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Matteo Renzi ha affermato all’inizio del suo discorso programmatico in Senato: “Non ho l’età”.
Al di là dell’immediato richiamo alla notissima canzone di Gigliola Cinquetti, Renzi ha infatti affermato di non avere neanche l’età (40 anni) per essere eletti senatori.
Non si tratta di una questione esclusivamente anagrafica, perché la Costituzione tuttora vigente contiene tre concetti fondamentali concernenti proprio l’età anagrafica: il conseguimento della maggiore età per diventare deputati; avere almeno 40 anni per essere eletti senatori; avere almeno 50 anni per diventare Presidente della Repubblica.
Qualora si consideri che il Presidente del Senato della Repubblica è a sua volta una sorta di seconda carica della Repubblica in quanto presidente supplente del Presidente della Repubblica medesimo, si deve aver presente che la questione dell’età rappresenta molto di più di un puro fatto anagrafico.

Siamo infatti in presenza in tal caso di un delicatissimo rapporto tra Camera e Senato (e da questo punto di vista assume particolare rilievo anche l’elettorato attivo per l’una e per l’altra Camera), e di conseguenza di un molto rilevante problema di ordine costituzionale concernente proprio il rapporto tra il Parlamento considerato nel suo insieme e il Presidente della Repubblica (sol che si consideri il potere presidenziale di scioglimento delle due Camere).

Questo intreccio tra le due Camere da un lato, e tra di esse e il Presidente della Repubblica dall’altro, finisce di conseguenza per avere un particolare ed evidente riflesso anche nei rapporti tra Parlamento e Governo (basti pensare al rapporto di fiducia, necessario perché un Governo possa entrare nel pieno esercizio delle proprie funzioni).

Risulta di conseguenza del tutto comprensibile anche da un punto di vista strettamente costituzionale che vi è un rapporto molto stretto tra la legge elettorale (o, per meglio dire, le leggi elettorali) e la riforma costituzionale concernente proprio l’attuale assetto delle Camere.
Fintanto che si intende conservare la struttura parlamentare del sistema di governo occorre infatti avere ben presente che una qualunque legge elettorale dovrà finire con il tener conto di tutte e tre le connessioni istituzionali esistenti tra Camera e Senato (non si può considerare il Senato una sorta di ente inutile o ritenere la sua soppressione un fatto prevalente di risparmio di spesa pubblica); di rapporto tra Parlamento e Governo (in quanto fiducia e procedimento legislativo non sono radicalmente scindibili); tra Parlamento e Presidente della Repubblica (formazione del Governo e scioglimento delle Camere).

In questi tre snodi costituzionali il fattore elettoral-popolare costituisce certo un fattore determinante ma non è, e non può essere, il solo elemento da tenere in considerazione.
L’equilibrio costituzionale risulta ulteriormente complesso qualora si passi a considerare – come pur giustamente è stato affermato – il tormentatissimo rapporto tra lo Stato da un lato e le Regioni dall’altro, come pone in evidenza in particolare il molto discusso Titolo V della Costituzione.

Occorre pertanto una complessiva visione costituzionale nella quale il fattore età è certamente rilevante, ma della quale esso non può essere l’unico elemento da considerare.
Nella attuale situazione concernente province e comuni, assistiamo infatti – almeno dal referendum del 1993 – ad uno spostamento molto rilevante che passa dal Consiglio – provinciale e/o comunale – al capo dell’esecutivo (Presidente della Provincia e/o Sindaco) al corpo elettorale.
L’elezione diretta del Presidente della Provincia e del Sindaco tende infatti sostanzialmente a trasformare la Giunta provinciale e la Giunta comunale più in una sorta di derivazione più presidenziale, che non una derivazione partitico-consiliare delle giunte medesime, come avveniva fino al 1993.

Sono pertanto questi gli intrecci fondamentali da considerare quando si vuol far riferimento all’età per porla a fondamento di un mutamento non solo elettorale, ma anche costituzionale.

L'età di Renzi: perché occorre un nuovo equilibrio tra Popolo e Parlamento

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