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Cresce il numero delle miliardarie in Cina. Le donne cinesi che hanno costruito da sole la propria ricchezza dominano la classifica stilata da Hurun Report, una sorta di Forbes asiatico, che ogni anno mette in fila i Paperoni d’oltre Muraglia.

In cima alla lista delle donne più ricche della Cina c’è la 32enne Yang Huiyan, ereditiera del colosso immobiliare Country Garden, con una fortuna stimata in 51 miliardi di yuan, pari a circa 6,1 miliardi di euro, già persona più ricca dell’intero Paese nel 2007, quando ad appena 26 anni prese le redini dell’azienda di famiglia.

Fedeli al motto “arricchirsi è glorioso”, le imprenditrici cinesi dominano a livello mondiale quando si tratta di fortune accumulate con i propri mezzi. Sono sei tra le prime dieci al mondo (link in cinese).

Prima in classifica è Chen Lihua, 72enne guida della Fu Wah, con una ricchezza di 37 miliardi di yuan costruita nel settore dell’edilizia, presente lo scorso anno tra le 100 personalità più influenti al mondo secondo Time per il suo impegno nel campo della filantropia.

A seguire nella speciale classifica spicca il nome di Rosalia Mera, la fondatrice di Zara, morta lo scorso agosto. Tra le prime dieci imprenditrici “self-made” secondo Hurun c’è anche un’italiana, Giuliana Benetton, settima accanto alla star statunitense Oprah Winfrey.

“Quella delle ricche imprenditrici cinesi non è più una storia legata alla Repubblica popolare. È una storia globale per il crescente riconoscimento internazionale che stanno avendo”, ha spiegato Rupert Hoogwerf, presidente di Hurun, citato dal China Daily.

Le ragioni di questo successo, continua Hoogwerf, questa volta dalle colonne del britannico Guardian, sono dovute a “diverse dinamiche in gioco”. Una di queste è la controversa politica del figlio unico, sottolinea il presidente di Hurun. Un solo figlio vuol dire meno interruzioni nella carriera lavorativa. A questo si aggiunge il fatto che in Cina i figli sono affidati spesso ai nonni, lasciando più tempo ai genitori.

Tuttavia la pianificazione familiare è al centro di discussioni, non soltanto per gli abusi e le violazioni dei diritti umani di cui si macchiano i funzionari per rispettare le direttive, ma anche di carattere economico, per le conseguenze demografiche che sta avendo e che negli anni, con una popolazione sempre più vecchia, peseranno sul sistema cinese in termini di previdenza e di forza lavoro.

Il sito Quartz cita inoltre una ricerca del Rollins College, risalente all’anno scorso, che lega l’imprenditoria femminile alle difficoltà a farsi assumere o dover lavorare per stipendi più bassi rispetto alle controparti maschili. Anche in questi casi, continua lo studio, le donne sono spesso messe ai margini dalle importanti reti di conoscenze personali necessarie nella cultura degli affari cinese.

Quest’anno il numero delle miliardarie cinesi con ricchezze superiori ai 10 miliardi di yuan è però salito a 17, tre in più rispetto al 2012. In una Cina che ha come nuova parola d’ordine l’urbanizzazione delle città medio piccole e che punta su uno sviluppo qualitativo e non più quantitativo, non sfugge che un quarto delle donne più ricche del Paese arrivi dal settore immobiliare, contro il 18 percento del mondo finanziario e degli investimenti. Mentre appena il 9 percento dal manifatturiero.

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