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Lo scandalo Datagate non si placa neanche quando i riflettori della stampa internazionale sono puntati su Medio Oriente ed Egitto. Se oggi il Washington Post rincara la dose, parlando di migliaia di violazioni della privacy commesse dagli agenti della Nsa, (l’americana National Security Agency), la Cina passa all’attacco portando nei tribunali di Pechino colossi high-tech made in Usa come Ibm, Oracle ed Emc.

La reazione di Pechino

Il ministro della Sicurezza cinese e un centro di ricerca governativo stanno lavorando per avviare un processo con imputati come Ibm, Oracle e Emc per questioni di sicurezza, ha spiegato venerdì Shangai Securities News. Il report, sottolinea Reuters, segue le rivelazioni della talpa Edward Snowden sulle intercettazioni della Nsa, che avrebbe spiato anche reti strategiche di università cinesi e di Hong Kong.

I documenti resi pubblici da Snowden rivelano che, sotto il programma governativo Prism, la Nsa ha avuto accesso a moltissimi dati internet, tra cui email, chat e video di colossi del web come Facebook e Google. “Al momento, grazie alla loro superiorità tecnologica, molti dei nostri sistemi informatici sono dominati da produttori stranieri di hardware e software, ma lo scandalo Prism implica che ci sono problemi di sicurezza”, ha scritto il giornale citando una fonte anonima.

Il periodo di Snowden presso Dell

Secondo la stampa americana Edward Snowden, la ‘talpa’ del Datagate, avrebbe iniziato a scaricare i documenti sui programmi di spionaggio americani quando lavorava a Dell nell’aprile 2012, quindi prima di quanto inizialmente previsto. L’attenzione è stata finora concentrata soprattutto sui suoi tre mesi di lavoro a Booz Allen, nel 2013.

La Cina ha accusato più volte gli Stati Uniti di spionaggio, e le rivelazioni di Snowden le hanno fornito la base per puntare il dito contro l’ipocrisia di Washington e per avviare indagini sulle modalità con cui società nazionali e straniere gestiscono i loro affari nella seconda economia al mondo.

Le accuse del Washington Post

E a buttare benzina sul fuoco è oggi il Washington Post, secondo cui la Nsa avrebbe commesso “migliaia” di violazioni delle leggi sul rispetto della privacy, da quando il Congresso le ha riconosciuto maggiori poteri, nel 2008. Il Washington Post cita dati emersi da una verifica interna e da altri documenti segreti, e in uno di questi si afferma che la Nsa ha ordinato al proprio personale di alterare i rapporti destinati al Dipartimento di Giustizia e all’Ufficio del direttore dell’intelligence nazionale, usando un linguaggio generico piuttosto che dettagli specifici.

Stando alla revisione interna del maggio 2012, la Nsa ha riferito di 2.776 incidenti nei precedenti 12 mesi riguardanti “raccolta, archiviazione, accesso o divulgazione non autorizzati di comunicazioni legalmente protette”. Se la maggior parte delle violazioni sono state non intenzionali, altre sono state il risultato di errori o di violazioni delle normali procedure.

La replica della Nsa

“Siamo un’agenzia gestita da esseri umani e che opera in un ambiente complesso con tanti e diversi regimi normativi, ecco perché a volte ci ritroviamo dalla parte sbagliata della barricata”, ha detto un alto funzionario della Nsa al Wp alla richiesta di un commento.

Ibm

Ibm, Oracle e Emc, i colossi Usa che fanno infuriare la Cina

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