Alla Fondazione De Gasperi diplomatici, esperti e rappresentanti istituzionali hanno riflettuto sulle trasformazioni dell’architettura di sicurezza europea e sul ruolo dell’Ucraina nella costruzione di una pace duratura. Tra autonomia strategica, propaganda russa e ricostruzione post-bellica, è emerso il bisogno di una visione comune capace di coniugare forza, coesione e rinnovamento politico dell’Europa
Alla luce della guerra in Ucraina e delle trasformazioni in corso nell’architettura di sicurezza europea, la Fondazione De Gasperi ha riproposto a Roma i Defense and Security Days, una giornata di confronto internazionale dedicata alle sfide della sicurezza, alla coesione euro-atlantica e alla ricostruzione ucraina.
L’iniziativa, aperta dal Segretario generale della Fondazione e già presidente dell’assemblea parlamentare della Nato, Paolo Alli, ha riunito rappresentanti istituzionali, esperti e diplomatici per fare il punto sui quasi quattro anni di guerra e le prospettive per la ricostruzione post-bellica dell’Ucraina.
Sicurezza e percezione della minaccia
Per Alli, la sicurezza è tornata in cima alle priorità dei cittadini, spinti da una “paura della guerra” che attraversa ormai tutte le società europee. La distanza geografica, ha osservato, incide sulla percezione del rischio. “Più uno è lontano e meno percepisce il rischio”. Di rientro da un recente viaggio a Vilnius, il Segretario generale della Fondazione ha riportato “la preoccupazione quotidiana di un popolo che vive molto vicino a quella guerra”. Una preoccupazione condivisa, ha aggiunto, di fronte a una minaccia “che è un problema di tutti noi”, anche per la capacità della propaganda russa “di intervenire nelle questioni interne europee”.
Collegato da Kyiv, Andrii Nadzhos, Direttore generale per gli Affari con gli Stati europei del ministero degli Esteri ucraino, ha ringraziato i partner europei e italiani per l’aiuto e per l’accoglienza nei confronti dei rifugiati ucraini. Ha poi voluto sottolineare che “quando l’Ucraina difende la sua libertà, difende i principi che hanno costruito l’Europa” e che “ristabilire la pace in Ucraina non è un compito regionale, ma la pietra angolare per ristabilire la sicurezza globale”. Il diplomatico ha poi chiesto che le sanzioni continuino a colpire la macchina bellica russa e che gli asset congelati vengano usati per la ricostruzione del Paese.
Il ministro degli Esteri Antonio Tajani, in un messaggio portato dal consigliere Alessio Nardi, ha definito i Defense and Security Days “un’importante occasione di riflessione”. L’Italia, ha ribadito, è “saldamente al fianco dell’Ucraina per una pace giusta e duratura” e continuerà “a tenere alta la pressione su Mosca per arrivare a negoziare una soluzione”. Roma, ha aggiunto, lavora “per l’unità europea e transatlantica” e “sostiene con convinzione il percorso di adesione dell’Ucraina all’Unione europea”. L’Italia è pronta a fare la sua parte, mettendo a disposizione il meglio che può offrire”.
Una direzione strategica per l’Europa
Nel panel moderato da Flavia Giacobbe, direttore di Formiche e Airpress, Matthias Barner, advisor per l’European security policy della Fondazione Konrad Adenauer, ha sottolineato che l’obiettivo resta “il cessate il fuoco e la pace”, ma “bisogna prima di tutto riconoscere la realtà”: la Russia “sta combattendo sul terreno, nelle città, strada per strada”, ma “non ci sono indizi sul fatto che vinceranno”. Ha inoltre avvertito che la guerra cognitiva russa mira a confondere l’aggressore e l’aggredito, mentre “il meglio che l’Occidente può fare è capire che la pace richiede forza”. Secondo Berlino, ha spiegato, “almeno nel medio termine, l’Europa deve essere in charge della propria difesa”.
Valbona Zeneli, senior fellow dell’Atlantic Council, ha ricordato che “dal febbraio 2022, l’intera architettura di sicurezza europea è stata distrutta”. La guerra, ha spiegato, “ha rivitalizzato il rapporto transatlantico”, ma oggi “Washington si aspetta che l’Europa si faccia carico di maggiori oneri”. “La rinnovata unità dell’Occidente si fonda sempre più su una relazione transazionale”, ha evidenziato, e “chi contribuisce con risorse avrà un maggior peso ai tavoli negoziali”. Tuttavia, senza una direzione strategica chiara, ha aggiunto, “c’è il rischio che l’Europa resti fuori dal tavolo”. Zeneli ha inoltre avvertito che “ci sarà una competizione strategica per la ricostruzione”, con la Cina, già presente sul terreno, e che “un pilastro europeo più forte nella Nato è possibile solo se le nazioni europee aumentano la spesa e la traducono in capacità concrete”.
