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Tra le cause della crisi, profonda, di orientamenti e della manifesta carenza di autorevolezza dei tanti aspiranti leader della sinistra, spicca la distanza tra le belle proclamazioni di principio e i solenni impegni, assunti nei libri, sui giornali, nei comizi e negli studi televisivi, e la realtà, i risultati concreti e i provvedimenti, frutto del duro lavoro quotidiano, nel governo, nel Parlamento e nelle amministrazioni locali.

Ho fatto questa riflessione, assistendo, nella serata di ieri, alle dichiarazioni di Veltroni, a “Servizio Pubblico”, condotto da Santoro. Perchè l’ex segretario del PD, contrario al governissimo Letta-Alfano-invece di obbedir, tacendo, al disco verde democrat all’esecutivo PDL-PD-Monti- non ha condotto, a viso aperto, una chiara e decisa battaglia politica, nel suo partito, correndo anche il rischio di restare in minoranza, ma facendosi interprete degli umori, delle posizioni e della profonda insoddisfazione di tanti iscritti e simpatizzanti della sinistra ? E perchè non ha formalizzato la sua netta opposizione, esprimendo voto contrario, in direzione ?

Quanto al nodo della trattativa tra Stato e mafia, nei primi anni 90, Veltroni è libero di continuare a stimare Napolitano, i defunti Scalfaro e D’Ambrosio, lo statista irpino, don Nicola Mancino, apparso molto sfuggente da Vespa, e gli ultranovantenni sen.Ciampi e prof. Conso. Ma non può pretendere che tutti gli italiani firmino cambiali in bianco e si fidino, ciecamente, dei rappresentanti, o ex, delle istituzioni. Qui si discute e si cerca, con grandi difficoltà, la verità, politica, e le responsabilità, penali, per una trattativa, un inquietante “do tu des” tra pezzi dello Stato e Cosa Nostra. Ed è sacrosanta l’aspirazione dell’opinione pubblica di sapere chi tramò e per raggiungere quale obiettivo.

Se lo scrittore romano non ha compreso questo, evidentemente, egli può continuare a scrivere libri e a rilasciare pensose interviste ai giornaloni. Ma continuerà a non affrontare, nè a tentare di sciogliere il nodo, reale, della grave crisi della politica, che ha ragioni etiche profonde e che ha spinto milioni di italiani a non recarsi alle urne o a votare per il M5S.

Infine, una precisazione. Il primo governo Berlusconi non cadde a causa di un’imponente manifestazione sindacale, come ha sostenuto Veltroni. Bensi’ in seguito alla cosiddetta cena del “tonno in scatola”, negli ultimi mesi del 1994, tra Bossi, D’Alema e Buttiglione, dove fu concordato l’addio della Lega Nord al Cavaliere, poi raggiunto a Napoli dall’annuncio, sul “Corriere della Sera” di Mieli, del primo avviso di garanzia, inviatogli da Borrelli e Di Pietro. La manifestazione, citata dal nemico di D’Alema in TV, si svolse, nel 2002, durante il secondo governo Berlusconi, che non cadde, e venne convocata dall’allora segretario della CGIL, Cofferati, in una gremitissima piazza San Giovanni, per protestare contro le modifiche, annunciate ma non attuate dall’esecutivo di centrodestra, dell’articolo 18 dello Statuto dei diritti dei lavoratori.

Pietro Mancini

Veltroni, durissimo in Tv contro il governo, perchè tacque nel Pd?

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