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Grazie all’autorizzazione dell’autore, pubblichiamo l’articolo di Piero Vietti uscito sul quotidiano il Foglio diretto da Giuliano Ferrara

Il riscaldamento globale come una dittatura che perseguita i suoi oppositori. Se Ioane Teitiota, ex abitante di un’isola dell’arcipelago delle Kiribati, vincerà la sua battaglia legale presso il tribunale di Auckland, il global warming sarà considerata condizione sufficiente per ottenere lo status di rifugiato. La tesi di Teitiota è semplice: il livello degli oceani aumenta anno dopo anno, in particolare nella zona del Pacifico in cui si trovano le isole in cui è nato e vissuto con la famiglia. Secondo i calcoli degli esperti tra il 2030 e il 2060 l’arcipelago non sarà più abitabile, tanto che il governo di Kiribati ha già comprato dei terreni nella vicina Fiji per coltivare e man mano spostare la sua popolazione. Se Kiribati verrà sommersa lo dirà la storia (ma trattandosi di isole che affiorano sul livello del mare di appena due metri è possibile anche senza catastrofi climatiche), ma l’operazione di Teitiota, se accolta dal tribunale, è destinata a cambiare in maniera profonda l’atteggiamento dei governi nei confronti dei “rifugiati climatici”: basterà basarsi sulle previsioni catastrofiste dei climatologi su innalzamento dei mari e scioglimento dei ghiacci per ottenere asilo in un paese straniero, senza pericolo di essere rimandati indietro.

Eppure c’è chi sostiene, numeri e dati approfonditi alla mano, che nulla al mondo faccia meglio al nostro pianeta del riscaldamento globale. L’ultimo numero del settimanale inglese Spectator ha in copertina il disegno di un orso polare che surfa su un pezzo di ghiaccio artico. “Niente panico! I cambiamenti climatici fanno bene al mondo”, spiega provocatoriamente l’articolo dello scienziato e giornalista inglese Matt Ridley. La tesi è semplice, e supportata da diversi studi economici: se è vero che il mondo si sta riscaldando, è anche vero che l’aumento della temperatura ha portato più benefici che problemi a livello globale. E se è vero che continuerà ad aumentare, vuol dire che staremo sempre meglio almeno per i prossimi 60-70 anni, quando cioè paesi in via di sviluppo come il Bangladesh avranno raggiunto un tenore di vita e conoscenze tali da essere in grado di affrontare inconvenienti climatici come le inondazioni allo stesso livello dell’Olanda di oggi. “Una buona notizia non è mai una notizia – ironizza Ridley – ecco perché i media ignorano gli studi che dimostrano gli effetti positivi dei cambiamenti climatici”.

Come se non bastasse, i dati di altri studi indipendenti dimostrano che le morti per siccità, inondazioni e tempeste sono diminuite del 98 per cento dagli anni Venti: diventando più ricchi, i paesi più colpiti hanno saputo approntare misure di sicurezza sempre più efficaci. Al contrario, là dove si sono costruite pale eoliche e coltivati biocarburanti e legna da sostituire al carbone, si sono ridotte in modo impercettibile le emissioni di CO2 mentre le industrie hanno perso competitività, si sono distrutte foreste e sono aumentati i prezzi del cibo. Ecco perché, conclude Ridley, è inutile spendere miliardi: come scritto dall’economista ambientalista Bjørn Lomborg, ogni cento sterline spese per combattere i cambiamenti climatici se ne ricavano tre di benefici. E spendendo 165 miliardi all’anno per i prossimi 87 anni, forse si abbasserà la temperatura di 0,005 gradi. Pochi giorni fa la Nasa ha annunciato che i ghiacci dell’Antartide hanno raggiunto un’estensione record. Gli esperti dell’Ipcc avevano previsto che si sarebbero sciolti.

Leggi l’analisi completa sul Foglio

Riscaldamento globale? Niente panico, fa bene al Pianeta

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