Alli ha poi sottolineato che “checché se ne dica, oggi l’Europa è un soggetto politico”. Secondo il segretario generale della Fondazione, ciò lo si è visto con il debito comune per rispondere alla pandemia e con l’unità dimostrata nel sostegno a Kyiv. “Il ricatto di Putin sul gas non è andato a buon fine”, ha detto, ricordando che “il prezzo pagato dall’Europa è stato altissimo”. Ha anche definito “un chiaro segnale di sostegno all’Ucraina” la nomina del lituano Andrius Kubilius a commissario europeo alla Difesa e allo Spazio, e ribadito che “l’Europa è molto più pronta di qualche anno fa” ad affrontare le sfide della sicurezza.
L’ordine internazionale post-bellico
“Nel febbraio 2022 Putin ha pensato di poter ridisegnare l’ordine globale. Ha fallito”. Così Marcos Perestrello, presidente dell’Assemblea parlamentare della Nato. “La guerra (per Putin) non è solo un tentativo di appropriarsi dell’Ucraina”, ha spiegato, “ma di riportarci in un mondo basato sulla legge del più forte”. Il risultato, ha detto, “determinerà non solo il futuro dell’Ucraina, ma dell’Europa e del mondo”.
La Nato, ha aggiunto, “sta rispondendo e dimostrando che è determinata a difendere ogni centimetro di territorio alleato”, e continuerà a sostenere Kyiv “finché pace e giustizia non saranno pienamente ristabilite”.
Sul futuro del continente, Olena Snigyr, dell’European university institute, ha ricordato che il futuro dell’architettura di sicurezza europea dipende da molte variabili, dall’esito del conflitto, dall’evoluzione politica russa e dalle ambizioni del Cremlino nei prossimi decenni. Mosca, ha detto, “ufficialmente chiede meno Stati Uniti in Europa, una zona cuscinetto nell’Europa orientale e centrale, la rimozione delle sanzioni e la cancellazione dei mandati di arresto internazionali”. Ma, in realtà, i suoi obiettivi sarebbero ricreare l’impero sovietico e perseguire la narrativa di missione sacra globale contro il liberalismo.
Oltre la ricostruzione, la ripresa
Nel panel dedicato alla ricostruzione, Stefania Lenoci, in rappresentanza della Banca Mondiale, ha enfatizzato che “la ricostruzione è sicurezza. Ogni casa costruita, ogni posto di lavoro creato è una difesa contro la guerra, la migrazione e l’ingiustizia”. L’Ucraina, ha aggiunto, “ha bisogno di una visione per un’economia post-bellica” e di attrarre investimenti per “rendere il Paese nuovamente attrattivo per gli investimenti”.
Alona Horova, presidente del think tank ucraino Institute for Peace and Common Ground, ha ricordato che “ricostruire non è solo ricostruire edifici” e che, accanto alla distruzione materiale, “ci sono famiglie divise, veterani, sfollati, adolescenti che hanno conosciuto solo la guerra”. Ricostruire il Paese, ha spiegato, dovrà necessariamente passare anche per la ricostruzione della società se si vogliono porre basi solide per il futuro. “Non si tratta solo di questioni sociali, ma anche di sicurezza”.
Marcello Raimondi, portavoce del Movimento europeo di azione non violenta, ha sottolineato il ruolo della società civile. Gli ucraini, ha spiegato, “resistono anche perché hanno un patrimonio di società civile da difendere”, e ha rilanciato l’idea di “corpi civili di pace” come possibile strumento per il futuro del Paese.
L’ambasciatore Davide La Cecilia, inviato speciale del governo per la ricostruzione dell’Ucraina, ha ricordato che “ogni ricostruzione dopo un’esperienza traumatica non è solo fisica, è anche morale e spirituale”. Ha indicato nel “capitale umano” la risorsa decisiva accanto agli investimenti, e ha definito la conferenza di luglio a Roma “la più produttiva del ciclo”, con oltre settemila partecipanti, centodieci delegazioni e quattromila incontri tra imprese ucraine e partner internazionali.
















