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GRIDO DI DOLORE
La legge 4 del 2011 votata all’unanimità dal Parlamento, dice a Formiche.net Ettore Prandini, presidente di Coldiretti Lombardia, prevedeva l’origine da apporre, chiara ed evidente sull’etichettatura, così come avviene già in molti stati membri dell’Ue. “E’ un falso problema – osserva – quando si dice che l’Europa ci fa la guerra. La verità è che a quella legge non sono mai seguiti i decreti attuativi”. Ecco che in una situazione di generale difficoltà economica questo è un elemento che certamente non aiuta un comparto strategico per l’Italia. “Servono certezze, sia per i consumatori che per l’intero settore agricolo”.

RIVERBERI
Ma quanti danni produce l’assenza dei decreti attuativi? “Sta mettendo in seria difficoltà – puntualizza Prandini – il futuro della zootecnia italiana, in quanto l’assenza di regole porta a pochi furbi che incassano forti guadagni ma mettono in ginocchio l’intero sistema”. La Coldiretti si rivolge quindi al governo, affinché mostri maggiore sensibilità rispetto ad una questione delicatissima che coinvolte la stragrande maggioranza delle regioni italiane, proprio perché hanno dalla loro una serie di prodotti altamente di qualità che rischiano di essere sviliti. “Ci battiamo perché non avvenga più ciò che accadeva in passato: ovvero che in molti lucravano nell’importare prodotti agroalimentari provenienti dall’estero, confezionandoli solo in Italia, perché non gradivano che vi fosse una chiara indicazione”.

NUMERI
Su tre prosciutti che vanno sul mercato come italiani, ben due non lo sono, aggiunge Prandini. E allora ecco che dall’estero arrivano anche migliaia di cisterne di latte e cagliate, conserve di pomodoro e succhi concentrati, tutta merce che fa concorrenza sleale ai veri prodotti italiani delle aziende italiane e che inganna i consumatori con confezioni che richiamano l’Italia. “Non lasceremo che qualche lobby straniera del nord Europa, con la complicità di qualche realtà italiana, schiacci le nostre aziende, distrugga posti di lavoro e prenda in giro i consumatori – conclude Prandini – libero mercato vuol dire anche trasparenza e chiarezza delle informazioni su quello che portiamo in tavola. Basta con i giochetti su bandiere ed etichette”.

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