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Il presidente palestinese, Mahmoud Abbas, incontrerà una delegazione saudita nella Cisgiordania. La delegazione sarà guidata dall’ambasciatore dell’Arabia Saudita in Giordania, Nayef Al Sudairi, durante una visita di due giorni che inizia oggi, martedì 26 settembre. L’ambasciatore ricopre anche il doppio ruolo per la questione palestinese e per gli affari consolari israeliani, così come annunciato ad agosto, con una mossa politico-diplomatica che non è troppo piaciuta agli israeliani. Il ministero degli Esteri palestinese ha descritto questa visita come un passo significativo nel rafforzamento e nell’avanzamento delle relazioni bilaterali, dando una dimensione narrativa all’incontro per non perdere il passo sugli affari correnti.

La normalizzazione procede

La visita si inserisce infatti nel contesto degli sforzi in corso tra Arabia Saudita e Israele per stabilire relazioni diplomatiche. Il primo ministro saudita, il principe ereditario Mohammed bin Salman, ha indicato progressi in questo senso e l’omologo israeliano Benjamin Netanyahu ha sottolineato più volte il potenziale di tali legami per promuovere la pace con i palestinesi. Sul processo c’è l’egida di Washington, assolutamente interessata a creare un accordo (trilaterale?) che possa essere anche spendibile da Joe Biden in campagna elettorale, raccontandolo come un esempio del rimodellamento dell’ordine internazionale basato sulle regole occidentali, che il democratico intende lasciare come eredità politica.

Sul tavolo c’è un accordo ampio, che potrebbe includere la cooperazione nel settore della difesa e un programma nucleare civile per l’Arabia Saudita. Tutto è ancora in fase di elaborazione, con una delle questioni cruciali da risolvere che è — ancora, dopo decenni — quella palestinese, con la richiesta di un rinnovato processo di pace che porti a una soluzione a due Stati con Israele.

Il ministro degli Esteri dell’Arabia Saudita, il principe Faisal bin Farhan, ha sottolineato l’importanza di trovare una soluzione giusta e completa alla situazione palestinese durante il suo discorso all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Faisal ha menzionato la necessità di uno Stato palestinese indipendente basato sui confini del 1967, con Gerusalemme Est come capitale. Utilizzando la massima assise pubblica internazionale, i sauditi hanno avuto un palco per mandare un messaggio all’intero mondo arabo: Riad negozia con gli israeliani, ma non dimentica i Fratelli palestinesi.

Contemporaneamente, nonostante il desiderio di alcuni membri del governo israeliano di stabilire relazioni con l’Arabia Saudita, gli elementi di estrema destra della coalizione sono preoccupati di fare concessioni ai palestinesi. Gli insediamenti in Cisgiordania e a Gerusalemme Est rimangono una questione controversa, con oltre 700.000 residenti in queste aree, secondo le Nazioni Unite. È soprattutto una storia di consenso. Attualmente, all’interno del governo Netanyahu ci sono componenti politiche israeliane che vivono sul pugno duro contro i palestinesi: se allentano la presa ideologica rischiano di perdere consenso, piuttosto che perdere consenso i leader di quelle componenti potrebbero decidere di uscire dall’esecutivo.

Faisal ha anche condannato le azioni unilaterali che violano il diritto internazionale e ostacolano le soluzioni diplomatiche, probabilmente alludendo alle espansioni degli insediamenti. I colloqui di pace mediati dagli Stati Uniti tra Palestinesi e Israele sono falliti nel 2014 e le relazioni sono rimaste tese, segnate da episodi di violenza e dalla costante espansone israeliana. Anche Abbas ha usato l’Assemblea generale delle Nazioni Unite per ribadire che “un accordo di pace globale per il Medio Oriente” deve garantire pieni diritti ai palestinesi. Ma il punto è che ciò su quello in ballo il ruolo palestinese è marginale, formale a tratti strumentale.

Strada fluida verso l’accordo?

Siamo sull’orlo di una svolta significativa nella normalizzazione delle relazioni tra Israele e Arabia Saudita, in gran parte facilitata da un rafforzamento della cooperazione – per ora informale – in materia di sicurezza dell’Arabia Saudita con gli Stati Uniti. Sebbene i sauditi rimangano cauti, in parte a causa delle preoccupazioni per gli “estremisti religiosi” all’interno della coalizione di Netanyahu, preoccupazioni simili non hanno impedito al regno di raggiungere un accordo storico per la riapertura delle relazioni con l’Iran. Le recenti discussioni tra le due parti sono state più positive del previsto, e tutto è possibile.

Una fonte diplomatica europea rinnova ciò che è già noto: “Entro fine anno potremmo avere delle novità, forse più sul formato che sull’intesa stessa”. L’Ue in questo momento è interessata a seguire ciò che accade attorno a Israele perché l’Hr/Vp Josep Borrell sta preparando una visita nel Paese – che ci sarà a dicembre dopo vari rinvii e tensioni. Borrell sarà anche nei Territori palestinesi.

In definitiva, se ci saranno progressi sul fronte della sicurezza (gli Stati Uniti stanno pensando di elevare l’Arabia Saudita a “Major Non-Nato Ally”, lo stesso di cui gode Israele), potrebbero essere sufficienti accordi che offrano sostegno ai palestinesi, sullo stampo degli accordi del Bahrein durante l’amministrazione Trump, che prevedevano impegno economico e assistenza. D’altronde, se Manama ha accettato di rientrare nel sistema degli Accordi Abramo con Israele è perché Riad era d’accordo.

Una fonte non europea invita a tenere in considerazione l’intervista che il principe Bandar bin Salman aveva fatto tre anni fa con al Arabiya: Bandar, ex ambasciatore negli Stati Uniti e capo dell’intelligence saudita, accusava la leadership palestinese a Gaza e in Cisgiordania di aver pensato a loro stessi e non alla causa, di creare problemi e di non agire in modo congiunto. È possibile che, visto il sostanziale stallo della situazione, i sauditi continuino a pensarla in questo modo: se Abbas non apre a un ricambio e i gruppi di potere palestinesi non si uniscono per qualcosa di fattibile, sarà difficile che Riad dia un sostegno totale.

La normalizzazione con Israele è troppo importante dal punto di vista strategico. Probabilmente di questo sta parlando Al Sudairi. Contemporaneamente intanto, il ministro del Turismo Haim Katz è diventato oggi il primo membro di un esecutivo israeliano a visitare l’Arabia Saudita, in occasione del vertice della World Turism Organization di Riad.

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