a Parigi.
“In questo contesto specifico dei materiali critici, siamo di fronte a un fornitore dominante (la Cina, ndr) che è convinto a sfruttare il suo potere di mercato per obiettivi politici”. “Il motore della transizione energetica” ovvero l’accesso sicuro e stabile ai materiali critici “farà della sicurezza energetica globale un processo più complesso e in definitiva decisivo nei prossimi decenni”. Il ricorso alle agenzie federali per il finanziamento dei depositi americani, la maggiore integrazione dei player occidentali lungo la filiera e la graduale diversificazione dell’offerta sono tutte tattiche essenziali per una maggiore sicurezza da un punto di vista industriale, soprattutto in un contesto di crescenti frizioni tra Stati Uniti, Cina e Unione Europea sugli asset abilitanti del processo di elettrificazione.
La stessa IEA ha rimarcato nel suo ultimo report di aggiornamento come, nonostante alcuni passi in avanti nell’industria globale sugli investimenti in litio, cobalto, grafite e terre rare, il gap tra settori dowstream (batterie) e settori up-midstream (miniere, raffinerie) rimanga ancora troppo evidente per poter sperare in un riequilibrio della filiera, e soprattutto in una velata speranza di disaccoppiarsi dal dominio cinese.