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In Occidente, il “Pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova era” e la campagna del Partito Comunista Cinese per diffonderne i principi vengono spesso interpretati come strumenti di indottrinamento e lavaggio del cervello, con l’accusa che il presidente cinese stia utilizzando il suo “pensiero” per esaltare la propria persona e ambire a un livello di semi-divinità precedentemente riservato solo a Mao.

Tuttavia, in occasione della lezione inaugurale della diciassettesima edizione della TOChina Summer School, Patricia Thornton, professoressa associata presso l’Università di Oxford, ha messo in discussione tale prospettiva. Secondo Thornton, il “pensiero” del presidente Xi così come diffuso dalla propaganda non corrisponde veramente all’ideologia personale del leader. Piuttosto, si tratta del prodotto di specifiche tendenze e correnti di pensiero attualmente presenti all’interno del Partito. In altre parole, il “Pensiero di Xi Jinping” e tutti i concetti ad esso correlati (i “due stabiliti,” le “due salvaguardie,” i “quattro principi comprensivi,” le “quattro fiducie in sé stessi,” il “ringiovanimento nazionale,”ecc.) sono da vedere come il frutto di un esercizio intellettuale collettivo del Partito. Thornton interpreta tale processo di centralizzazione del potere sotto la leadership di Xi come una risposta generale al malcontento causato dall’apertura del Partito ai capitalisti e la promozione della cosiddetta democrazia interna, due cose che sono stati visti dalla maggioranza dei membri come una minaccia alla coesione del partito e dunque, alla sua capacità di resistere interferenze straniere.

Per Thornton, quindi, il culto della personalità attorno al presidente cinese è da intendere come un progetto collettivo piuttosto che come il prodotto dei desideri narcisistici di un dittatore. Inoltre, la rapidità con cui questo culto sia emerso in Cina suggerisce quanto esso goda di ampio sostegno da parte di molti membri del Partito, soprattutto considerando che ciò fosse stato vietato dopo la morte di Mao. Inoltre, anche la scelta di costruire un culto attorno alla persona di Xi – un individuo poco noto per il suo carisma personale prima dell’ascesa – indica l’esistenza di una volontà collettiva dietro al progetto. Infatti, proprio la mancanza di un carattere forte da parte del leader, sostiene Thornton, avrebbe facilitato il consolidamento del Partito attorno a lui e la sua trasformazione da individuo a personalità pubblica su cui il Partito potesse attaccare i propri obiettivi ideologici.

Per quanto riguarda le motivazioni dietro la reintroduzione del culto della personalità, Thornton respinge l’idea che sia finalizzato a compensare una presunta mancanza di sostegno popolare in quanto è evidente che sia il Partito che lo stesso Xi già godono di ampio consenso tra la maggioranza dei cittadini cinesi (come confermano i sondaggi condotti dalla Harvard Kennedy School). La studiosa nega anche l’ipotesi che il Partito stia utilizzando il culto per mostrare la sua forza e scoraggiare così il dissenso. Dopotutto, anche gli autocrati spesso sono consapevoli del fatto che i rituali generano un supporto che è solo apparente. Pertanto, Thornton sostiene che il culto attorno a Xi in realtà sia stato promosso dal Partito per mobilitare le masse ad affrontare quella che è la nuova principale contraddizione che affligge il paese, ossia l’inadeguatezza dell’attuale modello di sviluppo, i benefici del quale non tutta la popolazione ha potuto godere in misura uguali e i conseguenti squilibri socio-economici che contrastano con il crescente desiderio comune per una vita migliore.

Un esempio tangibile di questo nuovo orientamento sono i “centri di pratica della civiltà della nuova era” spuntati in varie parti del paese, i quali si servono di volontari locali per realizzare progetti e offrire servizi alla comunità. I loro sforzi nel mettere in pratica il Pensiero di Xi Jinping – spaziando dal contribuire alla raccolta dei meloni all’assistere l’implementazione della politica zero-COVID – sono poi documentati da “centri multimediali integrati” che hanno il compito di pubblicizzare tali gesta attraverso canali sia tradizionali che digitali come i social network.

Secondo Thornton, questo approccio andrebbe inteso come una delle risposte alla crisi finanziaria in cui si trovano molti governi locali cinesi a causa dei costi sostenuti nell’implementazione della politica zero-COVID. Disponendo attualmente di risorse sempre più limitate per fornire i servizi pubblici richiesti, le autorità in varie città della Cina si affidano ai volontari dei “nuovi centri di civiltà” per abbassare le spese. Allo stesso tempo, gli articoli e i post online prodotti dai da “centri multimediali integrati” servono a creare l’illusione che il governo stia facendo tutto il possibile al servizio dei cittadini anche quando è sempre meno capace di farlo in maniera effettiva. La professoressa ha parlato di “governance performativa” per descrivere questa strategia.

Tuttavia, Thornton nutre dubbi sull’efficacia pratica del Pensiero di Xi Jinping nell’affrontare e risolvere le contraddizioni che sta vivendo la società cinese. Mentre il governo cinese dice che ben il 14,9% della popolazione si sarebbe arruolato come volontario nei nuovi centri di civiltà,un report (ora rimossa dall’internet) della ONG cineseHezhong Zeyi mostra che la maggior parte dei centri ha meno di quattro dipendenti e che più del 90% del lavoro è svolto dal personale del Dipartimento di Propaganda del Partito. In altre parole, l’influenza e la capacità di mobilizzazione di questi centri è molto limitata.

Detto ciò, l’esternalizzazione del lavoro di propaganda a volontari locali e figure meno esperte potrebbe porre seri rischi per la legittimità dello Stato-Partito, ha detto la Thornton. Se da un lato l’empowerment di attori locali favorisce la penetrazione più o meno capillare del Pensiero di Xi Jinping nella società, dall’altro ciò potrebbe compromettere l’efficacia delle iniziative nazionali sul piano locale, o persino involontariamente distorcere quella che era l’ideologia originariamente imposta dall’alto, mettendo a repentaglio i piani politici del Partito.

Uno sguardo dentro al culto della personalità di Xi Jinping

Di Leonardo Bruni e Amanda Chen

Per Patricia Thornton, professoressa di Oxford intervenuta alla TOChina Summer School, il culto della personalità attorno al presidente cinese è da intendere come un progetto collettivo piuttosto che come il prodotto dei desideri narcisistici di un dittatore

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