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Sul riequilibrio finanziario pluriennale degli enti locali (il cosiddetto predissesto) sono stati in tanti ad esprimere entusiasmi e qualcuno a nutrire dubbi sin dal suo esordio legislativo (D.L. 174/2012 convertito nella L. 213/2012). Questi ultimi, non credendo alla sua attività salvifica, ritenevano che fosse stato per lo più individuato per graziare gli amministratori incapaci dalle maglie sanzionatorie del d. lgs. 149/2011. In primis, il fallimento politico dei sindaci.

Gli incidenti di percorso hanno fatto il resto. Primo fra tutti, una giurisprudenza formatasi contraddittoriamente. Con l’amara conseguenza che quanto deciso, in materia di dissesto guidato, dalle Sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti venisse congelato dai giudici amministrativi. Il D.L. 35, convertito nella L. 64/2013, che – nel concedere l’assunzione di mutui trentennali destinati ai pagamenti delle forniture arretrate soprattutto degli enti locali – ha mutato i presupposti della originaria programmazione del rientro con l’attribuzione delle sopravvenute risorse.

Stesso problema è venuto fuori dagli esiti del riparto del fondo di rotazione, destinato a dare una mano agli enti locali che vi ricorrevano nell’accedere alla procedura del cosiddetto predissesto o anti-default, a seconda se a definirla sia, rispettivamente, un pessimista o un ottimista. Una quota per residente, prevista con un massimo di 300 euro, scesa a 280 per il 2012 e precipitata a 114 per quelli resisi istanti nel primo semestre 2013.
Incongruenze prevedibili che hanno messo in rilievo la debolezza dell’istituto, ma soprattutto del concepimento della sua procedura, ove l’attribuzione delle risorse avveniva e avviene in fasi (molto) successive a quella della elaborazione del ripianamento finanziario. Come dire, programmiamo l’investimento (nel caso di specie, il risanamento principalmente delle casse municipali) senza conoscere le risorse disponibili!

Il sensibile differimento per l’approvazione del bilancio di previsione 2013 – prima al 30 settembre e poi al 30 novembre 2013 – ha fatto il resto, determinando seri problemi, considerato il naturale obbligo delle amministrazioni locali di rappresentare nel progetto di risanamento anche il preventivo riferito al 2013. Lo stesso che è stato poi prorogato a fine novembre prossimo, con la verosimile conseguenza di produrre due previsioni diverse per lo stesso periodo e contraddittorie a tal punto da rendere il piano di rientro non affatto credibile.
Una scelta, quella del rinvio, che rimanda, tra l’altro, il riconoscimento dei debiti fuori bilancio, fondamentali nella determinazione delle risorse finanziarie necessarie al perseguimento dello scopo. La messa da parte dell’IMU ha fatto il resto. Con la sua abolizione, ancorché assistita dalla compensazione solidale per l’anno in corso (quantomeno sulla prima rata) sulla base di quanto percepito ad hoc nel 2012, ha disorientato ogni genere di programmazione del riequilibrio. Lo ha fatto: a) rendendo vana ogni previsione dei necessari presupposti economico-finanziari riguardante le entrate fiscali; b) impedendo ogni verosimile calcolo sulle componenti positive tributarie sulle quali dovere fondare un credibile percorso di risanamento.

Una serie di difficoltà operative e di contraddizioni che renderanno davvero difficile il compito della Commissione ministeriale e del Magistrato contabile di pervenire, rispettivamente, a pareri e giudizi favorevoli, con la conseguenza di restituire, nell’ipotesi di mancata condivisione, ogni anticipazione finanziaria goduta, prima fra tutte quella percepita dal fondo di rotazione, istituito e reso operativo dal D.L. 174/2012. V’è insomma la possibilità, non affatto remota, di peggiorare i dati dell’economia pubblica, atteso l’obbligo, verosimilmente consequenziale, dell’amministrazione statale di dovere percepire la restituzione delle anzidette somme anticipate alle amministrazioni locali trattenendo quanto ad esse dovute a diverso titolo. Il tutto senza contare la precarietà delle decisioni politiche e delle disponibilità reali di bilancio della Repubblica che – secondo il grido d’aiuto del ministro Saccomanni, inteso anche a garantire ai cittadini la trasparenza sui saldi di bilancio – indeboliscono l’economia, rendono impossibile il risanamento e il rispetto degli ineludibili obiettivi sottoscritti a livello comunitario.

Un accaduto sottovalutato dalla politica che ha assunto, in proposito, toni anche irriguardosi nei confronti del Ministro, dimostrando ancora una volta che con il “generoso” esercizio dei conti pubblici (vedi: l’inopportuna abolizione dell’Imu e la trascurata previsione delle risorse necessarie ad evitare l’aumento dell’Iva) si vuole perdurare nelle vecchie metodologie populistiche che hanno portato all’attuale indebitamento, oramai fuori controllo.

Iva e Imu, ecco gli effetti devastanti di scelte populistiche

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