Il libro di Sabbadini, presentato a Roma, alla Fondazione Marco Besso con Elly Shlein e Mara Carfagna è l’accurata fotografia del Paese vista dall’Istat, capace di svelare una fisionomia anche diversa da quella immaginata. Il racconto di Elvira Frojo
“Si pensa ai numeri come a qualcosa di freddo, astratto, alieno. Eppure, i numeri possono brillare, irradiare luce su aspetti rilevanti e oscuri della nostra vita e di quella del nostro Paese. Possiamo comprendere meglio la nostra vita quotidiana e lavorativa, inquadrandola in una dimensione collettiva, riconoscendo aspetti che cogliamo a pieno soltanto nella loro rilevanza quantitativa. Misurare significa riconoscere. E ciò che non si misura, spesso, non entra nel dibattito pubblico e nelle agende politiche”.
Si legge così nell’Introduzione al libro dal titolo Il Paese che conta. Come i numeri raccontano la nostra storia (Marsilio ed., 2025, 362 pagg.), di Linda Laura Sabbadini, già direttrice centrale dell’Istat, presentato venerdì scorso, a Roma, nella sede della Fondazione Besso. Con l’autrice, in dialogo Mara Carfagna, segretaria di Noi moderati, già ministra per le pari opportunità e ministra per il sud e la coesione territoriale ed Elly Schlein, segretaria del Partito democratico. Ha moderato l’incontro Francesco Bei, vice direttore del quotidiano La Repubblica.
Un viaggio nell’Italia di ieri e di oggi ricostruito dall’esperta dell’Istituto di ricerca, da sempre impegnata nel rinnovamento delle statistiche sociali e di genere, anche a livello internazionale. Racconto di un’esperienza diretta, in un’istituzione che esprime competenza e forte senso istituzionale. Dalle statistiche del dopoguerra, mirate, soprattutto, all’economia, alla produzione, al lavoro, a quelle sociali dei decenni Sessanta e Settanta che cominciano a offrire primi squarci importanti di realtà. Dagli anni Ottanta in cui “si chiede che le disuguaglianze, le discriminazioni, le dinamiche familiari siano misurate, rese visibili” alla svolta degli anni Novanta, quando la statistica diventa “specchio fedele di una società in trasformazione” attraverso indagini che riguardano tematiche come mobilità sociale, criminalità sommersa, reti di solidarietà femminile e molestie. Negli anni duemila, le statistiche sono a tutto campo. Emergono povertà, lavoro, esclusione sociale, violenza di genere e bisogni dei bambini, dei giovani e degli anziani, immigrati, persone senza fissa dimora e Lgbtq+. Un salto di qualità per un mondo, spesso, invisibile.
Come siamo cambiati? Il libro di Sabbadini è l’accurata fotografia del Paese vista dall’Istat, capace di svelare una fisionomia anche diversa da quella immaginata. Numerosi dati rilevati, esaminati con cura. A partire dal tempo libero. Nell’Italia ancora lontana da Internet, nel 1995 solo il 22,5% della popolazione ha un computer, facendone un minimo uso (16,5% degli uomini e 10% delle donne). Negli anni Novanta, quando la musica è ancora ascoltata in “vinile” dal 22,7% della popolazione, il 97% guarda la tv (di cui un terzo bambini, anziani e casalinghe) circa tre ore al giorno, legge libri il 43% delle donne (tra le più giovani, il 60%) e il 72% degli uomini preferisce quotidiani, contro il 53% delle donne. “Comportamenti antichi e nuovi” si mescolano nelle diverse generazioni, con risultati a volte sorprendenti. Nello stesso periodo, oltre 16 milioni di persone “cucinavano, facevano la maglia o ricamavano”, tra le donne oltre il 60%. A distanza di vent’anni, nel 2015, la pratica dell’uncinetto e del ricamo cresce tra gli uomini, con tendenza opposta, invece, tra le donne, che prediligono l’enigmistica.
