Sono passati 43 anni dal ritrovamento del corpo senza vita di Aldo Moro, leader della Democrazia Cristiana, ritrovato nel bagagliaio di una Renault 4 rossa in Via Caetani a Roma, dopo una prigionia lunga 55 giorni.
Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, affida al giornale La Repubblica le sue riflessioni sul terrorismo e il ricordo dello statista ucciso dalle Brigate Rosse il 9 maggio 1978.
“Il bersaglio era la giovane democrazia parlamentare, nata con la Costituzione repubblicana, per approdare a una dittatura, privando gli italiani delle libertà conquistate nella lotta di Liberazione. Esattamente il contrario di quanto proclamava il terrorismo rosso, quando parlava di Resistenza tradita. Il tradimento della Resistenza sarebbe stato, invece, quello di far ripiombare l’Italia sotto una nuova dittatura, quale che ne fosse il segno. Al di là delle storie personali di chi aderì alla lotta armata, c’era la contestazione radicale della democrazia parlamentare, così come era stata delineata dai padri Costituenti; e, a ben vedere, anche la mancata accettazione della volontà degli elettori in favore di forze centriste, atlantiche, riformatrici, di segno moderato. Un esercizio di democrazia che veniva definito “regime” – spiega Mattarella – C’era in Italia anche chi, legittimamente, si sarebbe aspettato dei governi o delle politiche diverse. Ma fu grave e inaccettabile quel processo mentale, prima che ideologico, che portò alcuni italiani – pochi – a dire: questo Stato, questa condizione politica, non risponde ai miei sogni, è deludente e, visto che non siamo riusciti a cambiarlo con il voto, abbattiamolo. Uno dei pilastri su cui si fonda la Repubblica è il valore del pluralismo. La democrazia è libertà, uguaglianza, diritti. È anche un metodo. Un metodo che impone di rispettare le maggioranze e le opinioni altrui. Prescindere dal consenso e dalle opinioni diverse vuol dire negare, alla radice, la volontà popolare, l’essenza della democrazia. È quello che tentarono di fare i terroristi”.
Per il capo dello Stato “l’assassinio di Aldo Moro fu uno dei momenti più drammatici della storia della Repubblica. Non a caso, dopo molti anni, resta tanto viva l’esigenza di fare luce completa su quella vicenda. Il vuoto che quel delitto terroristico ha prodotto è stato inimmaginabile. Mi limito a ripetere le parole di Paolo VI: ‘Un uomo buono, mite, saggio, innocente’. Rileggendo i suoi discorsi, le sue parole, le sue idee riusciamo a comprendere, oltre il caso giudiziario, non solo cosa i terroristi volessero colpire ma soprattutto le ragioni per cui sono stati sconfitti e la democrazia ha prevalso. Non è stata un’epoca facile: tanti i terrorismi all’assalto, anche di matrice straniera. Come non ricordare l’attentato a Giovanni Paolo II nel 1981?”.
(Foto: Umberto Pizzi-riproduzione riservata)