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Oltre mezzo trilione di dollari. Ecco il piano ambizioso di Nuova Delhi sulla Difesa

Con un piano da oltre 543 miliardi di dollari, l’India punta a trasformare radicalmente la propria postura militare. La strategia ruota attorno all’indigenizzazione industriale, alla modernizzazione tecnologica e a una sempre maggiore integrazione interforze. L’Operazione Sindoor ha evidenziato progressi importanti, ma anche lacune logistiche da colmare. Nonostante il terreno da recuperare sia ancora molto, Nuova Delhi sembra decisa a diventare un attore militare di primo rango nell’Indo-Pacifico

Nei prossimi cinque anni, l’India investirà oltre 543 miliardi di dollari nel settore della Difesa. Una cifra che supera ampiamente i livelli degli anni precedenti e che consolida il cambiamento attualmente in corso nella dottrina strategica di Nuova Delhi, incentrata sull’indigenizzazione delle catene produttive e sul potenziamento delle capacità convenzionali. Secondo le stime di GlobalData, si tratta del piano di spesa più ambizioso mai varato dalle autorità indiane in ambito militare, con una crescita annuale costante che porterà il bilancio della difesa da circa 93 miliardi di dollari nel 2026 a oltre 125 miliardi nel 2030. La priorità non è solo aumentare gli organici o il numero dei sistemi d’arma, ma anche quello di rafforzare la capacità tecnologica, l’autonomia produttiva e la reattività della base industriale della difesa indiana. 

Come verranno spesi i nuovi fondi

La spesa è pianificata su un orizzonte quinquennale, dal 2026 al 2030, e sarà fortemente improntata alla modernizzazione delle Forze armate indiane. Circa il 31% dell’intero ammontare — oltre 160 miliardi di dollari — sarà destinato esclusivamente all’acquisizione di nuovi sistemi d’arma, in controtendenza con il passato, quando i costi per il personale assorbivano la fetta maggiore del bilancio — tutto sommato comprensibile, per un dispositivo militare che contempla oltre un milione di effettivi in servizio attivo.

Nel budget 2025‑26, già approvato, la spesa totale per la Difesa ammonta a circa 78,7 miliardi di dollari, con un incremento del 9,5% rispetto all’anno precedente. Di questi, circa 21 miliardi saranno dedicati esclusivamente alla modernizzazione, mentre altri 3 miliardi (più ulteriori fondi mirati) andranno a sostenere le attività di ricerca e sviluppo in collaborazione con università e startup nell’ambito della dronica, della guerra elettronica e delle capacità cyber. 

Secondo le stime, la sola spesa per le acquisizioni crescerà del 12,3% annuo, passando da 26,2 miliardi nel 2026 a oltre 41 miliardi nel 2030. Ed è probabile che questa traiettoria non si fermi qui. A fronte delle richieste operative, si prevede la formalizzazione di fondi dedicati per le urgenze tattiche, con una proiezione di 11 miliardi di dollari per il solo procurement d’emergenza entro la fine del decennio. Quanto al procurement stesso, il 75% degli acquisti verrà effettuato da industrie locali.

Le lezioni dell’Operazione Sindoor

Benché la nebbia di guerra (Fog of war) e l’iniziale scarsa reattività dei canali social delle Forze armate abbiano lasciato intendere una certa difficoltà da parte di Nuova Delhi, l’Operazione Sindoor ha invece attestato il deciso miglioramento delle capacità militari indiane. L’operazione, lanciata a maggio in risposta a un attentato terroristico nel Kashmir, ha infatti rappresentato un significativo banco di prova per le capacità tattiche indiane in un contesto ad alta intensità — seppur ancora sotto la soglia della guerra aperta. L’operazione, articolata in più fasi, ha visto l’impiego coordinato di forze aeree, terrestri e di intelligence, con un focus su obiettivi selezionati nel Punjab e nel Kashmir pakistano, tra cui installazioni logistiche, hangar, centri di comando e depositi di armamenti legati ai gruppi militanti nella regione.

A livello operativo, Sindoor ha evidenziato la crescente efficacia dell’India nella proiezione rapida di forza convenzionale, sfruttando un mix di capacità stand-off e attacchi diretti. L’impiego coordinato di velivoli da combattimento, droni e assetti d’intelligence ha permesso all’India di condurre strike chirurgici a profondità limitata, evitando l’escalation con le forze regolari pakistane ma evidenziando una crescente capacità di coordinamento interforze.

Un altro elemento particolarmente significativo è stato il bypass tattico dei sistemi di difesa aerea pakistani (di produzione cinese) schierati lungo la linea di confine. L’integrazione tra guerra elettronica, spoofing e inganno radar ha consentito alle forze armate indiane di neutralizzare i radar HQ-9 cinesi già nel primo ciclo operativo, aprendo una finestra di manovra di circa 20-25 minuti che ha permesso alle Forze aeree di condurre attacchi mirati su diversi obiettivi dietro le linee di Islamabad.

Al netto di alcune, trascurabili, perdite da parte dell’Aeronautica indiana — indebitamente imputate all’origine francese dei caccia Rafale piuttosto che alle capacità, ancora in fase di rodaggio, di comando e controllo di Nuova Delhi —, l’Operazione Sindoor ha rappresentato un indubbio successo per l’India, che ha così potuto testare il grado di ammodernamento di Forze armate e procedure operative.

Tuttavia, la missione ha rivelato anche alcune carenze e lacune logistiche. Le scorte di munizioni di precisione, ad esempio, si sono esaurite rapidamente, e in più settori si è registrata una dipendenza da piattaforme eterogenee non sempre perfettamente integrate. Per ovviare a queste mancanze, il governo ha già disposto un fondo d’emergenza da 6 miliardi di dollari per il ripristino delle scorte.


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