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Non c’è bisogno di attraversare gli oceani o di affrontare decine di migliaia di kilometri per trovare gli Emergenti in cui le società occidentali esternalizzano la loro produzione. Bassi costi e pressione fiscale tenuta a freno si possono trovare anche nell’Europa centrale e dell’Est. E la regione beneficia così di una ripresa dell’export verso l’eurozona che alimenta la sua fragile crescita.

L’importanza dell’export

La ripartenza tedesca, sottolinea il Financial Times, torna ad essere una manna dal cielo per Polonia, Repubblica Ceca ed Ungheria, che producono per i clienti berlinesi e assumono con i soldi di Mercedes, Audi e Volkswagen. Ma non solo auto. La storia si ripete per elettronica ed arredamenti. I dati sul Pil del secondo trimestre del 2013 per l’area Cee (Central and Eastern Europe) mostrano infatti che l’export resta il volano principale della crescita della regione. “Il 2013 sarà un anno record per noi, e grazie all’export”, ha spiegato al Financial Times Mateusz Figaszewski, portavoce della polacca Solaris Bus & Coach, società produttrice di pullman che sta per assumere cento dipendenti raddoppiando la dimensione di uno dei suoi stabilimenti e che conta su un export pari al 60-80% della sua produzione.

La crescita ceca

La Repubblica Ceca ha visto crescere il Pil dello 0,7% nel secondo trimestre, mettendo fine così ad una recessione durata 8 mesi, la più lunga dalla divisione con la Repubblica Slovacca nel 1993. Questa crescita deriva essenzialmente dal dinamismo di società come Skoda.

La ripresa ungherese

Ma è stata anche l’Ungheria a riprendersi nel secondo trimestre dell’anno, aiutata dagli investimenti di case automobilistiche come Mercedes e Audi, che approfittano del basso costo del lavoro e di oneri inferiori a quelli asiatici per il trasporto delle auto in Europa.

La dipendenza polacca

La Polonia, l’economia più vivace della regione, è stata l’unico Paese europeo a non cadere nella recessione che ha colpito il Vecchio Continente nel 2009 ed ha registrato solo una leggera contrazione negli ultimi mesi. E anche la risalita di Varsavia si basa sull’export, salito nel secondo trimestre dello 0.3%. I consumatori polacchi hanno tenuto a galla l’economia del Paese negli scorsi anni, ma la forte disoccupazione al 13,2%, il calo dei risparmi e la cautela delle banche ha mandato a picco le previsioni interne di spesa.

Spesa e moneta

La fragile crescita dell’Europa dell’Est si appoggia dunque agli ordini dell’eurozona, specialmente tedeschi. I governi dell’area non sono in grado si stimolare seriamente la domanda interna e la leva delle politiche fiscali e monetarie sembra essersi esaurita. La Repubblica Ceca mantiene i tassi d’interesse allo 0,05% e la banca centrale polacca ha deciso di terminare il suo ciclo espansivo con interessi al 2,5%. I Paesi nella zona Cee hanno frenato la spesa pubblica per tenere il deficit al di sotto della soglia del 3% del Pil. E con l’eccezione della Polonia ci sono riusciti, ma resta poco spazio per aumenti di spesa pubblica. “Non c’è dubbio che la regione sia dipendente dall’eurozona e dalla Germania”, ha dichiarato Daniel Hewitt, economista di Barclays Research. “L’export sta sostenendo la crescita degli Stati dell’Europa centrale ed orientale, in un meccanismo che potrebbe così stimolare consumi e investimenti”.

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