Il colosso taiwanese produrrà semiconduttori avanzati per fornire ad Elon Musk l’hardware per la guida autonoma e una piattaforma tecnologica all’avanguardia. Ecco come l’automotive diventa un nuovo segmento cruciale per i produttori di chip…
Non è stato un tweet informale di Elon Musk questa volta ad annunciarlo, ma secondo diversi media americani Tesla avrebbe strappato un accordo con Taiwan Semiconductor Manufacturing Corporation (Tsmc) per la produzione di chip avanzati. Ma cosa se ne fa il colosso automotive americano dei semiconduttori? Una sigla: FSD, ovvero Full Self-Driving.
Si tratta della piattaforma tecnologica per la guida completamente autonoma, un sistema avanzato per proiettare Tesla all’avanguardia nel settore. Il maxi ordine non poteva non chiamare in causa il più grande produttore di chip al mondo che, secondo le indiscrezioni, diventerebbe così il principale fornitore del primo produttore di veicoli elettrici (EV) al mondo, sempre più incalzato dall’ascesa della cinese BYD.
Tramonta così l’ipotesi Samsung, l’unico altro chipmaker che sembrava tra i possibili concorrenti dal momento che la coreana, seguita a distanza dall’americana Intel, rimangono le uniche altre due realtà capaci di operare alla frontiera della scala nanometrica. Infatti, Tsmc produrrà per Tesla chip con una tecnologia da 4 nanometri e verranno realizzati in una fonderia in Arizona, tra quelle che l’azienda taiwanese ha promesso agli Stati Uniti e nella cornice del CHIPS Act per rafforzare la presenza statunitense nel segmento manifatturiero, in un’ottica di diversificazione dall’isola di Taiwan dove è concentrata principalmente la capacità foundry mondiale.
Tsmc ha inoltre annunciato di aumentare la produzione a 3 nanometri a partire dal 2024, nell’ottica di servire il principale segmento del suo business ovvero quello legato all’high performance computing (HPC) e agli smartphone. L’automotive nel 2023 ha contato per poco più del 2/3 % delle vendite per il produttore taiwanese. L’accordo ad ogni modo conferma la forte crescita della domanda di chip anche per il settore auto: con l’elettrificazione della flotta e la transizione agli EV, i semiconduttori diventeranno una parte sempre più significativa sia per il controllo funzionale dei sistemi a batteria sia per l’infotainment e i software avanzati presenti nelle vetture. Ne è conferma anche l’investimento di Tsmc con Infineon, NXP e Bosch in Germania per servire l’industria EV teutonica.
Nel corso del 2020 e del 2021, lo shortage di chip tradizionale per il settore auto ha rappresentato un punto di vulnerabilità importante e ha causato centinaia di miliardi di dollari in termini di perdite per la chiusura o lo stop degli impianti soprattutto in Nord America e in Europa. Non è infatti un caso che Tesla abbia convinto Tsmc a produrli nell’impianto che sorgerà in Arizona, in modo da rassicurare sul fronte delle forniture ma anche per lo sviluppo in fase di design. E’ infatti noto che Tesla sia uno dei pochi original equipment manufacturers (OEMs) che provveda a disegnare buona parte dei suoi chip in house, invece di affidarsi ad aziende specializzate. Un’integrazione verticale di questo business che ha garantito all’azienda di assorbire, in parte, le conseguenze del chip crunch del biennio scorso.
Nel caso della guida autonoma, Tesla si è tuttavia appoggiata a Nvidia, acquistando in grandi quantità i suoi chip H100 (uno dei prodotti dell’azienda di Jensen Huang che è stato inserito nella lista del Dipartimento del Commercio e vietati per l’esportazione in Cina). Il nuovo processo produttivo che Tsmc utilizzerà per la manifattura dei chip per Tesla, l’N3P, che sostituisce l’N3E garantirà un miglioramento delle performance del 5%, una riduzione del 10% del consumo di elettricità e un aumento della densità dei chip (numero di transistor) di circa 1.04. Secondo quanto riportato dall’azienda taiwanese, si tratta di una tecnologia che nelle metriche dell’industria così come per maturità sarà molto più all’avanguardia rispetto a quello impiegato da Intel (18A).
Non si tratta, tuttavia, della prima collaborazione tra i due giganti tech che insieme vantano una capitalizzazione di mercato di poco superiore ai 1,3 trilioni di dollari. In passato, il produttore di EV aveva piazzato alcuni ordinativi a Tsmc, il quale aveva assicurato per esempio i chip Dojo D1 (basati su una tecnologia da 7 nanometri) e HW 4.0 (5 nanometri). Secondo alcune analisi, il nuovo accordo piazzerà Tesla al settimo posto dei principali partner strategici di Tsmc dietro a colossi come Apple, Nvidia, Qualcomm, MediaTek e AMD, e il primo dal settore automotive. Una partnership che assicurerà al produttore di chip entrate fresche per alimentare la traiettoria della sua crescita, davanti agli unici due competitor quali Samsung e Intel.
Inoltre, dal punto di vista di Tesla l’accordo con Tsmc garantirà sistemi tecnologici all’avanguardia: una collaborazione cruciale per rimanere leader nel processo di elettrificazione del comparto auto. Musk sta infatti lavorando alla piattaforma tecnologica a supporto del FSD da diverso tempo. Il progetto è stato infatti lanciato nel 2016, mentre tre anni più tardi è stato lanciato il primo sistema hardware a supporto. Un elemento chiave in questa direzione è il supercomputer Dojo: si tratta di un HPC che raccoglie dati e informazioni dalle telecamere installate sui veicoli Tesla, con l’obiettivo di configurare reti neurali multimodali per allenare i sistemi d’intelligenza artificiale attraverso i quali la creatura di Musk vuole condurre la guida autonoma ad un nuovo livello di sicurezza e affidabilità. Attualmente la piattaforma prevede circa 120 unità di addestramento e 3.000 chip, a cui andranno ad aggiungersi quelli commissionati a Tsmc.
Il supercomputer, da solo, aggiungerebbe secondo gli analisti di Morgan Stanley circa 500 miliardi di dollari di valore all’azienda. Una prospettiva che sicuramente aumenta le probabilità di un accordo vicino tra Tsmc e Tesla e che rappresenta un altro tassello fondamentale per la crescita dei due colossi high-tech e che dimostra la centralità strategica dei semiconduttori per tanti settori di punta, oltre ad essere il punto di attrito principale tra Stati Uniti e Cina.