Se è vero come è vero che l’imprevedibilità è una delle caratteristiche del secondo mandato di Donald Trump, allora è difficile fare previsioni su come andranno le cose dopo il vertice con Xi Jinping. Ma per il prof. Gavin (Sais), un punto è chiaro riguardo all’Ue: “Non può ridurre completamente la sua esposizione alla Cina. Non può separarsi completamente dagli Stati Uniti. Ma deve fare di più per stabilire una propria direzione e un’autorità su ciò che intende fare nel mondo”
“Direi che chiunque dica di sapere cosa succederà in un incontro tra Donald Trump e Xi Jinping sta solo facendo supposizioni”, commenta Frank Gavin, Giovanni Agnelli Distinguished Professor alla Johns Hopkins Sais e direttore dell’Henry A. Kissinger Center for Global Affairs. La conversazione con Gavin si svolge a latere dell’evento “Turning Tides”, che la Johns Hopkins ha co-organizzato con l’Università di Bologna lunedì e martedì, e di cui Formiche è stato media-partner. Per lo storico americano, “la natura della grande strategia americana in questo momento è, per molti versi, la sua imprevedibilità. E penso anche — aggiunge — che siano emerse divisioni chiare nei vari panel del nostro evento riguardo a quali dovrebbero essere gli atteggiamenti verso la Cina”.
A proposito di imprevedibilità e approccio, il presidente statunitense ha dichiarato che ridurrà i dazi imposti alla Cina sull’importazione di precursori chimici per il fentanyl, la droga sintetica responsabile dell’epidemia di overdosi che da anni colpisce gli Usa, e su cui Washington accusa la Cina di compartecipazione, probabilmente al fine di destabilizzare internamente la società statunitense. Il fentanyl è un oppiaceo, tipologia di farmaci di cui negli scorsi decenni i medici americani hanno fatto abuso di prescrizione, fattore che ha prodotto dipendenze, e sul quale i cartelli della droga sudamericani hanno speculato, inserendosi nel mercato nero delle produzioni, acquistando precursori dalla Cina che ha un controllo quasi totale nella produzione di questi e di altre componenti farmacologiche.
L’annuncio di Trump è tutt’altro che banale, quindi. Innanzitutto perché arrivava mentre si sta recando in Corea del Sud per partecipare al vertice dell’Apex, ma soprattutto per il faccia a faccia con il leader cinese Xi Jinping. La questione dell’eliminazione delle sanzioni tariffarie contro Pechino sul fentanyl è rappresentativa, e potrebbe essere inserita nell’intesa che i due leader andranno a formalizzare a Busan. Usata durante il secondo mandato di Trump — e già affrontata dalle precedenti amministrazioni — come leva retorica per tenere viva la politica di pressione contro la Cina, ma è anche strategica, perché le dipendenze da oppiacei sono una piaga sociale. Al punto che Trump sta spingendo un’operazione militare, a cui è stata data estrema rilevanza mediatica, contro i cartelli della droga sudamericani. La Cina è pronta ad adottare misure concrete per fermare il flusso di ingredienti del fentanyl, il che giustificherebbe “un piccolo sollievo” da parte degli Stati Uniti, spiega una fonte in un briefing di background.
“Donald Trump può avere opinioni diverse da molte persone nella sua base di sostenitori. Ama fare accordi, è concentrato sul commercio, gli piace trattare con altre grandi potenze, ama i vertici”, spiega Gavin. Che sottolinea che “quindi potremmo vedere un accordo, certamente, ma ricordiamo che anche nella prima amministrazione Trump ci furono diversi tipi di accordi”.
“Gli accordi possono essere firmati, ma poi rapidamente le relazioni possono prendere una direzione diversa”, chiosa il professore del Sais.
E quindi? “Quindi penso che chiunque dica di sapere cosa succederà, e ancor più quali saranno le conseguenze a lungo termine di questo incontro, stia solo tirando a indovinare”. E dunque, in definitiva, è impossibile capire cosa accadrà senza attendere almeno un orizzonte temporale di assorbimento del vertice. Questo significa che non possiamo decifrare i risultati del vertice nemmeno come ricaduta sulla relazione Ue–Cina, il cui impatto sull’Italia è diretto tanto quanto quello Washington-Pechino?
“Penso che l’Europa si trovi in una posizione molto difficile. È il terzo sgabello in un mondo a tre grandi potenze, dove due delle grandi potenze, le più importanti, non sono interessate a mantenere l’ordine mondiale. Mentre invece l’Europa sì”, risponde Gavin. “L’Europa si trova davanti a una scelta terribile: si schiera con la Cina? Con gli Stati Uniti? Va per conto proprio? Cerca di gestire le cose così come stanno! Il problema è che nessuna di queste opzioni è buona”.
Perché? “Perché gli Stati Uniti, con le loro politiche di sicurezza economica piuttosto irregolari, hanno messo a nudo le vulnerabilità dell’Europa su quei fronti. Ma la Cina, con la sua sovracapacità manifatturiera e il suo sostegno a Mosca nella guerra russa in Ucraina, ha messo in luce i problemi che comporterebbe un’alleanza con Pechino. E così l’Europa si trova in una posizione molto difficile e deve muoversi rapidamente per sviluppare una propria grande strategia, una propria via da seguire.”
In definitiva, Gavin è molto chiaro sulla praticità delle problematiche dell’Europa: “Non può ridurre completamente la sua esposizione alla Cina. Non può separarsi completamente dagli Stati Uniti. Ma deve fare di più per stabilire una propria direzione e un’autorità su ciò che intende fare nel mondo”.
















