È morto ieri notte, a Pavia, Virginio Rognoni, politico e docente alla facoltà di Giurisprudenza della sua città. Rognoni aveva compiuto 98 anni lo scorso 5 agosto e il suo ultimo incarico pubblico era stato quello di vice presidente del Consiglio superiore della magistratura, dal 2002 al 2006.
Fu ministro dell’Interno dal 1978 al 1983, negli anni difficili del terrorismo interno, e poi ministro della Difesa e della Giustizia. Dopo l’esperienza nella Dc aveva aderito prima al Partito Popolare e poi al Pd. Proprio il segretario del Pd Enrico Letta dà la notizia su Twitter della scomparsa di Rognoni: “Apprendo la notizia della scomparsa di Virginio Rognoni, protagonista sempre in positivo di tante stagioni importanti della vita istituzionale del nostro Paese. Un grande amico e un punto di riferimento. Un abbraccio affettuoso alla famiglia”.
Una vita intera al servizio delle istituzioni, quella di Rognoni. Dopo anni di esperienze locali, è è approdato alla politica nazionale, venendo eletto deputato alla Camera per sette legislature (dal 1968 al 1994). È stato vicepresidente della Camera dei deputati dal 1976 al 1978.
Dopo le dimissioni di Francesco Cossiga da ministro dell’interno a seguito dell’assassinio di Aldo Moro, viene nominato al suo posto, restando in carica dal 1978 al 1983. In qualità di ministro affronta i difficili anni della lotta armata e della violenza terrorista (i cosiddetti anni di piombo). Sotto il suo dicastero si contano più di 200 organizzazioni terroristiche attive in Italia e nel 1979 si registrò la cifra record di 659 attentati.
Fu promotore insieme a Pio La Torre della legge 13 settembre 1982, n. 646, nota infatti con il nome di entrambi; la norma introduce il reato di associazione per delinquere di tipo mafioso nel codice penale italiano e viene approvata dal Parlamento 10 giorni dopo l’assassinio per mano di mafia del generale dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa, da Rognoni poco tempo prima nominato prefetto di Palermo.
Finita la sua esperienza di ministro diventa presidente del gruppo parlamentare della Democrazia Cristiana alla Camera. Viene nominato ministro di grazia e giustizia nel secondo governo Craxi e nel sesto governo Fanfani (dal 17 aprile 1987 al 29 luglio 1987) e ministro della difesa nel sesto e settimo governo Andreotti (dal 26 luglio 1990 al 28 giugno 1992). Dopo l’incarico di ministro della difesa seguono gli anni della fine del sistema dei partiti usciti dal dopoguerra, crisi scatenata dalle inchieste di Mani pulite e dal processo per mafia a Giulio Andreotti.
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