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Aveva ragione quel banchiere centrale quando diceva che la crisi è un’occasione troppo ghiotta per essere sprecata. L’eurozona infatti ha messo a segno un risultato rilevante nella sua storia recente: dagli ultimi mesi del 2011, infatti, il suo saldo commerciale è stato sempre positivo, dopo una lunga serie di deficit iniziata almeno da gennaio 2006, ossia da quando parte la serie diffusa da Eurostat nella sua ultima rilevazione sul commercio estero dell’Ue.

Insomma, sembra che la strategia dell’Orso dell’Ue a 17 (presto 18 con la Lettonia) stia funzionando. Quindi godersi il letargo mentre fuori infuria la bufera, dimagrendo il necessario per correggere gli squilibri interni, lasciando che la domanda di beni estera del mondo faccia il resto.

I dati Eurostat dicono che il surplus commerciale a maggio 2013 con il resto del mondo ammonta a 15,2 miliardi di euro, a fronte del surplus di 6,6 miliardi registrato a maggio 2012. Adirittura il saldo è stato positivo per 14,4 miliardi nell’aprile 2013 a fronte di un attivo commerciale di “appena” 3,3 miliardi nell’aprile 2012.

Insomma: il 2013 è l’anno della svolta per il commercio estero dell’area, complice i duri colpi dell’austerità che hanno fatto crollare le importazioni, ma anche la leggera ripresa di Usa e Giappone, che ha fatto ripartire la domanda interna in questi paesi, a differenza di quelli dell’Ue.

Quanto paghi questa strategia in termini di crescita è presto per dirlo. L’export netto è una componente del Pil, ma non l’unica, ed è evidente che spingere troppo sul pedale dell’austerità o del taglio alla spesa pubblica può pure migliorare il saldo estero, ma alla lunga affossa il Pil.

Il dato Eurostat diventa molto più interessante, tuttavia, se dall’aggregato riferito all’area passiamo ai singoli paesi dell’Ue a 27. I dati fanno riferimento al confronto fra il periodo gennaio-aprile 2012 e il gennaio-aprile 2013.

Viene fuori che i campioni dell’export sono stati, come era prevedibile, Germania e Olanda. La prima passa dal surplus di 59,3 miliardi a 67,3; la seconda da 16,2 a 19,2. Il Belgio è stabile, da 3,1 mld di attivo a 3,6.

Se andiamo nel dettaglio scopriamo però che la crescita del valore del saldo commerciale tedesco è il frutto di una contestuale diminuizione di import e aumento di export (entrambi dell’1%), mentre per l’Olanda, che pure non dovrebbe avere problemi di austerità, il calo dell’import è stato del 3% rispetto a una diminuizione di export dell’1%.

Anche i ricchi piangono miseria.

Se dai paesi core ci spostiamo negli ex Piigs, vediamo ad esempio che l’Italia, che pure è passata da un deficit di 4,2 miliardi a un attivo di 4,7, ha visto crescere le esportazioni di un miserello 1% a fronte di un crollo del 6% delle importazioni, la Spagna ha avuto un aumento del 7% delle esportazioni a fronte di un calo del 4% delle importazioni, la Grecia un aumento dell’8% dell’export a fronte di una diminuizione del 6% dell’import, il Portogallo un aumento del 4% dell’export a fronte di un calo del 3% dell’import, e infine l’Irlanda, che ha visto crollare l’export del 6% a fronte di un calo del 4% dell’import.

La conseguenza è che i saldi commerciali per questi paesi sono migliorati (tranne che per l’Irlanda che però ha ancora un attivo commerciale di 12,1 miliardi), ma non abbastanza. Mentre l’Italia deve fare evidentemente di più per portare l’increento annuale di export almeno al livello percentuale della Spagna, per quest’ultima e la Grecia e il Portogallo la cura tedesca della competitività dovrà essere ulteriormente rafforzata, visto che il saldo commerciale è ancora negativo, anche se meno di prima, e il conto corrente pure.

I dati diffusi oggi dall’Istat sul nostro commercio estero confermano quest’andazzo. Il nostro saldo commerciale si giova, sia a livello tendenziale che congiunturale, del combinato disposto fra calo dell’import e aumento dell’export o al limite, come nel caso del dato relativo all’ultimo trimestre 2013, a una diminuizione dell’export (-0,5%) minore di quella dell’import (-3,1%). Mentre la gran parte del surplus di 3,9 miliardi registrato a maggio 2013 (tre miliardi in più rispetto al dato di maggio 2012) deriva per la gran parte (pari a 3 miliardi) dai paesi extra Ue. Gli unici, evidentemente, che comprano qualcosa.

La strategia dell’Orso può pure funzionare.

Ma si rischia l’inedia.

La crisi fa decollare il commercio estero dell’eurozona

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