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Accertare la verità sul rapimento e l’omicidio di Aldo Moro compiuto dalle Brigate Rosse 35 anni fa. E ricostruire i tasselli mancanti della vicenda che più di ogni altra rappresenta uno spartiacque della storia repubblicana. È l’obiettivo che ha animato la richiesta, ad opera di un gruppo di senatori, di costituzione di una nuova Commissione parlamentare di inchiesta sui 55 giorni compresi tra il 16 marzo e il 9 maggio 1978. Un’iniziativa condensata in due proposte convergenti presentate dall’esponente liberale di centro-destra Luigi Compagna, e dal parlamentare del Partito Democratico Miguel Gotor, autore del libro “Aldo Moro. Lettere dalla prigionia”. Progetti, votati il 30 ottobre, accomunati dalla rivendicazione del carattere bicamerale del nuovo organismo di indagine. Il 16 ottobre infatti la prima Commissione di Montecitorio ha approvato un disegno di legge mirante a costituire un collegio mono-camerale di inchiesta, trasmesso all’Assemblea e in attesa del varo definitivo. Mentre il via libera dall’Aula di Palazzo Madama è previsto entro fine anno. Attorno all’esigenza di verità rischia di crearsi un groviglio istituzionale tra i due rami del Parlamento. Che aveva tentato invano di far luce sul caso Moro tra il 1979 e il 1983.

Le ragioni dell’iniziativa del Senato
L’esigenza di verità ha trovato motivi nuovi di speranza in una cornice globale profondamente trasformata rispetto alla “Guerra fredda”. È Luigi Compagna, professore di Storia delle dottrine politiche all’Università LUISS di Roma, a rimarcare “un grado più elevato di apertura degli archivi nei Paesi dell’Europa dell’Est e il cambiamento intervenuto nei regimi arabi e del Medio Oriente, coinvolti nel Lodo creato da Moro per cui il governo italiano permetteva il libero transito dei gruppi armati della guerriglia palestinese sul territorio nazionale in cambio dell’incolumità da attentati e violenze”. Un patto a cui l’ex leader della Democrazia Cristiana fece riferimento nella “prigione del popolo” per legittimare un “negoziato” con le BR orientato alla propria liberazione.

L’accessibilità degli archivi del regime comunista della Cecoslovacchia e della STASI nell’ex Germania orientale è ritenuta un fattore prezioso da Miguel Gotor, professore di Storia moderna presso l’Università di Torino: “Perché i rapporti internazionali delle Brigate rosse restano avvolti nel mistero: sarebbero l’unico gruppo terrorista europeo che pur adottando ideologia internazionalista avrebbe fatto tutto da solo. Comparato alla storia della RAF tedesca sarebbe un profilo poco credibile. Per questo motivo è necessario chiarire i loro legami, compresi quelli con la centrale eversiva clandestina che si celava nella scuola di lingue Hyperion di Parigi”. La struttura segreta che Giovanni Pellegrino, per 7 anni alla guida della Commissione parlamentare sulle stragi, ha individuato come possibile punto d’incrocio tra servizi segreti dell’Ovest e dell’Est nella logica del mantenimento degli equilibri di Yalta.

Le novità e gli elementi emersi negli ultimi mesi
Legati dall’ansia della più ampia ricostruzione storica, i due promotori dell’iniziativa parlamentare appaiono divisi nella valutazione sulle clamorose novità emerse recentemente. Prima fra tutte le “rivelazioni” di ex appartenenti alle Forze di polizia raccolte e scritte dall’ex giudice istruttore Ferdinando Imposimato nel libro “I 55 giorni che hanno cambiato l’Italia”. Testimonianze secondo cui apparati investigativi e di intelligence italiani sarebbero riusciti a scoprire il covo in cui il presidente Dc era tenuto prigioniero. Ma il blitz a cui erano pronti sarebbe stato bloccato il 7 maggio per ordine del governo guidato da Giulio Andreotti e Francesco Cossiga. A giudizio di Compagna, “il respiro del lavoro del nuovo organismo parlamentare va oltre gli ultimi volumi pubblicati e tocca temi più alti rispetto ai “motivi squillo” dell’attualità”. Mentre per il rappresentante del Pd “sarà utile approfondire le testimonianze di persone coinvolte e ancora vive”.

Così come è doveroso, spiega lo storico, valutare con rigore le affermazioni dei due ex artificieri che ricordano di essere giunti il 9 maggio in Via Caetani e di aver scoperto la Renault rossa con il corpo dello statista ben prima la telefonata delle BR che preannunciava l’epilogo tragico della vicenda. Parole che nel luglio 2013 hanno spinto la Procura di Roma alla riapertura delle indagini. Ma per Gotor i misteri su cui far luce restano la giornata inquietante del 18 aprile 1978, con la scoperta del covo terrorista di Via Gradoli e il falso comunicato sul ritrovamento del cadavere di Moro nei fondali del Lago della Duchessa; gli ultimi giorni della prigionia; la scomparsa del memoriale completo del politico democratico-cristiano.

Le prospettive del lavoro della Commissione
Bisogna attendersi riscontri clamorosi dall’opera del nuovo organismo di indagine parlamentare? La risposta del senatore del centro-destra è un invito alla prudenza mescolato a scetticismo: “No, e non lo vorrei neanche. Non si tratta di riaprire vecchie ferite, come la rivalità tra sostenitori della fermezza e fautori della trattativa, o il ruolo della P2”. Agli occhi del parlamentare del Partito Democratico invece vi sono le condizioni perché la ricerca degli storici, dei magistrati, dei politici, venga messa in atto: “È il risarcimento minimo per ciò che è avvenuto in quei 55 giorni”.

Caso Moro, così il Parlamento prova a fare luce sulla vicenda

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