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Il liberale e liberista manager transazionale della Fiat, Sergio Marchionne, adesso invoca lo Stato. A dir la verità non è la prima volta, visto che anche durante il governo Berlusconi regnante fu approvata una norma ad hoc che diede legittimità normativa agli accordi aziendali di Pomigliano. Ma tant’è, anche i liberali e liberisti a volte chiedono soccorso allo Stato: a volte sotto forma di sussidi espliciti o impliciti come nel caso della cassa integrazione (in via di esaurimento, cinquetta maliziosamente stamattina l’ex top manager del gruppo Fiat, Riccardo Ruggeri), a volte sotto forma di interventi legislativi ad hoc.

I rapporti con Confindustria

A Marchionne non difetta certo la sincerità: “Abbiamo chiesto con urgenza al Governo italiano di varare delle misure che rimedino a questo vuoto ma per ora non vediamo niente”, ha detto ieri l’amministratore delegato di Fiat commentando il chiarimento della Corte Costituzionale sulla sentenza Fiat-Fiom e sulla necessità di uno sforzo normativo che tolga ogni ombra di incertezza al quadro giuridico relativo alla rappresentanza. Per Marchionne, “se le condizioni in Italia restano come quelle attuali, è impossibile gestire bene le relazioni industriali e quindi, anche se ci impegnassimo sugli investimenti, sarebbe un impegno a vuoto”. E pure il Sole 24 Ore posseduto da quella Confindustria snobbata e quasi vilipesa da Marchionne corre in soccorso delle tesi del capo azienda del Lingotto oggi con un pezzo che testimonia tutti gli svantaggi (fiscali, giuridici e burocratici) cui devono sottostare le aziende che investono e operano in Italia.

I rapporti con i sindacati

Mentre Marchionne invoca l’intervento del governo, cerca una intesa anche con la Fiom-Cgil guidata da Maurizio Landini: “Stiamo ancora cercando di capire le implicazioni dell’ultima sentenza per le nostre attività in Italia” e “stiamo organizzando un incontro con il sindacato che è al centro di questo contenzioso. Vedremo il risultato”. Fiat “resta aperta a cercare soluzioni che possano garantire l’operatività delle attività in questione. Non abbiamo pregiudizi ma siamo fortemente determinati a trovare una soluzione duratura nel tempo”.

Le critiche del Fatto

Gli unici a non essere incantati dalle parole di Marchionne, che ottiene un plauso in prima pagina pure dal Giornale diretto da Alessandro Sallusti che su questo tema eredita le battaglie di mesi, anzi di anni, del Foglio diretto da Giuliano Ferrara che ha assecondato tesi e infatuazioni del capo azienda del Lingotto spesso in chiave anti confindustriale, sono giornalisti e redazione del Fatto Quotidiano. Il giornale diretto da Antonio PadellaroMarco Travaglio dedica infatti l’editoriale di prima pagina a Fiat e a Marchionne. Nell’editoriale, firmato dal responsabile economia Stefano Feltri, si criticano tra l’altro le parole dell’ad della Casa torinese sull’Alfa: “Marchionne minaccia di spostare la produzione dell’Alfa Romeo all’estero”. “Quel genio di Marchionne – chiosa il Fatto – prima si rifiuta di vendere il marchio alla Volkswagen, che lo avrebbe coccolato come sta facendo l’Audi con la Ducati, poi lo svilisce, spiegando che un’Alfa si può fare ovunque, non solo in Italia”.

 

Il liberale Marchionne invoca lo Stato

Il liberale e liberista manager transazionale della Fiat, Sergio Marchionne, adesso invoca lo Stato. A dir la verità non è la prima volta, visto che anche durante il governo Berlusconi regnante fu approvata una norma ad hoc che diede legittimità normativa agli accordi aziendali di Pomigliano. Ma tant'è, anche i liberali e liberisti a volte chiedono soccorso allo Stato: a…

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