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L’Arabia Saudita avrebbe rivolto alla Russia, di recente, un’offerta difficile da rifiutare in termini di vantaggi economici. In cambio, non della revoca, ma solo di una riduzione del sostegno tradizionalmente prestato dal Cremlino al regime di Bashar al-Assad. A riferirlo, in via riservatissima, fonti diplomatiche tanto mediorientali quanto occidentali, secondo cui la proposta sarebbe stata formulata direttamente al presidente russo Vladimir Putin in persona dal capo dei servizi segreti di Riad, principe Bandar bin Sultan, in occasione di una visita a Mosca di quest’ultimo risalente alla settimana scorsa.

I termini dell’accordo
L’iniziativa, confermata anche negli ambienti dell’opposizione siriana, sarebbe stata preceduta da “intensi contatti preparatori” tra le due parti, e s’impernierebbe su due capisaldi: un mega-contratto per l’acquisto di armi dalla Federazione dal controvalore pari ad almeno 15 miliardi di dollari, equivalenti in euro a oltre 11,2 miliardi; e l’impegno del regno wahabita a non interferire con il gas proprio e dei Paesi vicini nelle transazioni che Mosca mantiene nel settore con l’Europa, della quale è attualmente il principale fornitore. Come contropartita, Riad chiederebbe appunto un sensibile calo dell’appoggio moscovita allo storico alleato regionale: in particolare, la Russia dovrebbe accettare di non bloccare più con il suo veto alcuna risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sulla Siria, censure o condanne comprese, come invece in passato ha già fatto per ben tre volte, insieme alla Cina. Il faccia a faccia tra il principe Bandar e Putin sarebbe durato addirittura quattro ore. “I sauditi erano entusiasti del suo esito”, hanno assicurato alcune tra le anonime fonti diplomatiche, mentre a detta di altre il leader del Cremlino si sarebbe limitato a tergiversare: non solo per ragioni di supremazia politica, ma anche perché a Mosca prevarrebbe al momento il timore che le autorità di Riad, in realtà, non dispongano di un piano chiaro e concreto per garantire la stabilità in Siria nell’ipotesi in cui Assad finisse per cadere.

Le prime mosse della Russia
Comunque, con una possibile dimostrazione di buona volontà da parte russa, Mosca dopo l’incontro tra i due interlocutori avrebbe premuto sul regime di Damasco per indurlo ad accettare l’arrivo di una delegazione di esperti dell’Onu, chiamati a indagare sull’eventuale utilizzo di armi chimiche nel corso del conflitto: non a caso, il 1 agosto lo stesso Palazzo di Vetro ha annunciato che gli ispettori “partiranno non appena possibile”, e comunque presto. Il capo dell’intelligence saudita, hanno aggiunto le fonti, con Putin avrebbe puntato su di una “attenuazione di due tra le principali preoccupazioni russe”: vale a dire, il possibile “rimpiazzamento di Assad e del suo clan con gli estremisti islamici”, la cui forza tra le file insurrezionali è crescente; e uno scenario in cui una Siria “liberata” diventi “canale di transito privilegiato per il gas del Golfo Persico, e segnatamente per quello del Qatar, a spese delle forniture russe” all’estero.

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