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Guerra dei materiali, stop della Cina all’export di grafite

Con una mossa ritorsiva, pochi giorni dopo le restrizioni americane sui chip, Pechino ha deciso di porre una stretta sull’esportazione di grafite, materiale fondamentale per la fabbricazione di batterie elettriche…

Sono passati poco più di due giorni dall’annuncio delle nuove restrizioni sulla tecnologia americana dei semiconduttori e, in un tempismo che non lascia particolari spazi di interpretazione, la Cina ha deciso di rispondere con le ‘armi’ a disposizione.

Come riportato da Reuters in mattinata, Pechino ha deciso di inserire alcune tipologie di materiali di grafite, cruciali per la manifattura degli anodi delle batterie agli ioni di litio, in una lista di prodotti vietati per le esportazioni per salvaguardare l’interesse e la sicurezza nazionale del paese. Si tratta di una misura che dimostra, in un contesto di tensioni geopolitiche e di weaponization delle filiere tecnologiche, i rischi del dominio della Cina sui materiali critici.

La misura segue quella speculare imposta a luglio su gallio e germanio, due minor metals utilizzati per produrre una ristretta tipologia di semiconduttori nel campo del chip di potenza (automotive e Ict) e che hanno importanti applicazioni anche nel settore militare, e su cui Pechino domina la produzione dall’estrazione fino alla raffinazione di metalli puri per poter essere impiegati nei segmenti end-use.

Anche per la grafite, secondo quanto prevedono le misure svelate dal ministero del Commercio cinese – omologo dell’americano che ha imposto le nuove restrizioni sui chip – e dalla General administration of customs le aziende cinesi che producono il minerale dovranno richiedere una licenza per poter esportare sui mercati esteri. Il nuovo regime di controllo entrerà in vigore a partire dal 1 dicembre 2023. La grafite è una materia prima ritenuta “critica” sia dagli Usa che dall’Unione Europea secondo le liste rilasciate nei mesi scorsi.

Queste tipologie di interventi non sono nuove, in realtà, per quanto concerne il controllo delle materie prime critiche da parte di Pechino. Verso la fine del 2020, le autorità cinesi avevano varato una nuova lista di prodotti e tecnologie ritenute sensibili per la sicurezza nazionale, oltre ad aver di recente incluso anche attrezzature per la raffinazione e la processazione di terre rare che, al pari della grafite, la Cina domina la produzione lungo tutta la filiera dalle miniere fino ai mercati di sbocco.

Secondo le stime dello US Geological Survey, la Cina nel 2022 è stata responsabile circa del 65% della produzione mondiale di grafite. I controlli sulle esportazioni riguarderanno una particolare tipologia del minerale, nella sua forma più pura e ad alta densità, oltre alla grafite naturale. La stretta va a colpire, in particolare, le esportazioni di materiale battery grade, ovvero quello che i produttori di batterie richiedono a seconda delle specifiche tecniche dei materiali catodici e anodici di cui la Cina domina rispettivamente per il 57% e il 67% la produzione a livello globale secondo i dati di Sne Research.

La performance delle batterie al litio, infatti, dipende in gran parte dalla purezza e struttura molecolare della grafite, che viene utilizzata negli anodi (vi sono soluzioni che prevedono anche l’impiego del silicio metallico, ma rimane ancora una tecnologia in fase di perfezionamento e sviluppo). Secondo le stime più recenti, nei più stringenti scenari di decarbonizzazione la domanda globale potrebbe crescere del 500% rispetto ai consumi del 2018. L’impiego della grafite naturale, in sostituzione di quella sintetica, ha consentito di ridurre i costi di produzione delle celle delle batterie ed è stato il vantaggio geologico, oltreché industriale, della Cina a consentire la scalabilità di questa soluzione. La grafite naturale è contenuta in vari depositi geologici e viene classificata in grafite amorfa, grafite venosa e grafite lamellare (flake). Quest’ultima, per poter essere utilizzata negli anodi, deve essere raffinata al 99,9% in carbonio e trattata meccanicamente per formare particelle microscopiche, che possano intercalarsi a livello di struttura molecolare con gli ioni di litio. Questo processo, molto rischioso a livello ambientale e carbon intensive, trasforma la grafite naturale “grezza” in “grafite sferica” ed è naturalmente complesso da replicare al di fuori della Cina in termini di competitività economica per uno share di mercato che si avvicina al 100% se si contano i prodotti di grafite battery grade.

Secondo le stime della General administration of customs cinese raccolte dal Financial Times, tra gennaio e settembre 2023 gli Stati Uniti hanno contato per la maggior parte delle importazioni (in valore) di prodotti di grafite dalla Cina, con $745 milioni di dollari, seguiti da Corea del Nord ($589 milioni), Polonia ($424 milioni), Giappone ($382 milion) e all’ottavo posto dall’Ungheria ($272 milioni). Si tratta, tuttavia, di numeri che riflettono il boom di investimenti e nuove capacità produttive seguite all’Inflation Reduction Act (Ira) che ha sostanzialmente “drogato” il mercato delle batterie e dei battery metals e ampliato la forbice tra la capacità di assicurarsi materiali in un perimetro di sicurezza (friendshoring) con la crescita della domanda downstream (celle per batterie) e la difficoltà di trovare fornitori non-cinesi. Numeri elevati per Polonia e Ungheria per l’Ue sostanzialmente ci confermano il trend di investimenti cinesi (tra cui Catl) in gigafactory sul continente nei due paesi europei. Particolarmente esposte sono anche le aziende coreane che devono fare affidamento sulle importazioni cinesi.

Bisognerà capire quanto la Cina vorrà mettere pressione sulle industrie di batterie europee ed americane emergenti e giustificare ai consolidati clienti automotive possibili aumenti nel prezzo del materiale, considerando che il prezzo delle materie prime ormai incidono in via prevalente sul costo della manifattura di anodi e catodi e dunque delle celle. Tuttavia, il dominio della Cina di questo materiale e la difficoltà di svincolarsi nel breve periodo per mancanza di alternative affidabili renderà ancor più competitive l’industria delle batterie cinesi, a beneficio di colossi come Catl e Byd che hanno accesso sicuro e a prezzi privilegiati del materiale in Cina.

È possibile che la misura sia stata concepita anche come warning alla Commissione europea, che ha annunciato l’avvio di un indagine sugli aiuti di Stato e ai sussidi della Cina nei confronti del settore automotive elettrico. La Svezia, paese natale di Northvolt, principale start-up europea e player nella produzione di batterie elettriche per EV, aveva già visto Pechino bloccare l’export di grafite negli scorsi anni. Secondo alcune ricostruzioni, la Cina avrebbe rallentato l’estrazione di grafite per problemi ambientali, aumentando invece la produzione di grafite sintentica a partire dal 2021. Una dinamica che ricorda la crisi delle terre rare nel 2010 e che portò i prezzi ad aumentare vertiginosamente nel giro di pochi mesi.

 



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