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Nella capitale d’Europa il dibattito sul futuro del continente è praticamente assente. Una pletora di professionisti dell’europeismo discutono di ‘cineserie’ all’ombra delle istituzioni europee che fanno poco o nulla per valorizzare e stimolare il pensiero e il sapere innovante. Il risultato è che l’esercito di masterizzati e dottorati sono dediti a rimestare l’acqua nel mortaio della fede europeista, senza nulla aggiungere al corso delle cose. Prevale l’idea che non si possa in alcun modo deviare dal pensiero unico ‘robotizzato’ che dal 15 anni è stato imposto al processo di integrazione europea.

Il trucco è stato confezionato ad arte, sostituendo le ‘policy’ alla ‘politica’ e le ‘regole di governance’ al ‘potere di governo’. In pratica il pensiero è stato ingabbiato dentro delle matrici binarie tipiche della consulenza aziendale (che era nata per rendere più efficienti i processi di produzione, livellando orizzontalmente ma sganciando le oligarchie decisionali dal contesto in cui operano). Si discute di metodologie, procedure, strutture, e dettagli ininfluenti sul corso delle cose. La desertificazione culturale per omologazione ha generato un sistema del tutto autoreferenziale che nella sua cerimoniale inutilità non offre alcuno spunto per costruire il futuro. La riforma delle istituzioni europee voluta nel 2001 dal vicepresidente Neil Kinnock ha cancellato gli aspetti qualitativi delle istituzioni (eppur c’erano!). A cascata tutto l’indotto costituito da quelle ‘scatole del pensiero’ che dovrebbero essere “indipendenti” si è omologato, adeguandosi. Questo spiega l’assenza di idee nella capitale d’Europa.

L’assenza di ideali è il fatto più sconcertante che emerge in ogni angolo di Bruxelles. I professionisti dell’europeismo sono allo stesso tempo vittime e responsabili di questo stato di cose. Mentre per le lobby, cioè i gruppi di interesse e di pressione, la concretezza e il risultato da portare ai propri rappresentati è l’oggetto visibile della loro azione (ma si può discutere sull’opportunità e eticità del loro lavoro), per le ‘scatole del pensiero’ l’oggetto è continuare a perpetuare la propria esistenza nel vago discettare senza disturbare il manovratore. Già, ma chi è il manovratore? Ormai nessun lo sa! L’Europa è prigioniera delle sue procedure e dei programmi (con ciclicità settennale o più lunga, Sic!) che continuano ‘robotizzati’ anche contro ogni principio della fisica o della natura.

Come avvenne nel Medio Evo, sarà la vitalità delle periferie europee a generare il rinnovamento, la rinascita dell’Europa. Le iniziative stanno emergendo da più parti ma il tempo è poco. Le ‘gabbie’ e i ‘robot’ rischiano di far implodere l’intero sistema, favorendo gli speculatori dell’enorme malcontento popolare contro le elite e le oligarchie. Negli anni un’iniziativa europea avrebbe voluto evitare questo scenario, la European Citizens Initiative. La nobiltà di questa iniziativa non ha prodotto, purtroppo, alcun effetto tangibile.

A Bruxelles è assente il dibattito sul futuro

Nella capitale d’Europa il dibattito sul futuro del continente è praticamente assente. Una pletora di professionisti dell’europeismo discutono di ‘cineserie’ all’ombra delle istituzioni europee che fanno poco o nulla per valorizzare e stimolare il pensiero e il sapere innovante. Il risultato è che l’esercito di masterizzati e dottorati sono dediti a rimestare l’acqua nel mortaio della fede europeista, senza nulla…

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