L’azienda di Sam Altman intende offrire una alternativa alla Cina promuovendo una tecnologia, quella americana, capace di rafforzare i valori democratici, creando così un ecosistema di IA nazionali. Il mega-piano da 500 miliardi di dollari promosso da Donald Trump per rafforzare l’infrastruttura tech statunitense potrebbe quindi diventare un’arma di soft power in politica estera
Una intelligenza artificiale democratica e per la democrazia. OpenAI decide di andare all’avanscoperta fuori dai confini nazionali ed esportare Stargate, il progetto da 500 miliardi di dollari del governo americano che include anche la startup di Sam Altman, in tutto il mondo. “Questo investimento andrà ben oltre ciò che stiamo considerando negli Stati Uniti”, assicura il vicepresidente per gli affari globali dell’azienda, Chris Lehane. L’obiettivo è di creare un’offerta alternativa alla Cina promuovendo una tecnologia, quella americana, capace di rafforzare i valori democratici, creando così un ecosistema di IA nazionali. “Abbiamo una finestra per contribuire a creare percorsi affinché un gran parte del mondo si basi su un’intelligenza artificiale democratica, nel momento in cui si dovrà scegliere tra questa e una [di stampo] autocratico”, ha precisato ad Axios.
Con Stargate – che include OpenaAI, Softbank e Oracle – Donald Trump vorrebbe finanziare nuove infrastrutture tecnologiche negli Stati Uniti, sebbene il Financial Times sottolinei che finora il progetto consiste solo in un data center ad Abilene, nel Texas, tra l’altro costruito parzialmente. Se a supervisionare gli investimenti in terra americana è la giapponese Softbank, per quelli in altri paesi di OpenAI ci sarà un gruppo di partner per ogni progetto. Anche perché l’approccio di questa iniziativa non è di standardizzare la tecnologia, rendendola uguale ovunque, bensì di modellarla in base ai bisogni di quel determinato Paese.
Quanto OpenAI sia disposta a cambiare ChatGpt per adattarla ai vari contesti è un punto di domanda importante, perché dalla risposta passa il successo di questo mega-piano: più sarà disponibile, maggiore sarà il desiderio di farne parte. In base a quanto scritto nella presentazione di OpenAI for Countries, questa tecnologia è pensata “per le esigenze di ogni singolo paese, localizzata nella sua lingua e per la sua cultura, nel rispetto dei futuri standard globali”.
“Governi, fondi sovrani e di private equity, capitali più tradizionali: tutti stanno valutando questa possibilità”, ha aggiunto Lehane che spiega come il ruolo di OpenAi sarà quello di “fornire la migliore tecnologia di intelligenza artificiale, il nostro coinvolgimento nella creazione di questa struttura contribuisce ad attrarre capitali”. A essere interessati al progetto “OpenAI for Countries” sarebbero già Francia, Germania e Regno Unito, dove la startup ha uno dei mercati più redditizi oltre a quello americano. Ad ogni modo, prima di firmare qualsiasi accordo, bisognerà coinvolgere la Casa Bianca. Washington mantiene il controllo delle esportazioni e dovrà dare il via libera per l’implementazione della tecnologia di OpenAI nei vari paesi.
Senza avventurarsi troppo nelle analisi a caldo, si può dire che questo nuovo progetto potrebbe essere un modo per riavvicinare le due sponde dell’Atlantico. È un po’ di tempo che Stati Uniti ed Europa fanno fatica a comprendersi, anche a causa delle divergenze in ambito tecnologico. Sposare questa iniziativa da parte dei paesi europei potrebbe essere un modo per mostrarsi disponibili alla riconciliazione.
Il discorso vale anche per il resto del mondo che è soggetto alle restrizioni di Washington. Alcuni non possono accedere ai semiconduttori di ultima generazione realizzati in America, fondamentali per lo sviluppo tecnologico avanzato. “Nella nostra presentazione alla Casa Bianca”, ha ricordato Lehane, “avevamo avanzato la proposta di attrarre investimenti nelle infrastrutture statunitensi offrendo agli investitori un modo per passare dal livello due – quello che prevede alle restrizioni di chip – al livello uno. E abbiamo ricevuto richieste da tutto il mondo”.
L’ultima riflessione riguarda OpenAI. Nel momento in cui l’azienda ragiona sul suo futuro, decidendo di rimanere un’azienda no-profit e abbandonando l’idea di trasformarsi in una società con profitto, sembra arrivato il momento spartiacque previsto dal suo capo. Quando lo scorso luglio sul Washington Post Altman si chiedeva chi avrebbe controllato l’intelligenza artificiale, scriveva: “Sarà un mondo in cui gli Stati Uniti e le nazioni alleate promuoveranno un’IA globale che diffonderà i benefici della tecnologia e la renderà accessibile, oppure sarà un mondo autoritario in cui nazioni o movimenti che non condividono i nostri valori useranno l’IA per consolidare ed espandere il proprio potere?”. Forse già a breve avremo il responso.