Un fondo di venture capital ed Eit InnoEnergy stanzieranno mezzo miliardo di euro per sostenere progetti lungo la filiera delle batterie elettriche. Si tratta di un altro step cruciale, dopo ulteriori finanziamenti a Northvolt, per stimolare la competitività dell’ecosistema europeo, dalle miniere ai mercati
Il World Economic Forum di Davos si è dimostrato un’importante vetrina per il lancio di numerose iniziative volte ad accelerare la transizione energetica. Tra di esse, spicca senza dubbio l’annuncio di Maroš Šefčovič, vicepresidente esecutivo per il Green Deal europeo, le relazioni interistituzionali e le prospettive strategiche, del lancio di un fondo europeo per i materiali delle batterie e lo sviluppo delle catene di approvvigionamento per il blocco continentale.
“L’industria delle batterie è di importanza strategica e un campo di battaglia chiave per la competitività globale”, ha affermato il commissario. “Pertanto, è fondamentale migliorare continuamente il nostro posizionamento, con l’approvvigionamento di materie prime per le batterie che è il compito più grande che ci aspetta. L’annuncio di oggi dimostra che facciamo sul serio, sia per quanto riguarda il rafforzamento delle nostre capacità nazionali europee sia il rafforzamento della diversificazione attraverso il commercio e la cooperazione con partner affidabili”. L’annuncio segue quello, molto importante, di un ulteriore round di finanziamenti privati strappati da Northvolt, start-up innovativa supportata sin dai suoi esordi dalla Commissione Ue, ad un consorzio di banche commerciali europee.
I due principali investitori coinvolti saranno Eit InnoEnergy, motore europeo per l’innovazione nel settore energetico creato nel 2010 e con uffici in tutta Europa e il fondo di venture capital Demeter. InnoEnergy ha un portfolio di oltre 200 aziende che, secondo le stime, genereranno un fatturato di 110 miliardi di euro di fatturato, per un risparmio di 2.100 tonnellate di CO2e entro il 2030. Collettivamente, queste aziende hanno hanno raccolto oltre 9,7 miliardi di euro di investimenti fino ad oggi. InnoEnergy è la forza trainante di tre iniziative strategiche europee, tra cui l’European Battery Alliance (Eba), l’European Green Hydrogen Acceleration Center (Eghac) e l’European Solar Photovoltaic Industry Alliance (Esia). L’iniziativa che abbraccia trasversalmente queste alleanze industriali è l’European Raw Materials Alliance (Erma).
Demeter Investment Managers è, invece, uno dei principali operatori europei nel settore del venture capital, del private equity e degli investimenti infrastrutturali nel campo dell’energia e della transizione ecologica. I suoi fondi investono da 1 a 50 milioni di euro per sostenere le aziende del settore in tutte le fasi del loro sviluppo: startup innovative, piccole e medie imprese e progetti infrastrutturali. Il team di Demeter è composto da 38 persone con sede a Parigi, Lione, Bordeaux, Madrid e Düsseldorf. Con la gestione di circa 1,3 miliardi di euro, Demeter ha ha realizzato 230 investimenti in 17 anni.
Il fondo pubblico-privato che nascerà dalla cooperazione dei due attori si chiama Eba Strategic Battery Materials Fund, dal momento che cercherà di garantire lo sviluppo di una filiera maggiormente integrata, resiliente e sostenibile secondo gli auspici dell’European Battery Alliance 250, un’alleanza di industriali che rappresentano una catena del valore di 250 miliardi di euro, e degli obiettivi dell’European Critical Raw Materials Act. Infatti, tra i principali ostacoli per la creazione di business e attività industriali nei segmenti più a monte della filiera, soprattutto in Europa, vi è una carenza di investimenti dal momento che si tratta di operazioni con un alto grado di rischio e di spesa per conto di capitale.
Il fondo viene lanciato in un contesto di impennata della domanda europea di batterie e della necessità di garantire le forniture upstream dei battery metals (come litio, nichel, cobalto, grafite e manganese) al fine di ridurre i rischi dell’intera catena di approvvigionamento, dalle miniere fino alle fasi di raffinazione (quelle attualmente dove la concentrazione di mercato è più pronunciata, soprattutto in Cina), nel tentativo di ridurre la dipendenza estera e di competere nella costruzione di gigafactory per servire il mercato automotive (EV) e quello degli accumuli energetici stazionari (Ess).
