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Quanto è sostenibile il sistema finanziario italiano? La domanda se la pongono, quotidianamente, in molti. Ma il Fondo Monetario Internazionale potrebbe avere finalmente trovato la risposta definitiva nel Financial Sector Assessment Program 2013, presentato nei giorni scorsi per l’Italia in un incontro a porte chiuse fra uomini del Fondo, di Bankitalia e del Tesoro italiano.

I NUMERI ITALIANI SECONDO IL FMI

I dati mostrati da Dimitri G. Demekas de Fmi raccontano un sistema in balia di un’economia attraversata da una profonda depressione, mentre l’industria locale ha continuato a mostrare una debolezza progressivamente crescente, con il rapporto debt/equity (indebitamento rispetto al patrimonio) che dal 2007 non è mai sceso sotto il 2,5%, comunque molto meglio di Spagna (5,4% nel 2011) e Portogallo (6,3%). Mentre la profittabilità è colata a picco ed è in linea con quella registrata nella penisola Iberica.

IL BANCONCENTRISMO ITALIANO

Tutto questo ha impattato fortemente su un sistema, com’è quello italiano, bancocentrico – ha detto il rappresentante del Fondo monetario – l’Italia è il Paese in cui gli asset bancari pesano in assoluto di più sul settore finanziario (circa il 94%), seguito da Svizzera, Belgio e Svezia. Non solo: le banche domestiche sono strettamente connesse con clienti industriali, oltre a essere stracolme di obbligazioni governative che, come noto, sono state fortemente sotto stress. Così – ha aggiunto il rappresentante del Fmi – si è innescato un circolo vizioso da cui non siamo completamente usciti: rendimenti dei governativi a livelli record hanno fatto lievitare i costi del funding; contemporaneamente la crisi che si è abbattuta sull’industria ha deteriorato la qualità degli asset, mentre i finanziamenti diminuivano o costavano sempre più. Con l’effetto di mettere sotto pressione la profittabilità degli istituti di credito.

LE SOFFERENZE ITALIANE

Così, mentre il Pil diminuiva nel primo trimestre 2013 di oltre il 2,5%, il credito al settore privato segnava -2% e i non performing loan aumentavano del 9%. Nel contesto internazionale, secondo il documento, le banche italiane sono quelle che hanno registrato i peggiori ritorni rispetto agli asset, o stabili o, il più delle volte, in territorio negativo. Ma sono anche quelle più sottovalutate, con il price to book value, un multiplo che mette a confronto la valutazione patrimoniale fatta dal mercato (prezzo) con quella espressa dal bilancio della società (patrimonio netto) inferiore (0,4 contro 0,7 delle banche europee e 1,4 di quelle Usa). La percezione che ne hanno i mercati sono di titoli però ad elevato rischio: i cds hanno sfondato quota 450, contro 150 di Francia e Germania. “La liquidità immessa dalla banca centrale europea ha fatto tutto meno che eliminare i rischi di funding nel breve termine – si rileva in alcune slide presentato dal dirigente del Fmi – con il risultato che oggi, pur con i rischi del sovereing diminuiti, le banche soffrono ancora forti rischi legati all’economia e scarsa fiducia da parte del mercato”. Dunque, tutto da rifare?

I GIUDIZI SULLE BANCHE

“La situazione degli asset bancari – prosegue il documento del Fmi presentato nel seminario – è più complessa del previsto. Inoltre Il Balance Sheet Assessment (Bsa) (il programma di stress test bancari da attuare prima dell’avvio della supervisione unica, ndr) rappresenta una fonte di incertezza e potrebbe essere sfidante per alcune grandi banche domestiche”. Ubi ha il Core Tier 1 più elevato in assoluto (12%) seguito da Mediobanca, poco al di sotto di quel valore. “Durante la crisi i cinque maggiori istituti di credito del Paese hanno raccolto capitale addizionale fino a portare in media il Core Tier 1 all’11,1%, mentre le altre hanno una media del 10,3%. Ma l’Italia ha ricevuto il minor supporto pubblico in Europa, il 13,2% dei quasi 70 milioni di euro raccolti, contro il 57% di media dei quasi 500 milioni accumulati nell’Eurozona”. Nel complesso il sistema è in grado di superare stress test severi, con minori aiuti di altri, ma presenta importanti falle che lo rendono vulnerabile.

POPOLARI BACCHETTATE

“Come le caratteristiche, tipicamente italiane delle governance: la presenza delle fondazioni ad esempio, che possiedono il 30% del capitale e esercitano influenza politica e contabilità debole. O come la formula cooperativa, che può funzionare bene per le piccole banche me non per istituti grandi e attivi in un contesto internazionale”.

Numeri e fissazioni del Fmi su Italia e banche nostrane

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