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Litio, cosa cambia con l’ingresso di Exxon nel mercato globale

Il gigante americano inaugurerà la prima fase di estrazione dell’oro bianco in Arkansas nel 2027. Dopo più di cinquant’anni, il colosso petrolifero torna a scommettere nel settore: un precedente importante e che potrà rappresentare un game changer sugli equilibri di mercato. Intanto l’amministrazione Biden…

Dalle molecole fossili agli ioni di litio. E così, dopo oltre cinquant’anni dall’ultima volta, il colosso petrolifero americano Exxon Mobil Corporation torna a scrivere un capitolo nella storia del litio e, più in generale, nella saga dell’energia. E questa volta a beneficiarne potrebbero essere i grandi produttori di batterie elettriche, dal momento che il gigante dell’Oil&Gas americano ha annunciato, nella giornata di lunedì, il suo ingresso nel mercato del litio, materiale critico anche per gli Usa.

Come confermato durante la conferenza stampa e riassunto nel comunicato stampa della compagnia petrolifera, Exxon punterà a portare sul mercato il litio estratto in Arkansas nel 2027, aumentando così l’offerta negli Stati Uniti e contribuendo così a rafforzare la sicurezza degli approvvigionamenti per la nascente industria delle batterie elettriche per EV e accumulo stazionario. Ma è proprio sulla batteria al litio che Exxon fece la sua prima scommessa circa cinquant’anni fa.

Erano gli inizi degli anni 70’, gli Usa erano scossi dai fallimenti in Vietnam e si iniziava ad intravedere l’emergere di un movimento fortemente ambientalista, in un certo senso istituzionalizzato con la creazione dell’Environmental Protection Agency (Epa) su volontà di Richard Nixon. Nel 1972 fu pubblicato il rapporto del Club di Roma sui ‘limiti della crescita’ e poi venne la guerra dello Yom Kippur e, come ritorsione per l’appoggio ad Israele, l’embargo petrolifero e il conseguente shock sui mercati globali. L’Occidente si scopriva vulnerabile e, in un certo senso, iniziava a fare i conti etici e politici con le conseguenze della propria crescita dirompente. Fu il catalizzarsi di questa serie di eventi, tra inquinamento ambientale, accesso alle risorse (erano gli anni in cui si teorizzava il peak oil) e guerre che Exxon decise di provare a scommettere su un futuro alternativo. L’ingaggio di M. Stanley Whittingham, chimico e vincitore nel 1971 dello Young Author Award della Electrochemical Society per il suo lavoro sul comportamento degli ioni nei solidi, fu funzionale a lanciare i progetti della società sull’energia alternativa. Una divisione di ricerca dell’azienda, nel New Jersey, che era ispirata ai leggendari Bell Labs che tanto avevano dato per un’altra rivoluzione, quella degli elettroni. La ricerca di Whittingham, sponsorizzata da Exxon, si concentrava ora sul litio per le sue straordinarie proprietà. Era la scelta ideale per provare a fabbricare una batteria. La Exxon lanciò così una linea di produzione di batterie al litio della dimensione di un bottone, con l’ambizione di puntare ai veicoli elettrici (primi prototipi a cui iniziarono a lavorare Toyota, Daimler-Benz, Ford e Volkswagen). Poi la crisi petrolifera cessò, i prezzi tornarono a calare, così come il fascino delle batterie. Exxon decise di vendere la tecnologia di Whittingham mentre la ricerca su litio e batterie tornò ad essere una nicchia della ricerca scientifica.

