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Difficile orientarsi senza una bussola nel mare della politica andreottiana, capace di influenzare oltre mezzo secolo di relazioni italiane.
Un modo di intendere i rapporti con l’estero, quello del senatore a vita, che nel solco dei suoi convincimenti è stato quasi sempre mosso da un fermo pragmatismo, più che da cieche alleanze.

Giulio Andreotti si è rivelato un personaggio sfaccettato, minuziosamente descritto da Ennio Di Nolfo, professore emerito di Storia delle relazioni internazionali all’Università degli Studi di Firenze, nel suo libro “Giulio Andreotti. L’uomo, il cattolico, lo statista”, edito da Rubbettino e scritto a quattro mani con Mario Barone, avvocato e curatore legale dell’archivio dell’ex presidente del Consiglio morto ieri.

Ecco gli orientamenti e le scelte in politica estera del senatore a vita spiegati da Di Nolfo in una conversazione con Formiche.net.

GLI ANNI DELL’ORTODOSSIA DEGASPERIANA
Giudicare sommariamente Andreotti postmortem significa evitare di comprendere la sua complessità e le sue contraddizioni, maturate necessariamente in un tempo lungo cinquant’anni”, chiarisce subito Di Nolfo.
Al principio della sua vita politica, più o meno dal 1947 al ’53, è stato un leale esecutore degli indirizzi di rapporti con l’estero voluti da Alcide De Gasperi.

LA SCELTA DELLA CONCRETEZZA
Per il professore, “da quel momento in poi Andreotti ha cercato uno spazio proprio, che è coinciso con quello della concretezza, il faro che lo ha guidato in tutta la sua carriera politica. Fino agli inizi degli anni ’60 la sua posizione è stata coerente con l’impostazione atlantica. Poi la sintonia con gli americani è venuta meno“.

LO STRAPPO CON GLI USA
Pur non venendo mai meno la reciproca stima ed amicizia – rileva Di Nolfo – i rapporti tra Andreotti e gli Usa si deteriorano alla vigilia della crisi di Cuba, quando il senatore a vita non condivide alcune scelte statunitensi, come quella di ritirare i missili a medio raggio puntati contro l’Urss”.
“Gli americani – prosegue – intesero così cambiare la propria impostazione di politica estera, rinunciando a esercitare una tutela preventiva nei confronti dell’Europa, ma decidendo di intervenire scegliendo di volta in volta, atteggiamento che conserveranno fino al ’79″.

LO SGUARDO VERSO L’EUROPA E IL MEDITERRANEO
Questo per Di Nolfo “non piacque ad Andreotti e agli europei, e spinse il senatore a vita a programmare per l’Italia una nuova politica che guardava all’Unione europea e al Mediterraneo, tenendo buone relazioni sia con Israele che con il mondo arabo. Capì che l’Italia e il continente europeo dovevano organizzare per conto proprio la loro difesa se volevano assicurarsi pace e prosperità negli anni a venire“.

Esemplare – fu per Di Nolfo – l’episodio di Sigonella, “dove senza i necessari documenti richiesti agli americani, Andreotti e Craxi scelsero di trasferire in Egitto alcuni prigionieri palestinesi richiesti dagli Usa. Lì si scavò un fossato invisibile che allontanò per sempre il senatore dall’America“.

Nessuno dopo di lui – conclude il professore – ha più saputo dare all’Italia l’autorevolezza internazionale conquistata in quegli anni, che generò non solo importanti accordi, ma gettò anche le basi della partecipazione italiana all’Unione monetaria europea, l’antenato dell’euro, e che portò ai Trattati di Roma“.

Andreotti e la politica del pragmatismo. Parla lo storico Di Nolfo

Difficile orientarsi senza una bussola nel mare della politica andreottiana, capace di influenzare oltre mezzo secolo di relazioni italiane. Un modo di intendere i rapporti con l’estero, quello del senatore a vita, che nel solco dei suoi convincimenti è stato quasi sempre mosso da un fermo pragmatismo, più che da cieche alleanze. Giulio Andreotti si è rivelato un personaggio sfaccettato,…

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