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Che le dismissioni proposte dal piano governativo Destinazione Italia siano un tema caldo lo dimostrano le numerose polemiche sorte attorno al destino dei gioielli della tecnologia militare e civile, Finmeccanica e Avio Spazio. Una di queste ha coinvolto Ezio Bussoletti, professore ordinario di Fisica e Tecnologie Spaziali presso l’Università Parthenope di Napoli, membro del consiglio di amministrazione dell’Agenzia Spaziale Italiana ed esponente del movimento turbo-liberista Fare per Fermare il declino.

In una precedente conversazione con Formiche.net, il docente ed esperto di aerospazio si era espresso a favore di una misura che proteggesse i cosiddetti “campioni” come Avio dal rischio di aggressione esterna nell’ottica di un più largo interesse nazionale. Ciò ha scatenato pesanti critiche in parte del mondo liberale.

Professore, perché tanto clamore attorno alle sue dichiarazioni su Avio?
Innanzi tutto chiariamo che il clamore proviene da una minoranza rumorosa che non rappresenta tutti coloro che hanno letto l’intervista. Probabilmente il motivo è che la gente legge gli articoli troppo affrettatamente. In effetti, apparentemente nessuno dei contestatori ha letto fino in fondo ciò che ho dichiarato, ma si è limitato a una lettura parziale e, talvolta, strumentale. Molti hanno costruito un castello partendo da una sola frase che, estrapolata dal contesto dell’intervista, può meglio collimare con le loro idee.

Di cosa è stato accusato?
Mi hanno definito uno statalista legato a logiche del passato da Prima repubblica e di voler riproporre la creazione dell’IRI.

È vero che l’economista liberista Michele Boldrin, leader di Fare, è intervenuto nella discussione? E cosa ha detto?
Michele non è volutamente intervenuto pur avendo le sue idee in merito al tema specifico. Sono io che ritengo opportuno rispondere in maniera complessiva evitando inutili polemiche nate in rete, soprattutto su Facebook, dove è consentito che chiunque esprima liberamente la sua opinione e commenti i fatti, spesso però senza avere alcuna competenza per farlo né una reale conoscenza del tema.

Quindi nessuna divergenza con la linea del suo movimento?
No, assolutamente; non può esserci perché il tema non è stato affrontato in Direzione Nazionale; quando lo faremo confronteremo le posizioni di ciascuno e arriveremo ad una posizione del Partito. Io mi esprimo come esperto e qualsiasi appunto di carattere politico potrà essermi fatto eventualmente soltanto in direzione ove ci fossero posizioni discordi. Ma è opportuno ricordare che Avio non è un caso Alitalia e un caso Telecom, aziende decotte, oberate di debiti, che sarebbe bene non salvare con i denari pubblici senza un reale e serio programma di risanamento e di rilancio. Avio è un’azienda sana, estremamente efficiente e proprio per questo è ambita da chi vuole acquisirne le competenze e la tecnologia.

In casi come quelli di Avio ritiene giusto l’intervento dello Stato?
Ripeto, è un’azienda in salute, che non deve essere salvata, ma protetta. Rimango dell’idea che è opportuno salvaguardarne l’italianità, perché è un’azienda cruciale in un settore strategico, come quello spaziale civile e militare. È un enorme valore aggiunto tecnologico e di conoscenza. Qui voglio anche ricordare che a tutt’oggi nonostante i vari tentativi nessun “cavaliere bianco” o cordata italiana si sono fatti vivi per rilevare la società. Detto ciò, io non ho nessuna contrarietà che, nell’ottica di un mercato globale come quello in cui viviamo, Avio possa avere un possesso azionario anche straniero. In questo caso però, come avviene in tutti i Paesi seri che vogliono salvaguardare i loro asset pregiati e strategici, sono necessari alcuni paletti per delimitare un perimetro di salvaguardia della Società che il governo dovrebbe immediatamente introdurre.

Quali?
In primo luogo, visto che Avio e i suoi successi nascono dall’Italia e dalla competenza italiana, le strutture operative devono restare nel nostro Paese. Analogo discorso vale per la salvaguardia delle maestranze tecniche e ingegneristiche perché sono un patrimonio nazionale che altrimenti andrebbe perduto. Se non si arrivasse a costruire queste difese accadrebbe che gli acquirenti porterebbero via le nostre migliori tecnologie spostandole in Paesi dove è più facile per loro controllare tutti i processi. Certamente, almeno agli inizi di questo processo di risucchio trasferirebbero le professionalità migliori lasciando qui una scatola vuota. Se il governo fosse capace di negoziare queste condizioni almeno per i prossimi quindici o venti anni, potremmo essere soddisfatti e allora non vedrei problemi per un eventuale azionariato straniero di Avio. Peraltro continuo a non capire perché i sacerdoti del libero mercato ad ogni costo si strappano le vesti su questo caso e non verificano cosa avviene negli altri Paesi avanzati di fronte al rischio di perdere asset strategici e validi.

Il sottosegretario alla Difesa Pinotti ha dichiarato a Formiche.net che il governo tende a questo tipo di soluzione. Pensa che ciò accadrà?
Da italiano ed esperto del Settore lo spererei; apprezzo molto il Sottosegretario Pinotti per la sua capacità di visione politica e per quanto sta facendo in molti settori delicati. Però io ritengo, come stanno dimostrando giorno dopo giorno le anomale condizioni politiche di questa maggioranza, che l’esecutivo non sia capace di fissare questi paletti. Non ne ha la forza e probabilmente le forze politiche, salvo poche eccezioni, non hanno nemmeno la cultura per valutare correttamente la delicatezza del tema. Vorrei essere smentito e ne sarei felice. Altrimenti potremo dire addio a un altro pezzo importante di ciò che resta del nostro sistema industriale.

Ecco perché si può essere liberisti anche proteggendo Avio e Finmeccanica. Parla Bussoletti

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