Mezzo secolo dopo, il contesto non è sicuramente meno turbolento, con la guerra tra Israele e Hamas che torna a sferzare i fragili equilibri del Medio Oriente, mentre la comunità internazionale si appresta ad affrontare la Cop28 e il futuro della lotta ai cambiamenti climatici. Al di là dei ricorsi storici, quello che è certo è che il futuro dell’energia alternativa è ormai un presente fatto di tecnologie concrete e di maturità industriale. A partire dall’elettrificazione della flotta automotive che rappresenta un pilastro importante delle politiche di mitigazione e degli scenari di decarbonizzazione dell’International Energy Agency (Iea). Da quando Exxon uscì dalla ricerca sulle batterie, sono stati fatti passi da gigante. Oggi, la domanda di veicoli elettrici (EV) è comunque in crescita nelle principali economie del mondo (Usa, Ue e soprattutto Cina), con più di 400 gigafactory pianificate entro il 2030 per un totale di quasi 8.5 TWh di capacità secondo le stime di Benchmark Minerals Intelligence che prevedono uno share suddiviso tra Cina (67%), Europa (16%), Nord America (13%) e Asia (4%). Il costo delle batterie – che è risalito ai livelli del 2020 per via del rialzo dei prezzi delle materie prime, con il litio che ha registrato aumenti del 300% nel corso del 2022 – ha raggiunto i 150 $/kWh dai 732 del 2013. Molti sostengono che, per la parità con i veicoli a combustione, si dovrebbero raggiungere i 100/110. Molto dipenderà dai prezzi del litio e dalla tecnologia di batterie prescelta dai produttori, in attesa che innovazioni alternative possano raggiungere l’economia di scala e costruire filiere che per le batterie al litio sono state messe in piedi in 20 anni.

Ma perché l’ingresso di Exxon nel mercato del litio è importante? Prima di rispondere, partiamo dalle dichiarazioni del suo presidente, Dan Ammann. “Il litio è essenziale per la transizione energetica, e Exxon Mobile ha un ruolo chiave da giocare nel gettare le basi per l’elettrificazione”. Il litio è, a tutti gli effetti, al momento insostituibile a prescindere di quale sia la combinazione chimica delle batterie. Lo è anche per le batterie allo stato solido. La domanda globale al 2030 è prevista, secondo le stime di Benchmark, intorno ai 7.6 TWh (circa 2.5 milioni di tonnellate di carbonato di litio equivalente, Lce) nello scenario più ambizioso, con un possibile shortage di offerta già dopo il 2025: nel 2022 la produzione, in Lce è stata di circa 651.000, dunque parliamo di una crescita annuale (Cagr) del 18%.

Per poter andare incontro alla domanda di batterie (ricordiamo che esiste un gap temporale, tra gli 1-2 anni per costruire una gigafactory rispetto ai circa 4-7 anni per rendere operativo un sito estrattivo di litio, e di investimenti tra fasi upstream e downstream) serviranno tra $54 e 110 miliardi di dollari in investimento in nuova capacità produttiva di litio entro la fine del decennio, a seconda dello scenario. In questa direzione, la regionalizzazione delle filiere per servire i mercati di sbocco in Ue e negli Usa – che in primis Tesla vede come un’opportunità per consolidare il suo business e difendere i suoi margini di profitto con l’ingresso nelle attività di raffinazione – può essere un incentivo: lo vediamo con gli effetti dell’Inflation Reduction Act (Ira). Ma rimane comunque più complesso – per motivi di licenze ambientali, disponibilità di tecnologie estrattive, economicità dell’estrazione – portare sul mercato il litio ad una purezza che possa essere appealing per un prodotto competitivo. Senza contare le difficoltà di disarticolarsi, anche puntando sulle partnership con la Corea, dai fornitori cinesi nonostante le clausole dell’Ira.

Exxon nel 2023 ha acquisito i diritti d’estrazione su un’area di circa 120.000 ettari nella formazione rocciosa di Smackover, nel sud dell’Arkansas, considerato uno dei depositi di litio conosciuti più promettenti in Nord America. La regione vanta una storia di estrazione di petrolio e gas naturale, dunque la geologia del territorio è particolarmente conosciuta. Applicando le sue conoscenze e le tecnologie di estrazione convenzionale dei combustibili fossili, Exxon punta ad estrarre dai giacimenti il litio dissolto nelle acque residue a circa 3000 metri di profondità. Come? Utilizzando una tecnica che, secondo alcuni analisti, potrebbe rappresentare quanto avvenuto nell’Oil&Gas con il fracking, ovvero la Direct Lithium Extraction (Dle). Si tratta di una tecnologia che consiste nel pompare la salamoia di litio attraverso un filtro che estrae il litio in un concentrato e restituisce il residuo alla fonte, risparmiando in costi e teoricamente riducendo l’impatto ambientale (meno consumo di acqua e di detriti rocciosi se si considerano i processi più convenzionali impiegati in Sud America o in Australia). Il litio a quel punto verrà convertito negli impianti adiacenti per la purezza (battery grade) richiesta dal mercato.

