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Ricerca e industria, il binomio che guiderà l’Italia oltre l’atmosfera

Nel primo Sphere space policy forum alla Luiss, accademia, istituzioni e imprese hanno discusso il futuro dello spazio come terreno strategico, economico e culturale. Dalla visione del ministro Urso alla riflessione di Leonardo e Esa, emerge la necessità di una governance integrata che unisca ricerca, formazione e industria, bilanciando ambizione nazionale, cooperazione europea e responsabilità etica nell’esplorazione del cosmo

Nel campus Luiss di Roma, il primo Sphere space policy forum ha segnato un passaggio simbolico nella riflessione italiana sul futuro dello spazio. L’evento, presentato dal direttore del Ciss Raffaele Marchetti e portato avanti dal professore Alfonso Giordano, responsabile del progetto Sphere, ha riunito accademici, imprese e istituzioni per discutere una governance spaziale capace di integrare competenze scientifiche e umanistiche.

In apertura il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, in un videomessaggio, ha invitato a “costruire un quadro strategico che renda l’Italia protagonista della nuova era spaziale” sottolineando l’importanza della cooperazione tra pubblico e privato.

Angelino Alfano, presidente del Ciss, ha ricordato che “un decisore pubblico che non sappia approvvigionarsi del pensiero del ricercatore è un decisore che non fa al meglio quello che gli compete”, riaffermando il compito dell’università di produrre pensiero strategico a servizio del Paese.

Nel primo panel, dedicato alla governance internazionale dello spazio e moderato da Marchetti, il managing director Space division di Leonardo Massimo Claudio Comparini ha descritto un settore “in profonda fase evolutiva”, dove “non solo le grandi agenzie, ma anche i privati possono tracciare la linea tecnologica”. Ha richiamato la necessità di “un punto di equilibrio tra sovranità nazionale ed europea” perché “nessuno può fare da solo nemmeno la Nasa”.

Il vice segretario generale della Difesa Mauro D’Ubaldi ha descritto uno scenario in cui noi siamo impegnati a parlare del bene comune, mentre gli altri parlano di potenza, deterrenza e capacità, segnalando che la realpolitik è fondamentale per la competizione spaziale.

Per Marcello Spagnulo del Comitato interministeriale politiche spaziali e aerospaziali del Governo la priorità è “una nuova formazione per i giovani”, poiché “dal 2020 al 2025 ci sono stati 1450 lanci spaziali di cui 600 di SpaceX e solo 27 europei”, un divario che mostra l’urgenza di investire in capitale umano e innovazione.

Il secondo panel, introdotto dal giornalista Frediano Finucci, ha esplorato il nesso tra space economy e politiche pubbliche. Antonio Bartoloni, responsabile dell’Ufficio per le politiche spaziali della Presidenza del Consiglio, ha spiegato che la trasformazione in corso richiede pensiero strategico e un coordinamento che unisca impresa, ricerca e amministrazione.

Ezio Bussoletti, presidente di e-GEOS, ha sostenuto che “solo integrando competenze diverse si possono formare persone capaci di rispondere alle esigenze del mercato”, mentre Ersilia Vaudo Scarpetta, special advisor della European space agency, ha messo in guardia da una guerra di talenti che impone di colmare il divario tra formazione e occupazione. Le loro riflessioni hanno delineato un punto comune. Senza investire nella conoscenza e nella capacità di visione d’insieme, l’Europa rischia di perdere centralità nel nuovo ecosistema spaziale.

Nel terzo panel, moderato da Eva Giovannini e dedicato al futuro dell’umanità oltre la Terra, il presidente di Leonardo Stefano Pontecorvo ha invitato a una riflessione sulla nuova corsa lunare. Ha ricordato che “bisogna essere realisti e capire perché ci andiamo sulla Luna”, spiegando che le motivazioni sono strategiche e minerarie e che andare è possibile, il problema è starci e ancora di più tornare. Ha avvertito che la direzione attuale rischia di “togliere competenze e mettere la corsa nell’ottica del commerciale strategico”, un’impostazione che potrebbe trasformarsi, ha detto, “in un problema per il progresso e per l’umanità” se non si tornerà a una visione guidata da ricerca e cooperazione.

Mario Cospito, consigliere diplomatico del Mimit, ha osservato che la diplomazia dovrà dimostrare tutto il meglio che possa fare anche per la questione etica, in una fase in cui l’ingresso dei privati rischia di spostare il baricentro verso il profitto.

Il direttore scientifico dell’Asi Mario Cosmo ha invitato gli studenti a “seguire interessi e non cercare scorciatoie”, ricordando che le competenze chiave saranno curiosità e spirito d’iniziativa.

Il filosofo ambientale Marcello Di Paola ha spiegato che parlare di spazio significa anche parlare di guerra, dove convivono paura, onore e interesse. La paura è quella di dover trovare un pianeta B, l’onore riguarda la conoscenza e la corsa per arrivare primi, mentre l’interesse rimanda ai profitti economici che l’esplorazione può generare.

In chiusura, il Forum ha mostrato come la governance spaziale non possa più essere solo questione tecnica ma progetto culturale collettivo, in cui l’Italia vuole giocare un ruolo di guida.


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