L’obiettivo del fondo, con un portfolio di 500 milioni di euro, sarà quello di investire in progetti di estrazione, lavorazione/raffinazione o riciclo in fase iniziale, al fine di aumentare le capacità nazionali per i materiali critici. Almeno il 70% degli investimenti verrà indirizzato verso progetti che possano aumentare la produzione interna dell’UE, come attività estrattive con un forte focus sulla sostenibilità (il fondo avrà uno dei rating ESG più elevati, rispettando anche le disposizioni del Regolamento Ue sull’Informativa sulla Finanza Sostenibile). Il fondo, dunque, supporterà soltanto quei progetti che rispettano gli standard ambientali in allineamento con i criteri del Regolamento Europeo sulle batterie elettriche. Il restante 30% si concentrerà, invece, sull’aumento delle forniture di materie prime dai paesi con cui l’Ue ha siglato, o sta negoziando, accordi di libero scambio o partnership a lungo termine come Canada, Namibia e Argentina.
Il Fondo Eba, gestito dalla società di private equity Demeter, godrà della consulenza finanziaria esclusiva di Société Générale per l’aumento di capitale. “Qualsiasi catena del valore è forte quanto il più debole dei suoi anelli e oggi il più debole degli anelli è l’upstream”, dall’estrazione mineraria al riciclaggio, e dove il 90% dell’attuale fornitura proviene dalla Cina, ha affermato Diego Pavia, amministratore delegato di InnoEnergy, che ha partecipato all’incontro di Davos insieme al rappresentante UE. “Sebbene sia incoraggiante vedere un elenco crescente di iniziative ambiziose e stimoli finanziari da parte di operatori pubblici e privati, la verità è che questi tendono a concentrarsi su progetti maturi”. “Tuttavia” ha aggiunto Pavia, “queste iniziative necessitano di un flusso di opportunità di investimento, quindi dobbiamo sostenere anche progetti alle fase iniziali”.
L’ingresso di un attore attivo nel venture capital è un segnale in questa direzione, con il riconoscimento dei mercati che questi progetti rappresentano le fondamenta stesse della transizione energetica, dal momento che senza una fornitura sicura, accessibile e sostenibile di materie prime critiche l’Europa è condannata ad un forte tensione tra gli obiettivi del Green Deal e la perdita di competitività su scala industriale, con forti ripercussioni sul suo tessuto sociale. Soprattutto in una fase ribassista dei prezzi dei principali metalli – come litio, nichel e cobalto – che rende più complesso per le start-up e i progetti minori trovare le risorse necessarie sui mercati. Eit Inno Energy, in questa direzione, userà la sua esperienza per identificare e supportare i progetti più rischiosi.
Alcuni di questi, come il progetto di estrazione di litio in Repubblica Ceca, Cinovec, in Spagna a San Jose, a Barroso in Portogallo o il sito di Zinnwald in Germania presentano tutti diversi fattori di rischio come le risorse custodite, la vita della miniera, il tasso di rendimento, l’efficienza e intensità del capitale investito oltre al costo operativo (tendenzialmente più alto in Europa rispetto ad altri paesi). Il mercato dei minerali critici è in generale raddoppiato negli ultimi cinque anni, raggiungendo i 320 miliardi di dollari nel 2022, secondo le ultime stime dell’Iea. Gli investimenti nel settore sono aumentati del +30% nel 2022, dopo un aumento del +20% nel 2021, ma principalmente concentrati in Australia, Sud America e Africa.
Il fondo Eit-Demeter non è tuttavia la prima iniziativa in questa direzione. Anche il governo francese negli scorsi mesi aveva lanciato un’iniziativa simile, ma con una forte declinazione nazionale e una presenza maggioritaria dello Stato. La necessità di lanciare, invece, un fondo con una forte vocazione private e orientata alle necessità del mercato rappresenta un primo passo per l’implementazione dell’Eu Crm Act, dal momento che, a differenza dell’Inflation Reduction Act (Ira) statunitense, la fase attuativa e di investimento pubblico non prevedeva, se non per progetti ritenuti di interesse strategico comunitario, un fondo pubblico europeo.
La differenza rimane, tuttavia, abissale e riflette una sensibilità molto diversa tra le due sponde dell’Atlantico in tema di materie prime critiche e politiche pubbliche, soprattutto per una difficoltà evidente dell’Europa di investire risorse comuni su una scala necessaria per fare da contraltare all’Ira americano.