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Cina, Russia, Cuba, Venezuela, Ecuador. Il piano di volo, o presunto tale di Edward Snowden, con meta finale l’asilo politico, passa per alcuni dei Paesi chiave della geopolitica statunitense.

C’è il rivale di oggi, la Repubblica popolare, i cui rapporti con Washington oscillano tra il G2 spesso tirato in ballo dalla stampa, l’interdipendenza, la diffidenza e il muro contro muro.
C’è la Russia, l’antagonista del passato con cui dall’inizio del suo primo mandato presidenziale Barack Obama avrebbe voluto instaurare nuovi e più sereni rapporti. Obiettivo che sembra allontanarsi con l’assertività del terzo mandato di Vladimir Putin, con le divergenze sulla questione siriana, con le accuse russe rivolte a Washington di fomentare l’opposizione al Cremlino.
C’è l’isola dei Castro, spina nel fianco degli Usa da ormai cinquant’anni e ci sono i due governi, venezuelano ed ecuadoriano, parte dell’ondata “integrazionista” che, non senza contraddizioni, ha rivendicato l’autonomia dell’America Latina dal potente vicino e abbandonato il ruolo di “cortile di casa” degli Stati Uniti.

Ieri, la partenza da Hong Kong della fonte delle rivelazioni sul programma di sorveglianza dell’agenzia per la sicurezza nazionale ha colto un po’ tutti di sorpresa. Per primi gli stessi statunitensi che sabato avevano formalmente accusato l’ex consulente dell’Nsa di spionaggio e furto di proprietà del governo. Già ci si attendeva una lunga battaglia legale per evitare l’estradizione dall’ex colonia britannica in cui Snowden si era rifugiato e dalla quale, da un luogo nascosto e sicuro, continuava a fare rivelazioni.

Le ultime due in ordine di tempo, affidate al quotidiano South China Morning Post, sullo spionaggio contro l’università Tsinghua a Pechino, l’ateneo in cui si forma l’élite della Rpc, e sulle reti di telefonia mobile cinese.

Con una nota il governo locale di Hong Kong ha detto che la richiesta d’estradizione presentata dagli Usa era incompleta. Nell’attesa di nuova documentazione l’ex dipendente della Booz Allena Hamilton era già in viaggio per Mosca con il sostegno di WikiLeaks. Ufficialmente di sua spontanea volontà, sebbene il suo avvocato nell’ex colonia britannica abbia parlato di pressioni di Pechino affinché partisse. Un modo per la dirigenza cinese di affrancarsi da un caso diplomatico che le dava più di un grattacapo, ma nel quale sono emerse particolari sui programmi Usa di spionaggio che rendono più difficile per gli statunitensi criticare e denunciare le violazioni informatiche di Pechino.

Nella capitale russa di lui si sono nuovamente perse le tracce. L’Ecuador con un messaggio twitter del ministro degli Esteri ha confermato di aver ricevuto domanda d’asilo, già concesso dal governo di Correa al fondatore dell’organizzazione per la trasparenza, Julian Assange, da oltre un anno costretto nell’ambasciata ecuadoriana di Londra in uno stallo diplomatico che proprio in questi giorni i due governi stanno cercando di risolvere.

Le agenzie russe danno Snowden in procinto di imbarcarsi per l’Havana, da lì Caracas e infine Ecuador, sebbene la meta finale non sia ancora certa. Il primo volo utile per Cuba è alle 14 ora russa. Gli Usa intanto hanno revocato il passaporto al 29enne ex tecnico della Cia e intimato ai Paesi coinvolti di non bloccarlo, in una caccia all’uomo che mette in imbarazzo Washington.

Ecco tutti gli spostamenti di Snowden in fuga da Hong Kong

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