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Cinquanta persone sono rimaste uccise negli scontri tra la polizia e sostenitori dell’ex presidente egiziano, Mohamed Morsi. Le proteste di ieri al Cairo sono le più violente degli ultimi due mesi. Ad agosto le forze militari egiziane hanno sfrattato i sostenitori dei Fratelli musulmani, ma ieri i militanti islamici sono tornati in piazza. Più forti e senza paura.

La manifestazione di ieri è cominciata come la commemorazione del 40esimo anniversario della guerra arabo-israeliana di Kippur nel 1973 ed è finita in tragedia. Secondo il ministero della Sanità, 45 persone sono morte al Cairo e altre cinque a sud della capitale. Tutti colpiti al petto e in testa. In totale sono stati registrati 268 feriti e tra le vittime non ci sono poliziotti.

Quando i sostenitori di Morsi hanno cercato di radunarsi al centro del Cairo gli agenti hanno aperto il fuoco e lanciato gas lacrimogeni. Il ministero dell’Interno ha confermato che 423 persone sono state arrestate con l’accusa di atti di vandalismo e per aver esploso colpi di arma da fuoco. Anche a Suez, Alessandria e Delga si sono verificate altre proteste.

L’attuale governo egiziano ha avvertito che qualsiasi protesta contro le forze armate sarà considerata un crimine. “Non è degno trasformare la battaglia contro le autorità in un conflitto contro la nazione”, ha detto il portavoce della presidenza, Ahmed al Muslimani. Il ministero dell’Interno ha detto che impedirà qualsiasi azione fuori dalla legge o qualsiasi tentativo di ostacolare i servizi e il transito.

La nuova Costituzione egiziana dovrebbe essere pronta a novembre, ma il cammino verso le elezioni a gennaio è tutt’altro che prevedibile.

Egitto, torna l’incubo delle proteste

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