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Chip e materie prime, la via dell’Italia e dell’Europa secondo Sut

Di Luca Sut
materie

Serve un piano di breve, medio e lungo periodo che ci consenta di alleggerire la dipendenza di componenti elettronici e chip dai Paesi asiatici. L’intervento di Luca Sut, capogruppo M5S in commissione Attività produttive della Camera dei Deputati

 

La pandemia ha portato con sé nuovi problemi e nuove consapevolezze, anche per chi si occupa di politiche industriali. Una di queste è che l’Italia deve urgentemente individuare risposte alla carenza di materie prime, in modo da ridurre la dipendenza da altri Paesi e dalle fluttuazioni di mercato. Questo vale per le politiche energetiche e vale altresì per l’approvvigionamento di materie prime critiche, al tempo stesso centrali per il progresso tecnologico e ad alto rischio di fornitura.

Un esempio lampante di questo problema che deve tramutarsi in consapevolezza è dato dalla grave carenza di semiconduttori che ha colpito pressoché tutti settori industriali. L’allarme ovviamente non riguarda soltanto il nostro Paese e, da questo punto di vista, è molto importante che la Commissione europea abbia proposto un nuovo piano per rafforzare la produzione europea di microchip con l’obiettivo di rendersi meno dipendente dalle forniture asiatiche e mettere al sicuro il proprio approvvigionamento.

L’European Chips Act varato dalla Commissione intende raddoppiare la produzione di semiconduttori entro il 2030, come annunciato dalla presidente Ursula Von der Leyen, per passare in dieci anni da una quota di mercato del 10% globale al 20%. Bruxelles ha spiegato che si mobiliteranno oltre 43 miliardi di euro in investimenti pubblici e privati e fisserà misure per prevenire, anticipare e rispondere rapidamente a ogni futura crisi di approvvigionamento. Il piano europeo è meno ambizioso di quelli recentemente adottati da Stati Uniti e Corea del Sud, ma quella del Vecchio Continente resta in ogni caso una spinta importante quanto necessaria per un settore sempre più strategico. L’allentamento delle regole sugli aiuti di Stato potrà consentire di finanziare nuove aziende e startup in un settore che per il suo elevato contenuto tecnologico ha bisogno di investimenti importanti.

La centralità dei semiconduttori per il proseguimento della ripresa è ben rappresentato dai danni creati dalla carenza di chip che abbiamo scontato con la pandemia. Quanto accaduto al settore automotive, con la produzione di alcuni Paesi diminuita di un terzo, non può essere archiviato come un fatto eccezionale. Si tratta di una condizione con cui dovremo fare i conti ancora a lungo e rispetto alla quale bisogna agire a più livelli. Su un tema così rilevante, che riguarda comparti essenziali per l’economia nazionale, con inevitabili ripercussioni sull’occupazione e sull’intera filiera, anche il Parlamento può e deve fare la propria parte.

Come MoVimento 5 Stelle, alla Camera, abbiamo più volte sollecitato il ministro dello Sviluppo economico sulla necessità di piano strutturato contro la crisi dei semiconduttori. Bisogna promuovere il recupero e il riciclo delle materie prime critiche e insistere su ricerca e innovazione nell’ambito del Progetto di comune interesse europeo (Ipcei) sui semiconduttori. L’Italia è leader a livello mondiale nella circolarità, proprio per la sua capacità di tramutare in opportunità il problema della carenza di materie prime. Ebbene, è il momento di fare ricorso alle nostre risorse migliori per fare lo stesso in questo campo: recuperare dalle nostre “miniere urbane” le terre rare e tutti i materiali utili per poi reimmetterli nel ciclo produttivo, creando lavoro e riconvertendo comparti e filiere che magari sentono il peso della transizione verso un nuovo modello.

Serve un piano di breve, medio e lungo periodo che ci consenta di alleggerire la dipendenza di compenti elettroniche e chip dai Paesi asiatici. E all’interno di questa strategia avrà un ruolo rilevante la gigafactory che Stellantis ha annunciato di voler realizzare a Termoli, in Molise (qui la conversazione di Formiche con Luca Bianchi, direttore Svimez). Va assicurato tutto il supporto necessario a questa operazione, perché è pienamente coerente con l’obiettivo di trasformare l’economia e il settore automobilistico in particolare. Come per gli accumulatori di energia, garantire l’approvvigionamento di microchip con processi innovativi e produzioni “made in Italy” significa agevolare la riconversione della filiera verso l’elettrico e favorire il percorso di decarbonizzazione, mantenendo al tempo stesso alti livelli di occupazione lungo tutta la filiera.

È dunque arrivato il momento di agire e di smettere di lamentarsi per l’eccessiva dipendenza dall’estero. Dopo un anno di governo deve essere avviato questo percorso di riconversione con la partecipazione di tutti i soggetti direttamente e indirettamente coinvolti da una trasformazione sempre più urgente e necessaria, non solo per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni ma anche e soprattutto per conservare il ruolo dell’Italia come Paese leader nel manifatturiero e nell’automotive.

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