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Ho chiesto l’ospitalità a Formiche.net per rispondere a quello che potrebbe esser considerato un “attacco” di Mario Giro a Marco Cappato, candidato alle suppletive del 22 e 23 ottobre prossimi per il seggio che fu di Berlusconi. Forse il pezzo ha origini e fini che non riguardano esclusivamente Cappato, quindi faccio finta di non aver letto la conclusione, ma militando dalla stessa parte da quasi 30 anni mi preme però chiarire il perché e il come di alcune delle questioni sollevate dall’ex vice-ministro degli Esteri.

Le scelte di fine vita sono sicuramente questioni complesse e proprio per questo motivo occorre che la Repubblica italiana si doti di regole che le rendano consapevoli quanto modificabili, ma quando affermate per iscritto devono esser rispettate senza prevedere l’entrata per alcuno nel circuito penale. La legalizzazione dell’eutanasia è a tutela dei più deboli o meno attrezzati o assistiti. Sono semmai le proibizioni che semplificano le questioni con un “giusto” o “sbagliato” e danno munizioni per reclamizzare soluzioni basate sulla Verità con la “V” maiuscola.

L’agire politico, individuale o in quanto parte di partiti o movimenti, di Cappato è sempre stato in ossequio allo Stato di diritto nazionale e internazionale. Che si trattasse di questioni civili, politiche, economiche, sociali o culturali, il faro delle sue azioni o campagne sono stati i diritti umani universali. Questo è centrale relativamente all’autoaffermazione personale quanto per l’economia.

Il liberismo mediaticamente inteso, o addirittura l’iperliberismo come lo chiama Giro, o come spesso si legge il “liberismo selvaggio”, raramente si riferisce al liberismo di Ernesto Rossi, un liberismo contro i padroni del vapore. Quel liberismo, l’unico che sia mai stato rivendicato come proposta da un movimento politico in Italia – i Radicali – è una politica economica che mette gli interessi delle persone al centro e non quelli del capitale. Si articola in misure che vanno dai diritti degli utenti e consumatori allo smantellamento di monopoli o oligopoli (pubblici e/o privati), misure contro l’abuso di posizioni dominanti o dumping e, naturalmente, contro lo sfruttamento della manodopera sia in termini economici che di schiavizzazione a. Idem per le pensioni minime, il salario e i servizi universali basilari – tutte proposte radicali storiche e che nel 2024 diventeranno anche iniziative civiche europee.

Diverso è l’approccio relativo ai servizi pubblici: quel che è importante per chi li usa è la qualità di quanto offerto e i suoi prezzi, non la proprietà. Dai trasporti urbani o aerei, all’informazione passando per servizi postali, la liberalizzazione prima, e la privatizzazione poi, hanno consentito il miglioramento della situazione. Se però queste riforme non funzionano, essendo il liberismo radicale pragmatico, dopo aver capito il perché dell’inefficacia si torna indietro. Il problema è che in Italia liberalizzazioni e privatizzazioni rarissimamente sono capitate insieme, si sono privilegiate le seconde alle prime.

L’Associazione Luca Coscioni da 20 anni si batte perché si affrontino alla radice i problemi del Sistema Sanitario Nazionale. Riassumo con uno slogan l’approccio: “più salute meno sanità” perché, anche qui, occorre fornire servizi capillari e di qualità e non creare infrastrutture e burocrazie. Negli ultimi 30 anni Cappato ha partecipato a campagne referendarie che a volte si sono interessate anche di economia, una lettura approfondita delle proposte confermerà quanto qui solo accennato.

Nel 2002 il Congresso del Partito Radicale che fu tenuto a Tirana fu convocato con lo slogan “globalizzazione della democrazia” proprio perché (ci) era chiaro, e non da allora naturalmente, che senza un vero “villaggio globale” il “mercato globale” sarebbe prosperato sulle disuguaglianze creando occasioni per sistematiche e massicce violazioni dei diritti umani. Le attività successive hanno perseguito quello slogan come obiettivo da raggiungere.

Il Partito dell’obiezione di coscienza alla leva militare obbligatoria ha sempre preso le parti dell’aggredito nei conflitti internazionali. Le “operazioni militari” nel Golfo sono state (almeno) due: la prima del 1991 aveva tutti i crismi della Comunità internazionale perché Saddam Hussein, dopo aver brutalizzato per anni la sua popolazione, annientato le opposizione e gasato decine di migliaia di curdi, aveva invaso il vicino Kuwait. Quell’uso della forza multinazionale fu decisa dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. In Italia emersero oppositori, mi viene in mente Formigoni, che per vari motivi, e non tutti ideali, marciarono per il no.

La seconda guerra in Iraq fu osteggiata da Pannella fino all’ultimo momento perché illegale, perché immotivata e perché evitabile con una complessa operazione che avrebbe potuto far andare Saddam in esilio sostituendolo con Michel Rocard a capo di un’amministrazione dell’Onu per gestire la transizione. Dopo mesi di incontri a Palazzo di Vetro e la House of Commons e telefonate con membri del Congresso Usa, la notte prima del secondo interrogatorio di Tony Blair alla Commissione d’inchiesta di Chilcot sull’Iraq eravamo con Bonino, Pannella, Cappato e decine di militanti radicali a Londra per accogliere l’ex premier britannico con cartelli che lo consideravano degno di un tribunale internazionale.

Già, un tribunale internazionale. Se, a tratti, in questi anni abbiamo incontrato in più occasioni Mario Marazziti di Sant’Egidio per promuovere una moratoria universale della pena di morte (sarà per questo che per ora non abbiamo letto suoi distinguo?) mai purtroppo ci siamo trovati insieme né per l’istituzione della Corte Penale Internazionale né perché questa potesse lavorare nel modo più neutrale ed efficace possibile.

