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Dall’Umbria all’Emilia, cosa manca al governo per frenare la valanga

Ogni elezione locale non è un test nazionale. Lo ripetiamo sempre, ma nessuno ci crede. E d’altronde ogni elezione locale caricata di valore nazionale assume, anche nei voti espressi, chiare tonalità nazionali. In Umbria, ieri, i candidati non hanno apportato grandi valori o disvalori aggiunti alle liste (+/– 1%) e le liste civiche del presidente hanno preso pochi voti (il 4% circa). Aspettando l’Emilia Romagna, le elezioni di ieri sono già un test nazionale, nel percepito di tutti.

Cosa ci dicono i dati?

• Che in una regione “rossa” oggi Lega e Fratelli d’Italia valgono il 47,4% (52,9% aggiungendo anche Forza Italia) contro il 30% di Pd e Movimento 5 Stelle. E dunque, che di rosso non c’è più nulla, nel senso che le “mappe” del voto continuano a essere pesantemente erose. Non ci sono più territori con comportamenti di voto stabili. Perché sono sempre meno gli elettori con comportamenti di voto stabili. È un trend che va avanti da anni e che affonda le sue radici nei mutamenti sociali e antropologici, prima che politici. Una società individualizzata, priva di credenze stabili e allenata al “cambiamento” in ogni ambito esistenziale, non può sviluppare “fedeltà” elettorali (e non solo).

• Che all’interno dell’immensa (e crescente) volatilità elettorale che regna, alcuni partiti ovviamente pagano maggiormente, perché puntano esclusivamente sul voto di opinione e non hanno “storia politica” sul territorio. Ciò spiega perché il Pd sia comunque al 22,3%, in netto calo ma lontano da quel 7,4% del M5S, che esce dimezzato rispetto alle europee di maggio scorso e ridotto a 1/4 rispetto al 27,5% delle politiche del 2018. Ovviamente, nel caso specifico, conta anche la storia locale e cioè la credibilità di un Pd di governo regionale colpito e affondato dall’opposizione dei 5 Stelle e poi…“miracolosamente” insieme.

• Che il bacino elettorale di destra e sinistra è ormai sbilanciatissimo a destra. Nel 2010, quando vinse il centrosinistra con numeri speculari a quelli di ieri, il Pd ottenne il 36,2% dei voti e aveva, alla sua sinistra, un altro 22,8% di consensi (circa 94mila voti). Dal 2013, quel bacino a sinistra ormai oscilla stabilmente tra il 5 e il 6%. Inizialmente per un travaso prevalente verso i 5 Stelle. Oggi evidentemente non più. Il travaso in corso sembra premiare direttamente la destra, tanto più se consideriamo l’affluenza praticamente identica a quella di 9 anni fa. È un travaso solo umbro? Sondaggi alla mano, sembrerebbe di no. Presto lo scopriremo.

• Che questa elezione allontana il voto politico, perché oggi non conviene a nessuno dei partiti in maggioranza tornare alle urne. Ma cosa succederà dopo le elezioni in Emilia Romagna, il 26 gennaio prossimo? E cosa possono inventarsi gli alleati al governo per frenare questa valanga?

A mio avviso ben poco. Perché questa maggioranza manca delle tre “armi” fondamentali nella campagna permanente contemporanea.

• Manca di leadership: quella di Di Maio è ormai acciaccatissima ed è percepita come sempre più traballante. Quella di Zingaretti che appare solo segretario e per nulla leader. Quella di Renzi, che è l’unica realmente visibile, ma ha i suoi problemi di credibilità (e consenso) ed è percepita più come una mina vagante che come una colonna portante del governo giallorosso. Quella di Conte, che è l’unica che regge in termini di fiducia e gradimento, ma che non ha partito. E verosimilmente regge esattamente per questa ragione… perché (momentaneamente) fuori dalla contesa partitica.

• Manca di posizionamento: quali sono i temi-chiave per l’opinione pubblica detenuti dai giallorossi? In che cosa possono rassicurare l’elettore incerto, spaventato, perennemente insoddisfatto?

• Manca di messaggio: conseguentemente al posizionamento, quale storia ci sta vendendo questa maggioranza? La storia di Salvini è chiara ed è saldamente puntellata sui suoi temi-chiave. Quella del Conte Bis qual è?

A ciò si aggiunga che ormai governare è una garanzia per perdere consenso, mentre fare opposizione è l’unica certezza di crescita. C’è un solo modo per provare a crescere al governo: fare opposizione contro il tuo alleato. Il che verosimilmente non allungherà affatto la vita al Conte Bis.

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