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La Pubblica amministrazione torna a piacere ai giovani, purché decida. Il report EY-Swg

Se da un lato il giudizio complessivo sulla Pa resta tendenzialmente critico (solo il 27% degli italiani ne ha un’opinione positiva), dall’altro i giovani tra i 18 e i 34 anni mostrano un’apertura inedita: ben il 36% valuta la Pubblica Amministrazione in modo favorevole. La richiesta più forte che attraversa l’intero report è quella di efficienza decisionale. Una Pa che sa progettare e realizzare, ma che soprattutto decide e che forma i propri dipendenti. Il report di Swg ed EY

C’è un’Italia che non si limita più a sognare riforme strutturali, ma le pretende. Un’Italia giovane, che non crede alla narrazione logora della Pubblica Amministrazione come monolite lento e autoreferenziale, ma che ne reclama una trasformazione radicale.
È questo il segnale che emerge dal report “PA e Infrastrutture” realizzato da SWG ed EY, pubblicato nei giorni scorsi, che ha indagato la percezione degli italiani sulle priorità infrastrutturali e il ruolo della macchina pubblica. Un’indagine che racconta non solo di opinioni, ma di visioni. E, sorprendentemente, di fiducia.
Sì, perché se da un lato il giudizio complessivo sulla Pa resta tendenzialmente critico (solo il 27% degli italiani ne ha un’opinione positiva), dall’altro i giovani tra i 18 e i 34 anni mostrano un’apertura inedita: ben il 36% valuta la Pubblica Amministrazione in modo favorevole.
Un dato che in qualche modo segna un punto di rottura e che fa il paio con un approccio pragmatico e disincantato: non si chiede una Pa garante astratta di diritti, ma un attore capace di erogare servizi efficienti, abilitare progettualità, generare valore. In una parola: funzionare.
L’infrastruttura, nel lessico politico e tecnico, è spesso sinonimo di cantiere e cemento. Ma l’Italia che risponde al sondaggio SWG va oltre: vede nelle grandi opere un volano strategico, non tanto per il PIL, quanto per la competitività e l’indipendenza del Paese.
Il 45% degli italiani individua nei trasporti la priorità assoluta di investimento per i prossimi dieci anni, seguiti dall’energia (43%), dove fa capolino anche un inatteso ritorno d’interesse per il nucleare, e dalla rete idrica (30%). Temi concreti, certo, ma impregnati di una nuova consapevolezza climatica e sistemica.
Eppure, la richiesta più forte che attraversa l’intero report è quella di efficienza decisionale. Una Pa che sa progettare e realizzare, ma che soprattutto decide. È la fine della narrazione dell’eterno cantiere, della burocrazia paralizzante, della concertazione senza esito. Per questo, il 55% degli intervistati chiede modelli di cooperazione tra pubblico e privato nella realizzazione delle opere. E il 36% si dichiara favorevole all’introduzione di commissari straordinari nei contesti più critici: laddove il tempo è variabile strategica e la lentezza diventa costo, non solo economico ma anche democratico.
Sul piano delle priorità di riforma della Pa, i cittadini non hanno dubbi: il 60% individua nella formazione del personale la leva più urgente, seguita dalla digitalizzazione dei processi (48%).
Cresce l’idea che lo Stato, per essere efficace, debba anche essere tecnologicamente avanzato e culturalmente competente. Non basta aumentare il numero dei dipendenti, serve qualità. Non serve più semplicemente “riformare”: serve ripensare il ruolo della Pa come piattaforma abilitante.
A sorpresa, il consenso verso modelli di governance ibrida si consolida anche nella gestione strategica delle infrastrutture: solo il 19% vorrebbe organismi di gestione interamente pubblici, mentre la maggioranza (45%) opta per board misti, che combinino nomine pubbliche e profili manageriali. Una visione che supera le contrapposizioni ideologiche del passato e si orienta alla funzione, alla rapidità, all’output.
Non si tratta, dunque, di una mera fotografia sociologica.
Il report EY-SWG è il termometro di un’Italia che cambia pelle: un Paese dove le giovani generazioni, spesso tacciate di disinteresse civico, si rivelano invece portatrici di una domanda politica matura e pragmatica. Chiedono infrastrutture che funzionano, una Pa che decide, istituzioni che abilitano.
Come ha scritto Bob Dylan, citato in chiusura del documento, “There’s nothing so stable as change”. L’Italia che emerge da questa indagine lo sa. E non intende aspettare che sia qualcun altro a costruirla.

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