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Ieri per puro caso mi sono imbattuto in un incontro organizzato presso il Caffé della Versiliana, con Luca Telese e Susanna Camusso. Il titolo dell’evento era “L’Italia è ancora una Repubblica fondata sul lavoro?”.

Mi sono unito alla folla presente per ascoltare le posizioni e i suggerimenti del Segretario della CGIL, Susanna Camusso e devo essere sincero. Mi ha piacevolmente stupito.

Camusso ha parlato dei problemi “reali” del Paese. L’Italia ha bisogno di provvedimenti economici urgenti e risolutivi. Esatto, è quello che penso anche io. Ho ascoltato fino all’ultimo minuto l’intervento di Camusso perchè aspettavo di sentire alcune cose che poi effettivamente sono state dette.

Il tema del lavoro gira sempre attorno a problemi noti e vecchi: flessibilità, contratti di lavoro e reddito. Mai, o molto raramente, si parla di lavoro partendo dal concetto di “istruzione” e di “investimento”. Sembra che per esperti e non, il lavoro come tema debba essere affrontato sempre e solo dal punto di vista di chi il lavoro lo ha, lo sta per perdere o lo ha già perso. In che modo si pu creare ricchezza? In che modo rivalorizzare il “lavoro”?

Avrei voluto chiedere molte cose a Camusso, ma non c’è stata occasione. Domani sera ci sarà l’incontro con il Ministro del Lavoro Giovannini, spero di aver occasione di fare delle domande. Il problema del lavoro in Italia è sicuramente legato alla forte % di tasse che gravano solo sulle spalle dei lavoratori subordinati, mentre non viene fatto alcun intervento di redistribuzione della ricchezza né di equità.

Tassare il lavoro dipendente è sempre la soluzione più semplice e la più dannosa. Non a caso, come evidenzia Camusso, il reddito da lavoro è tassato molto più che il reddito prodotto dalle rendite finanziarie. Questo, però, è solo un aspetto del problema ed è sicuramente grave e urgente. Ma che dire del lavoro futuro?

Due sono le categorie non valorizzate di questo Paese: donne e giovani. In che modo è possibile rivoluzionare una situazione economica e lavorativa come quella presente? Davvero difficile da dirsi, però, potremmo partire con una riforma vera del’istruzione e con un programma di investimenti forte nell’ambito produttivo. L’Italia è la seconda industria d’Europa, una delle economie più importanti del mondo, ma sta andando molto male e presto potremmo perdere queste posizioni di vantaggio. Tra mondo produttivo-industriale e istruzione c’è uno scollamento eclatante. Così, molti laureati non servono per le mansioni che invece sono richieste, altri sono troppo “istruiti” per eseguire mansioni comuni e molti altri lavori sono ormai desueti e sorpassati.

Mancano gli investimenti nei settori strategici, istruzione e ricerca. Molte facoltà non servono realmente, andrebbero soppresse o modificate. Molte industrie sono ancorate a modelli produttivi di venti o trenta anni fa, e questo significa perdere terreno, competitività.

Il modello tedesco è interessante e vorrei porre il problema all’attenzione del Ministro del Lavoro. Perché non introdurre il meccanismo dell’ausbildung tedesco, anche da noi? Per ogni attività lavorativa/produttiva/professionale esiste un percorso a cavallo tra lavoro e istruzione. Un momento di formazione/lavoro obbligatorio.

Questo vale per ogni attività/professione. Dal panettiere al cassiere, dal ferroviere al farmacista, dall’avvocato al medico. Tirocini, potremmo chiamarli, ma non come quelli italiani. Sono attività sponsorizzate anche dal pubblico e retribuite. Uno strumento che dovrebbe sostituire lo stage non retribuito, ed essere parte integrante del percorso di studi.

Obiettivo: connettere le esigenze del lavoro e del mondo produttivo a quelle dell’istruzione, e viceversa. Sia chiaro, non un percorso di subordinazione dell’istruzione alle attività economiche, ma una razionalizzazione e cooperazione tra settori della ricerca e dell’economia.

La ricchezza può essere creata in primis, investendo su chi dovrà entrare nel mercato del lavoro da ora ai prossimi anni e quindi, investire sul futuro. Senza ignorare le situazioni di precarietà presente e di casi di disoccupazione di lunga durata che colpiscono soprattutto, oggi, over 50 maschi. A questo scopo, un reintegro nel mercato del lavoro è possibile previa formazione adeguata. E ancora una volta occorrono risorse, che possono essere recuperate attraverso investimenti che mirino al guadagno di lungo periodo e non a tagli o risparmi sparpagliati attraverso più tasse sul lavoro dipendente. In questo caso, la fiscalità progressiva sarebbe un segno di intelligenza politica e di equità.

Attendo con ansia l’incontro di domani sera per conoscere i progetti del Governo sul tema del lavoro, e spero di sentire parlare di più di istruzione e investimenti, anziché di tasse e risparmi.

 

Incontro con Susanna Camusso, la Repubblica italiana e il lavoro

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