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Gli Usa passano al contrattacco. Se finora il profilo adottato dall’Amministrazione di Barack Obama nel Datagate è stato all’insegna della ricostruzione dei rapporti con gli alleati europei, Washington sembra ora intenzionata a non essere il solo capro espiatorio di quella che si configura sempre più come una consuetudine mondiale.

Tutti spiano e sono spiati. E per ribadirlo, il capo di Stato affida la propria difesa proprio al direttore della National Intelligence, James Clapper.

NO ALL’IPOCRISIA
Durante un’audizione a porte chiuse davanti alla Commissione Intelligence del Senato, Clapper (nella foto a sinistra) ha ricordato che gli Usa “condividono informazioni con i loro alleati europei e loro condividono informazioni con noi“. Insieme a lui ha parlato anche il numero uno della National security agency, il generale Keith Alexander – che alcune voci danno come in procinto di essere rimosso dall’incarico – che ha sostenuto davanti ai membri della Commissione di “non aver spiato i cittadini europei” e che la Nsa si scambia notizie con i servizi segreti degli altri stati europei, sostenendo di farlo per difendere gli Stati Uniti e i Paesi alleati da possibili minacce. “Non abbiamo visto il contenuto delle chiamate – ha continuato Alexander – ma analizzato solo i metadati” (numeri chiamati, durata delle telefonate, identità di ricevente e chiamante). E ce n’è anche per il nostro Paese, che con le dorsali sottomarine di cavi in fibra ottica che giungono in Sicilia, è uno degli anelli fondamentali del programma dell’Nsa. Infatti, nel corso dell’audizione di ieri il generale Alexander ha duramente attaccato non solo i politici, ma anche la stampa europea, in particolare l’italiano L’Espresso, il francese Le Monde e lo spagnolo El Mundo, sostenendo che le loro rivelazioni sono “completamente false“.

LA DIFESA DI OBAMA
In ogni caso i vertici dell’intelligence hanno voluto difendere la credibilità del presidente Usa, soprattutto dopo la bufera creata da alcuni documenti rivelati dall’ex informatico Edward Snowden, secondo cui gli Stati Uniti avrebbero non solo controllato milioni di chiamate in Francia, Spagna e Italia (nei prossimi giorni l’ex reporter del Guardian, Glenn Greenwald, sarà ascoltato dal Copasir), ma anche spiato 35 leader mondiali, tra cui il cancelliere tedesco Angela Merkel.
Clapper ha anche ricordato di non condividere “i dati che raccogliamo con la Casa Bianca e con il presidente Obama“, aggiungendo che spiare i leader è una pratica fondamentale e che tutti gli altri Paesi lo fanno. I due hanno testimoniato in seguito allo scandalo che sta coinvolgendo Washington e che rischia di incrinare i rapporti con gli alleati nel vecchio continente. Il capo delle agenzie di intelligence americane ha poi continuato: “Credo che abbiamo rispettato la legge e che la supervisione rigorosa che abbiamo condotto è stata efficace“. Clapper ha spiegato che “non spiamo tutti a meno che non ci siano validi motivi di intelligence” e che “non violiamo la legge“. Clapper ha ammesso che “errori sono stati commessi” puntando il dito su sbagli commessi da uomini o problemi tecnici spiegando che c’è stata “un’erosione della fiducia nella comunità d’intelligence“. Ma ha anche avvertito: l’eventuale riforma della Nsa che potrebbe essere decisa dal Congresso non dovrebbe essere “troppo correttiva“. In quanto americani, ha continuato, “affrontiamo un’infinita serie di minacce” motivo per cui “dobbiamo sostenere la nostra capacità di individuarle“.

UNA COMUNE RESPONSABILITÀ
Le affermazioni di Alexander sembrano comunque confermare in sostanza quanto anticipato dal Wall Street Journal, secondo cui a svolgere in Francia e Spagna la massiccia attività di spionaggio elettronico che ha scatenato l’ira di Parigi e Madrid non sarebbe stata la Nsa americana ma i servizi di intelligence dei due Paesi, che avrebbero poi passato i dati raccolti agli 007 Usa. Dunque ci sarebbe “una sinergia”, avevano affermato dei funzionari americani al giornale protetti dall’anonimato. Il Wsj precisa comunque che si tratta di un’attività separata dai programmi di spionaggio americani che hanno preso di mira decine di leader stranieri. Si tratta invece, hanno detto le fonti, di dati telefonici raccolti dagli europei in zone di guerra e altre aree al di fuori dei loro confini, che sono poi stati condivisi con la Nsa nell’ambito di uno sforzo per proteggere forze militari e civili dell’America e dei suoi alleati, in primo luogo dalla minaccia terrorista.
E la difesa Usa potrebbe essere per Obama non tanto il modo per riconquistare terreno rispetto all’Europa, quanto per tamponare le feroci critiche interne. Come quella dell’editorialista e giornalista investigativo di Reuters, David Rohde, che dalle colonne dell’Atlantic spiega, con riferimento al programma di spionaggio, come “la paura di al-Qaeda stia causando più danni” di quanti non ne faccia la stessa organizzazione terroristica.

UN CASO PLANETARIO
Ma il Datagate non si ferma ai confini di Bruxelles. La capacità di decriptare dati della Nsa non sarebbe nota solo a agli Usa, ma a un numero limitato di Paesi della cosiddetta “Five Eyes”, letteralmente cinque occhi: una sorta di “cerchio magico” dello spionaggio di cui fanno parte Gran Bretagna, Canada, Australia e Nuova Zelanda. A questo si aggiunge la rivelazione – comparsa oggi su Corriere della Sera e Stampa – secondo cui i leader del G20, il mese scorso al vertice di San Pietroburgo, sarebbero stati oggetto delle “attenzioni” dei servizi russi, che li avrebbero spiati attraverso chiavette Usb e cavi Usb. La Commissione Ue ha detto tramite un suo portavoce che ne è “al corrente” ma ancora “non può confermare” la notizia perché “sono in corso le verifiche“.
Secondo il Cremlino è invece solo “un chiaro tentativo di sviare l’attenzione da un problema realmente esistente, l’attività di spionaggio Usa oggetto di discussione ora tra le capitali europee e Washington“, ha replicato Dmitri Peskov, portavoce di Vladimir Putin.

Datagate, tutte le bufale anti Usa smascherate da Clapper

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