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Ascoltando lo stanco e ripetitivo Berlusconi del Consiglio Nazionale dell’Eur che ha sancito la fine del Popolo della Libertà una domanda sorge naturale: l’uomo che, nel bene e nel male, ha dominato la scena politica e la società Italiana dell’ultimo ventennio si sta avviando verso il definitivo declino della propria parabola personale e politica oppure dietro le apparenze si cela una strategia sottile?

PERCHÈ ALFANO È DIVERSO DA FINI?

In effetti si fa fatica a credere che Silvio Berlusconi possa avere deciso di affidare il movimento politico da lui creato ai consigli di un gruppo di figuranti da commedia dell’arte che si raggruppano sotto la definizione di falchi. E poi, la clemenza mostrata nei confronti del grande traditore Angelino Alfano, oggetto di un trattamento ben diverso rispetto a quello riservato non più tardi di 2 anni e mezzo fa a Gianfranco Fini, è dovuta ad un attaccamento quasi parentale nei confronti dell’ex delfino oppure nasconde un disegno sofisticato? Forse vale la pena di tracciare uno scenario apparentemente inverosimile; e se invece l’apparente scissione tra lealisti e innovatori che si è consumata nelle ultime ore fosse figlia di una strategia concepita freddamente dal Cavaliere insieme con i consiglieri di sempre, in primis Gianni Letta?

QUALCHE IPOTESI STRATEGICA

Pensandoci bene, Berlusconi non ha alcun interesse ad andare alle elezioni immediatamente. In fondo un voto nei prossimi mesi farebbe partire Matteo Renzi da una posizione di vantaggio, forte dell’aurea di rottamatore che il sindaco di Firenze continua a detenere. Solo il tempo può logorare Renzi che evidentemente farebbe fatica a proporsi come nuovo dopo tanti mesi trascorsi da Segretario del PD. E poi, conviene a Berlusconi fare cadere il governo Letta, con le inevitabili conseguenze in termini di crescita dello spread o conviene fare si che la caduta del governo stesso sia provocata, dopo il semestre di presidenza Italiana della UE, dalla sua stessa inazione e dalle numerose contraddizioni interne?

LA MOSSA PIÚ CONVENIENTE

D’altro canto, se Berlusconi non si può permettere di fare cadere il Governo, dall’altro non si può neppure permettere di continuare a sostenerlo come leader di uno dei principali raggruppamenti della coalizione, a costo di privarsi della comoda posizione di oppositore all’esecutivo e dei futuri vantaggi elettorali che ne deriveranno.
In questo senso, cosa meglio di una scissione governata dall’interno che consenta da un lato di mantenere in vita il Governo per il tempo necessario a logorare Matteo Renzi grazie al supporto dei Senatori parte del neonato gruppo parlamentare del Nuovo Centrodestra, mentre la nuova Forza Italia può iniziare con anticipo una comoda campagna elettorale dalla confortevole posizione di partito d’opposizione? Se questo fosse vero, Berlusconi potrebbe decidere di far fare cadere il Governo per mano del nuovo alleato Alfano (che verrebbe subito riabilitato) nel momento a lui più opportuno una volta consumata la rottamazione di Renzi e senza avere alcuna diretta responsabilità della crisi di Governo nei confronti dell’opinione pubblica.

Se questo scenario fosse vero, a Letta non rimarrebbe altro che avviare una vera stagione di riforme strutturali in senso liberista con conseguente riduzione del carico fiscale facendo leva sul sostegno della UE che vedrebbe il ritorno del Cavaliere come fumo negli occhi. In caso contrario, ci troveremo tra un paio d’anni a commentare l’ennesimo colpo di maestro del signore di Arcore. To be continued….

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