Non è chiaro quanto investirà Exxon nel progetto, ma è evidente che la decisione di un colosso da una capitalizzazione borsistica di oltre 400 miliardi di dollari di scommettere sul litio avrà un effetto molto importante sui mercati. Da un lato, confermerà agli investitori la direzione verso l’era delle batterie – con tutti le incognite menzionate in precedenza – anche dal punto di vista di un attore come Exxon. Dall’altra, rappresenta un precedente importante (anche le petro-monarchie del Golfo si stanno muovendo in questa direzione tramite fondi e investimenti) che dovrà comunque reggere al battesimo di fuoco: il litio, a differenza di quanto generalmente ritenuto, non è una commodity come le altre. Esistono vari prodotti, le esigenze dei consumatori (produttori di batterie e EV) sono varie e stringenti e il mercato rimane, nonostante l’inserimento graduale di nuovi player, fortemente oligopolistico. Al netto di ciò, l’ingresso di Exxon garantirà capitali per aumentare la capacità produttiva in Nord America: entro il 2030 la compagnia punta a produrre abbastanza litio per supportare la produzione di 1 milione di EV all’anno, aumentando così la quota globale degli Usa che nel 2022 è stata di sole 4.500 tonnellate circa (Lce). All’attivo vi è solo la miniera di Tracker Pass, operata da Lithium Americas, mentre l’americana Albemarle Corporation, prima produttrice al mondo, estrae litio in Sud America e Australia ma serve principalmente il mercato cinese. Albemarle ha di recente strappato 90 milioni di dollari a fondo perduto dal Pentagono per supportare la costruzione della miniera di litio di Kings Mountain, situata in Nord Carolina.

Intanto, l’amministrazione Biden ha annunciato un nuovo round di investimenti sulla manifattura di batterie elettriche e altre componenti. Il Dipartimento dell’Energia (Doe) statunitense ha infatti stanziato fino a 3,5 miliardi di dollari di nuovi investimenti federali per la produzione di batterie nel solco del Bipartisan Infrastructure Law – la legge che ha anticipato il passaggio dell’Inflation Reduction Act – firmata due anni fa e che saranno gestiti dall’Office of Manufacturing and Energy Supply Chains (Mesc). Secondo il Doe, i finanziamenti saranno destinati a impianti nazionali riadattati e ampliati per la produzione di minerali critici, materiali precursori e componenti per batterie e produzione di celle e pacchi. Si tratta della seconda fase di un pacchetto complessivo di 6 miliardi di dollari e che prevede, dunque, di supportare la regionalizzazione della filiera in un’ottica di decoupling dalla Cina. “Posizionare gli Stati Uniti in prima linea per soddisfare la crescente domanda di batterie avanzate è il modo per aumentare la nostra competitività globale, mantenere e creare posti di lavoro ben retribuiti e rafforzare la nostra economia dell’energia pulita”, ha dichiarato il Segretario all’Energia Jennifer M. Granholm.

In questa direzione, la convergenza degli interessi commerciali dell’industria petrolifera e quelli geopolitici dell’amministrazione americana rende la corsa al litio negli Stati Uniti molto promettente in un’ottica di diversificazione delle forniture, seppur orientate al mercato nord-americano. Soprattutto nell’ottica della crescente influenza e presenza della Repubblica Popolare Cinese, tramite le sue aziende di punta come Ganfeng, Tianqi e Catl in Sud America e in Africa dove vi sono le maggiori potenzialità minerarie per l’espansione dell’offerta.



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