“Tutte le guerre hanno lo stesso carattere. Si combatte per il futuro, per il sogno, per la dignità. La disperazione di Kiev è comune con tutto il mondo. Nel secondo atto c’è un video di tante bombe nella storia umana, da una italiana progettata nel 1911 a quelle su Hiroshima e Nagasaki. Non si può scherzare su Putin, le sue parole sulla guerra nucleare possono essere il futuro”. Le parole sono dell’artista cinese Ai Weiwei, regista (scenografo, costumista e video) di Turandot che andrà in scena al Teatro dell’Opera di Roma dal 22 marzo.
Lo ha spiegato in una intervista rilasciata al Corriere della Sera, quale sia il collegamento con l’opera di Puccini: “C’è una connessione tra l’amore, l’odio e la vendetta del nostro tempo con l’opera di Puccini. Quest’opera, pensando a chi combatte per la libertà, da Hong Kong all’Ucraina, ci insegna che la morte è amore. L’uomo vuole uscire dalle sue rovine ma nel percorso ne trova di nuove. Si costruisce e si ricade, come Sisifo. E il senso dell’essere umano è di volere la vera libertà. Voglio mettere in contatto la nostra vita di oggi con quella di cent’anni fa, all’epoca in cui Puccini si confrontò con la fiaba cinese. Il mondo è come un’opera lirica. Turandot, quest’algida principessa immaginaria e reale, significa forza e potere; il principe Calaf, suo pretendente, diventa rifugiato politico”.
Ecco chi c’era alla prova costumi nelle foto di Umberto Pizzi.
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