In Ucraina siamo di fronte a una situazione simile alla prima guerra del Golfo con la complicazione che la Russia è un membro permanente del Consiglio di Sicurezza con diritto di veto, quindi niente autorizzazione all’uso diretto della forza. L’aiuto alla resistenza di un popolo aggredito era il minimo che si potesse prevedere per evitare milioni di morti! L’incriminazione di Putin e della Commissaria per i diritti dei bambini per crimini di guerra per aver deportato migliaia di minorenni è un atto formale con precise ripercussioni politiche. Infatti, grazie a quel mandato d’arresto, Putin si sta indebolendo. Quando si parla di guerre bisogna avere un atteggiamento di idealismo pragmatico perché quotidianamente, nell’attesa che chi aggredisce smetta di bombardare o conceda un tavolo per la trattativa, muoiono persone innocenti. Una pace duratura e sostenibile non può che esser radicata nella giustizia. Sarà un caso se Papa Giovanni Paolo II usò lo storico slogan radicale “non c’è pace senza giustizia” per celebrare il 1 gennaio giornata mondiale della pace per la Chiesa?

Da antimilitaristi federalisti europei riteniamo necessaria e improcrastinabile una radicale riforma dello strumento militare a livello continentale. Una difesa comune europea, che nel professionalizzarsi dovrà anche affrontare il doppione della Nato, avrebbe bisogno di meno persone in divisa, abbatterebbe i costi, aumenterebbe l’efficienza – e magari il potere di deterrenza per il semplice fatto di esistere – consentendo anche la creazione di corpi di pace nonviolenti attivi sempre e dovunque in modo da tentare di prevenire o sventare conflitti.

Su una cosa in effetti siamo d’accordo con Giro, che conosco da anni: “Non basta farsi paladini di alcuni (e mai tutti) diritti civili per dire di essere di sinistra o di centrosinistra. I diritti civili sono importanti ma non sono la cartina di tornasole per essere dichiarati di sinistra e nemmeno di centro” a mia memoria, tolti i movimenti in cui Cappato è attivo, non esiste partito o coalizione che abbia fatto dei diritti civili l’architrave della propria propaganda elettorale o del proprio operato politico – si pensi alla gestione dei migranti quando Giro era al governo.

Per il resto se gli amici di Demos, che da qualche anno hanno deciso di diventare un partito elettorale, ritengono che Cappato (o i suoi) non siano d’accordo sulla “sensibilità sociale e comunitaria, o un’impostazione solidale dell’economia” non hanno che da organizzare un confronto pubblico. I radicali non si sono mai dichiarati progressisti, anche se la prima internazionale liberale (di cui hanno fatto parte) si chiamava dei liberali e progressisti, ma è indubbio che abbiano agito per il progresso dell’umanità e senza libertà è difficile che si possa “progredire”.

Infine suggerirei a Giro, e chi in questi giorni un po’ frettolosamente ha applicato la proprietà transitiva dell’appoggio di Cappato alle scorse comunali di Monza, che sì al primo turno il mio omonimo ha sostenuto il candidato (civico moderato) Piffer, ma che poi nulla Cappato ha più detto o fatto per quella elezione. Il resto sono ricostruzioni facilmente smontabili coi fatti – e più volte smontate dall’interessato senza contro-smentite. Ad agosto 2022 Piffer si rese disponibile a far parte delle liste Referendum e Democrazia, di cui sono il responsabile legale e che è la stessa che ha promosso la raccolta firme per la candidatura di Cappato in Brianza, sapendo che non sarebbero state liste elettorali ma un’operazione politica per pretendere, grazie a decine di ricorsi, l’utilizzo della firma digitale per presentare liste elettorali proprio come è possibile (anche se a pagamento) raccoglierle su proposte di legge d’iniziativa popolare e referendum. Sfido comunque chiunque a trovare una candidatura di Cappato con la destra – a Milano era nella coalizione di Pisapia e si spese per Sala al secondo turno o in liste la cui elezione era garantita.

Silvio Berlusconi è morto il 12 giugno 2023, una decina di giorni dopo è circolato il nome di Galliani per quel seggio, Cappato ha deciso di candidarsi a luglio, sono quindi passati quasi due mesi prima che ci si accorgesse della necessità di trovare un candidato unitario e del territorio… credo che questo, eventualmente, dovrebbe essere motivo di dibattito interno al centrosinistra, anche se i sostegni arrivati a Cappato vanno oltre quell’aggregazione, in preparazione di elezioni future (europee comprese).

Credo sia stata una decisione politicamente molto opportuna che alla fine la candidatura di Cappato sia stata ritenuta all’altezza del compito di opporsi a Galliani e al centrodestra che lo sostiene. Spero che alla fine, anche se con qualche dubbio, arriveranno i voti di chi preferisce far perdere il centrodestra piuttosto che concordare o meno con metà delle cose che Cappato dice, e soprattutto fa, da 30 anni.

(Marco Perduca, Senatore nella XVI Legislatura, responsabile legale della lista Referendum e Democrazia che ha promosso la raccolta di firme per la candidatura di Marco Cappato alle suppletive per il Senato della Repubblica del 22 e 23 ottobre 2023)

Libero Giro di non sostenere Cappato ma... L'intervento di Perduca

Di Marco Perduca

Credo sia stata una decisione politicamente molto opportuna che alla fine la candidatura di Cappato sia stata ritenuta all’altezza del compito di opporsi a Galliani e al centrodestra che lo sostiene. L’intervento di Marco Perduca

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