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Putin, il petrolio kazako e l’Asia Centrale

L’Asia Centrale è un territorio cruciale per Putin. Le minacce al petrolio kazako sono un messaggio all’intera regione, dove Mosca vuole coltivare satelliti, ma che invece vede opportunità aperte dalla guerra russa in Ucraina

La crisi internazionale determinata dal conflitto russo-ucraino sembra essere per il presidente Kassym-Jomart Tokayev un’occasione per affermare “una chiara distinzione delle posizioni del Kazakistan da quelle della Federazione Russa, sia per sfuggire al rischio di un coinvolgimento nelle sanzioni, sia per coglierne eventuali opportunità”, scrive Antonio Stagno in un’analisi per Fondazione Med-Or.

A luce di questo, è del tutto possibile che la recente mossa ventilata da Vladimir Putin sia a doppio canale – ossia usare l’energia (il petrolio) come arma contro l’Europa per colpire anche Nur Sultan, come analizzato su queste colonne da Otto Lanzavecchia. D’altronde, la politica estera multivettoriale kazaka non è troppo gradita al Cremlino, soprattutto in questo momento, in cui i russi vorrebbero riconoscenza – leggi coinvolgimento favorevole nel conflitto ucraino – dopo che le forze del dell’Organizzazione del Trattato per la Sicurezza Collettiva (CSTO) sono intervenute, sotto la guida russa, per reprimere le violente proteste popolari di gennaio.

Tokayev ha pubblicamente respinto l’idea di essere stato “salvato” della Russia, ha evitato di inciampare nel riconoscimento delle autoproclamate repubbliche del Donbas così come dell’Ossezia del Sud (ma anche Taiwan e Kosovo, per altre ragioni e interessi), ha cancellato le celebrazioni del 9 maggio per la Festa della Vittoria russa, ha sottolineato come l’integrità territoriale prevalga sul principio di autodeterminazione dei popoli.

Sono segnali simbolici che raccontano una ricerca di indipendenza, che il presidente kazako cavalca, anche forte del successo del referendum costituzionale (votato il 5 giugno da oltre il 77% della popolazione) e delle possibilità che la crisi innescata dalla Russia con l’aggressione a Kiev potrebbe aprirgli all’esterno. Altra posizione simbolica: Tokayev ha pubblicamente detto che, sebbene la Russia è un partner importante per il Kazakistan, non farà niente per permettere a Mosca di aggirare le sanzioni.

Nur Sultan è consapevole che esistono opportunità in questo momento, ma che deve seguire una linea senza scatti e distrazioni. Mentre il Paese sta iniziando a ospitare imprenditori e giovani russi che hanno scelto di muoversi dal Kazakistan, la questione del greggio è di quelli cruciali: il 90% dell’output kazako passa dalla Russia.

Alla luce della recente minaccia di chiusura dei rubinetti, si comprende la ragione per cui Tokayev stia cercando di costruire un dialogo funzionale con Iran e soprattutto con Turchia e Azerbaigian.Il Kazakistan è infatti parte degli stati uniti del mondo turco (Türk Devletleri Teşkilâtı) e punta sulla sponda di Ankara – che nella regione sta cercando di ampliare il proprio consensus –  e di Baku per costruire una rete di collegamenti tra Mar Caspio e Mar Nero. Tra l’altro, la presenza in Kazakistan di giacimenti di terre rare (dove già sono attivi la Cina, per l’uranio, e Giappone, Germania e Francia per il disprosio) può essere un elemento di ulteriore amalgama e connessione anche alla luce della recente scoperta a Beylikova, nell’Anatolia centrale.

Contemporaneamente Tokayev sta spingendo il ruolo kazako nelle organizzazioni internazionali, su tutte l’Onu. L’idea è di dimostrare che il suo Paese è affidabile e disponibile a essere coinvolto nelle missioni di peacekeeping onusiane come quelle nel Sahara Occidentale, in Libano, e più recentemente in Repubblica Centrafricana, Repubblica democratica del Congo e nel sensibilissimo Mali.

A questi impegni si lega anche un ruolo che il Kazakistan potrebbe sviluppare all’interno di dossier di sicurezza regionale in potenziali partnership allargate (focus Afghanistan, ma non solo). In questo, il ruolo degli Stati Uniti è determinante, e non è un caso se Washington recentemente sia stato presente in Asia Centrale prima con la visita dell’inviato speciale del dipartimento di Stato, Donald Lu, e poi con il capo del CentCom, Erik Kurilla.

Il comandate americano ha raccontato la sua visita – che ha avuto come gancio Manas Airport, scalo di Biskek, la capitale del Kirghizistan dove fino al 2014 c’era una base militare statunitense – come un “itinerario culturale”. L’obiettivo è cercare di aprire un dialogo franco con quei Paesi, Kazakistan compreso chiaramente, che sono rimasti delusi dal ritiro americano dall’Afghanistan, letto come un disimpegno dalla regione, e temono che da esso possano aprirsi problematiche di sicurezza importanti.

Gli Stati Uniti vedono ora l’opportunità di “controbilanciare” l’influenza della Russia in Asia centrale, ma anche quelle di Iran e Cina, nonché di essere parte informata di ciò che la Turchia intende portare avanti. In quest’ottica, uno degli interessi di Washington sta nel creare un sistema di fiducia reciproca al fine di costruire un network di intelligence con quei Paesi e ricevere informazioni sulla regione. Network in cui il ruolo humint dovrebbe essere di primo piano.

È una possibilità che Mosca teme. Per Putin, e per le sue visioni, l’estero vicino rappresentato dalle repubbliche ex sovietiche centrasiatiche è parte della sfera di influenza diretta. Il rischio è che possa sfuggirgli. Non è un caso se in risposta a certe posizioni prese da Tokayev ne siano arrivate altre come quella di Konstantin Zalutin, capo della commissione affari esteri della Duma, che ha ricordato come il Kazakistan “potrebbe fare la fine dell’Ucraina”, aggiungendo che anche lì ci sono regioni abitate prevalentemente da russi e che si sentono discriminate.

Contorno dell’affermazione di Putin su come Nur Sultan sia parte della “Russia storica”, come ha detto durante il forum di San Pietroburgo con Tokayev accanto. Si tratta di messaggi — come quello sul petrolio — diretti a tutta la regione. Per Mosca, lo spazio è quello che il modello russo propone, ossia l’assenza di contropartite di carattere politico interno in cambio di sostegno, cosa che invece l’inviato americano Lu ha più volte sottolineato con VoA, evidenziando quanto sia necessario che i Paesi dell’Asia Centrale entrino in un quadro di rispetto dei diritti civili.

(Foto: Wikipedia)

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