Gli anni Novanta sono decisivi, soprattutto, per la nascita di nuove consapevolezze. Dopo la conferenza internazionale delle donne a Pechino del 1995, si rompe il silenzio sulla violenza contro le donne con la prima indagine Istat, nel 2006. I risultati sono drammatici. Oltre il 31,9% delle donne tra i 16 e i 70 anni dichiara di aver subito violenza, il 69,7% da parte di compagni o ex. In uno scenario che manifesta la volontà di possesso e di dominio dell’uomo sulla donna, frutto di una cultura patriarcale fondata su stereotipi di genere profondamente radicati, a volte anche nelle stesse donne, si legge nel libro. Nel 2013, Istat e Cnel pubblicano “il Bes, Benessere equo e sostenibile, un progetto che rompe con la concezione del Pil come unico metro di progresso e mette al centro la qualità della vita, le opportunità, l’equità”, scrive ancora l’esperta di statistica sociale e di genere. Lavoro, povertà assoluta, deprivazione sociale e disuguaglianze sono alcune criticità. La pandemia, poi, racconta sofferenza e solitudine ma anche capacità collettiva di reazione e adattamento di un’Italia che resiste.
“I numeri non sono mai neutrali. Possono rendere visibile l’invisibile, rivelare ingiustizie, smascherare luoghi comuni”. La statistica di rigore metodologico non è un arido esercizio è un atto politico e culturale, contro fake news, fake number e insidie alla democrazia, afferma Sabbadini. Un “bene comune” per un approccio di libertà capace di incidere nel dibattito pubblico. “Una forma di democrazia” che rende visibili le disuguaglianze e fornisce strumenti per correggerle. “Storie che raccontano l’Italia reale”.
Nel dibattito svoltosi nella Fondazione che, sui resti delle Terme di Agrippa, custodisce la straordinaria Biblioteca di Marco Besso, mecenate studioso e bibliofilo, con oltre 70.000 opere, la politica si confronta con la delicata funzione istituzionale e il potere della statistica. Mara Carfagna evidenzia il valore del saggio di Sabbadini nel “ricordarci che la misurazione è il primo passo per cambiare le cose, a partire dal divario di genere e territoriale”. Per l’esponente politica, l’ex direttrice ha trasformato una statistica “contabile” in una fotografia sociale. Ricorda la prima indagine Istat dedicata alla violenza contro le donne, nel 2006 che, sulla base degli esiti, ha determinato il provvedimento sullo stalking, approvato all’unanimità, con ampia e trasversale convergenza. Mentre il divario tra Nord e Sud rilevato da Istat ha consentito di promuovere misure a favore di occupazione femminile, asili nido o a sostegno della disabilità.
Schlein sottolinea la necessità di costruire politiche basate sull’evidenza e di “dare peso a ciò che conta davvero”. In periodo di pandemia, in particolare, la ricerca statistica ha fatto vedere con luce nuova vecchie disuguaglianze, evidenzia la leader Pd. Gap salariali e pensionistici che penalizzano le donne sono, tra gli indicatori, la realtà del nostro Paese. La politica deve confrontarsi con i numeri dell’Istat per guardare a un futuro anche diverso. “La democrazia non è mai un dato acquisito per sempre. Bisogna prendersene cura in un processo di manutenzione permanente volto a migliorarla”, scrive Sabbadini. La rilevazione statistica è uno strumento prezioso di verità e giustizia sociale che non riguarda solo gli esperti, per scelte politiche, economiche e sociali.
Quali i nuovi terreni da illuminare, in particolare per le donne? Tra le priorità, secondo Carfagna, pur dovendosi tener conto delle attuali difficoltà di bilancio, la responsabilizzazione trasversale della politica per una strategia di sviluppo dell’occupazione femminile, decisiva per lo sviluppo e la crescita del Paese, sostegno alle famiglie e interventi strutturali per contrastare la grave crisi demografica. Attraverso un ruolo della politica che risponda ai bisogni della società e del Paese, qualificante per la democrazia.
In piena condivisione politica, in una logica di prevenzione della violenza di genere, Schlein auspica formazione degli operatori per una corretta valutazione del rischio, educazione nella scuola all’affettività e al rispetto. Il libro di Sabbadini, per la segretaria Pd, è una “traccia di lavoro” per riflettere su tematiche di genere, economiche, sociali, sanitarie e rimuovere discriminazioni, attraverso la statistica. Richiesta di risorse per nuove immissioni e adeguato ricambio generazionale nell’Istat, senza dimenticare i rischi di stereotipi delle nuove frontiere tecnologiche, è, infine, l’appello dell’appassionata protagonista di una biografia professionale e umana.












