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L’ex Presidente diessino della Camera? Da “suggeritore” delle toghe, spietate nel distruggere – negli anni del “terrore”, dei suicidi nelle celle e delle tricoteuses – la DC di Andreotti e Forlani e il declinante – a causa degli errori, politici, di Craxi – PSI di Bettino ad ancora di salvezza di Berlusconi con il “lodo Violante”. È la politica, Cavaliere, o l’italico trasformismo?

Ovviamente, e legittimamente, Silvio e il Pdl hanno sperato che, grazie all’abilità diplomatica di Violante, personaggio ritenuto in sintonia con il Quirinale, si potesse ottenere una dilazione dei tempi della temuta espulsione del Cav. dal Senato, con il ricorso alla Consulta sulla costituzionalità, o meno, della legge Severino. Speranza infondata.
Dopo le sue esternazioni, favorevoli ad assicurare il diritto alla difesa all’odiato nemico del centrosinistra, l’ex magistrato di Torino è stato sottoposto a forti pressioni, dal vertice e dalla base del Pd, che hanno indotto Antonio Polito, editorialista del “Corriere della sera”, non ostile ai progressisti, a parlare di tentativo di “linciaggio”.
E, ieri, mentre stava parlando alla festa nazionale del Pd, un quarantenne genovese gli ha tirato l’acqua di una bottiglietta in testa.

Insomma, il “pugno del partito” (ex?) comunista si è fatto sentire su don Luciano, che già in serata ha inasprito la sua posizione sulla difesa di Berlusconi, bocciando le tesi contenute nel ricorso del capo del Pdl alla Corte di Giustizia di Strasburgo.
Insomma, alla sinistra giustizialista, il Violante neo garantista non piaceva affatto.
Meglio il politico degli anni 90, che venne ritenuto l’ispiratore delle “toghe rosse”, legate al Pci-PDS, e dei processi politici a Giulio Andreotti e a Giacomo Mancini.
Del resto, fu proprio il parlamentare torinese che, per primo, tentò l’assalto giudiziario alla neonata Forza Italia e a Berlusconi, subito dopo la sua discesa in campo. Che fu decisa anche allo scopo di impedire che, nell’eventualità di una vittoria elettorale della “gioiosa macchina da guerra” di Achille Occhetto, Violante venisse nominato ministro della Giustizia.

Una settimana prima della vittoria del centrodestra alle elezioni del 1994, l’allora Presidente della commissione antimafia fece filtrare l’indiscrezione che Marcello dell’Utri, molto vicino a Silvio, era indagato, a Catania, per traffico d’armi e collusione con i boss. Augusto Minzolini, allora cronista de “La Stampa” e oggi senatore del Pdl, lo scrisse sul quotidiano torinese, scatenando una bufera politica, che indusse Violante a dimettersi.
Ma, ormai, la strada era tracciata : se non riesce a sconfiggere l’Uomo di Arcore nelle “gabine” elettorali, la sinistra può ricorrere all’uso politico della giustizia e ai graditi aiutoni dei “compagni” in toga.

P.S. Ieri Paolino Mieli ha sentenziato: “Il Berlusca non ha scampo!”.
Si tratta dell’ex direttore del “Corriere della Sera“, che schierò, nel 2006, il giornalone di via Solferino a sostegno di Prodi, con un editoriale, la domenica del voto. Una vittoria effimera, quella di Romano, che restò a Palazzo Chigi solo 2 anni e fu affondato dalle truppe mastellate di don Clemente, lo statista di Ceppaloni, indagato, insieme alla moglie, donna Sandra, mentre era il pensoso e “indultista” Guardasigilli del secondo, debole esecutivo del Professore.

Il pugno del Pd sul Violante garantista

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