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Dal pubblico al privato, misure concrete per l’Ucraina (e meno proclami). Scrive l’amb. Herbst

Di John E. Herbst

Nonostante i rischi legati al conflitto, esistono ampie opportunità in settori-chiave dell’economia ucraina in cui alcune aziende occidentali stanno già ottenendo buoni risultati. I governi e le istituzioni finanziarie internazionali potrebbero facilitare questo processo affrontando la questione dell’assicurazione contro i rischi di guerra. La riflessione di John E. Herbst, direttore senior dell’Eurasia center dell’Atlantic council e già ambasciatore degli Stati Uniti in Ucraina e Uzbekistan, ospitata sull’ultimo numero della rivista Formiche dedicato alla Conferenza Ucr2025

Poco dopo l’inizio della grande invasione dell’Ucraina da parte di Putin nel febbraio 2022, la comunità internazionale ha iniziato a pianificare un importante progetto di ricostruzione per il Paese da avviare quando uscirà dalla guerra sovrano, sicuro ed economicamente sostenibile. La prima conferenza internazionale si è tenuta nell’estate dello stesso anno a Lugano. Quella di quest’anno a Roma è la quarta conferenza sulla ricostruzione. Si tratta, quindi, di uno sforzo consistente e prolungato. Purtroppo, però, i risultati sono ancora limitati. Tra i motivi bisogna menzionare il dato che la guerra è continuata senza alcuna prospettiva di fine, nonostante gli sforzi del presidente Trump a negoziare un cessate il fuoco di compromesso, ma che il Cremlino ha regolarmente respinto. Come ha spiegato l’ex presidente russo Medvedev, la Russia vuole la vittoria e non la pace. Poiché non è stata ancora stabilita una data precisa per l’inizio effettivo della ricostruzione, i principali governi e le istituzioni finanziarie internazionali non hanno avuto motivo di risolvere le complesse questioni legate al controllo dei diversi aspetti del processo. Ancora più significativo è il fatto che, poiché l’obiettivo di Mosca è la conquista e non la pace, il processo di ricostruzione, seppur importante, passa in secondo piano rispetto alla necessità di sostenere economicamente e militarmente l’Ucraina cercando di evitare una sconfitta.

Questa necessità è accentuata dagli sforzi pluriennali della Russia nel distruggere il sistema di approvvigionamento energetico dell’Ucraina e altre infrastrutture, nonché dalla politica miope dell’amministrazione Trump – criticata dal 69% dell’opinione pubblica americana secondo i dati del sondaggio Gallup – di ridurre gli aiuti statunitensi al Paese. L’Ucraina e la comunità internazionale ne hanno tenuto conto. Il suo eroico sforzo e quello dei suoi partner internazionali per sostenere la rete energetica del Paese durante i tre inverni trascorsi dalla grande invasione contro la feroce campagna di bombardamenti di Mosca è uno dei risultati più notevoli sul fronte economico dello sforzo bellico di Kyiv. Questo successo è stato animato dal principio di buon senso del “ricostruire meglio”, che rende queste misure di tempi di guerra i primi passi nella ricostruzione del Paese. Il processo di ricostruzione internazionale ha offerto un contesto favorevole per perseguire questo obiettivo.

Ma ora si può e si deve fare molto di più per sostenere lo sforzo bellico e trovare le risorse necessarie per il presente e per la ricostruzione nel futuro. Sul fronte pubblico, la questione-chiave riguarda il destino dei beni statali russi congelati nel sistema finanziario internazionale. Il valore di tali beni è stimato in circa 300 miliardi di dollari. Su iniziativa dell’amministrazione Biden nel 2024, il G7 ha messo a punto un prestito di 50 miliardi di dollari all’Ucraina utilizzando tali beni come garanzia. Alla fine del suo mandato, gli Stati Uniti di Biden stavano valutando un’iniziativa per mettere a disposizione dell’Ucraina il resto dei beni. L’amministrazione Trump non ha ancora affrontato la questione e ha preso la decisione, discutibile, di sciogliere una task force del dipartimento di Giustizia, la KleptoCapture, che si occupava di applicare le sanzioni contro gli oligarchi russi. Nonostante il Cremlino abbia respinto diverse proposte di pace di Trump, la Casa Bianca è riluttante a Imporre nuove sanzioni economiche alla Russia. Valutando la postura USA, Mosca spera che Trump non cercherà di utilizzare tali risorse per sostenere il Paese e ricostruirlo in seguito. Se questa speranza si rivelasse fondata, Mosca non dovrebbe preoccuparsi che i restanti 250 miliardi di dollari in beni congelati finiscano all’Ucraina. All’interno del G7, solo il Regno Unito e il Canada sono favorevoli all’utilizzo di tali risorse per sostenere la ricostruzione, mentre Germania, Italia, Giappone e Francia sono riluttanti a farlo. Nel caso francese, è degno di nota il fatto che il presidente Macron abbia dimostrato la sua autorità nel mobilitare l’Europa a sostegno dell’Ucraina, ma si rifiuta di ignorare la cautela del suo ministro delle Finanze nel fornire le risorse di cui il Paese avrebbe bisogno. La leadership degli Stati Uniti è stata fondamentale nella decisione di concedere all’Ucraina un prestito di 50 miliardi di dollari, utilizzando i beni congelati come garanzia, lo scorso anno. A questo punto, a meno che la Casa Bianca non assuma una posizione più decisa, questa fonte di finanziamento vitale non sarà disponibile.

Un’altra questione cruciale è quella relativa al capitale privato utilizzato per sostenere e ricostruire l’Ucraina. Fin dall’inizio è stato chiaro che le enormi esigenze di ricostruzione – stimate in non meno di 500 miliardi di dollari – richiederanno anche ingenti investimenti privati. Le grandi aziende insieme agli investitori occidentali hanno già mostrato il loro interesse nel partecipare alla ricostruzione del Paese, prendendo parte anche alle conferenze annuali dedicate al tema. Purtroppo, nella maggior parte dei casi, tale interesse è concentrato sul giorno glorioso in cui la guerra finirà e la ricostruzione potrà iniziare in pace. Questo approccio è perfettamente in linea con il noto detto secondo cui “il capitale è codardo” e quindi fugge dalle situazioni pericolose e rischiose. Gli ucraini non sono ingenui e comprendono e accolgono con favore il fatto che gli investitori stranieri si uniranno a loro per raccogliere i frutti della ricostruzione dell’Ucraina. Ma sono anche ben consapevoli delle enormi esigenze del momento presente e con ogni probabilità favoriranno quelle imprese disposte a impegnarsi per il futuro del Paese investendo sin da ora.

Nonostante i rischi legati al conflitto, esistono ampie opportunità in settori-chiave dell’economia ucraina – intelligenza artificiale, produzione di droni e altri dispositivi per la difesa, l’agricoltura e l’energia – in cui alcune aziende occidentali stanno già ottenendo buoni risultati. I governi occidentali e le istituzioni finanziarie internazionali potrebbero facilitare questo processo affrontando la questione, già da tempo discussa, dell’assicurazione contro i rischi di guerra. In conclusione, il processo di ricostruzione, iniziato più di tre anni fa, potrebbe trarre vantaggio da meno proclami solenni e da più misure concrete, anche se modeste. Sarebbe interessante vederlo a Roma.

Formiche 215

 


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