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Eccellentissimo Ministro delle Infrastrutture mi permetto di raggiungerla attraverso le righe di questa missiva per sottoporle, umilmente, alcune questioni a me dolentissime che ella, solo ella, può tentare di risolvere.
Come alcuni italiani che, nella loro umile professione di ingegneri, si trovano costretti a cercare opportunità fuori dal territorio patrio, a causa della penuria di attività progettuali proprio nel campo delle infrastrutture, mi trovo spesso a frequentare l’aeroporto di Milano La Malpensa.
A vostra eccellenza, che è Ministro delle infrastrutture e dei Trasporti, e che ha i natali meneghini, non le sarà sfuggito lo stato di degrado in cui l’aeroporto versa. Che è degrado strutturale e organizzativo.
Illustrissima eccellenza, lei non potrà negare che chi atterra e decolla da Malpensa, anche il più ignorante nella materia tecnicissima dei trasporti, non può capacitarsi di come è stato pensato, costruito ed è quotidianamente gestito lo scalo.
Due terminal si trovano in due paesi diversi e non danno alcun vantaggio dal punto di vista logistico e razionale. Collegati con collegamenti che sono sifoni peggio di quelli che i feti attraversano durante il parto nell’anatomia materna. E sono doglie, illustrissima eccellenza. Alla sera, dopo giornate di lavoro, tanto piùe se hai viaggiato a bordo della compagnia low cost dalla livrea arancione che è la compagnia più presente sullo scalo.
Ti senti pecora tra pecore quando, in uno dei tanti cobus, vieni trasferito dalla scaletta dell’aereo agli arrivi. Che poi, il viaggio all’interno del cobus è di cinque, dieci minuti perché l’apparecchio, nella maggior parte dei casi, si ferma quasi a ridosso del terminal 1 e il cobus ti deve scendere al terminal 2. E in quei cinque, dieci minuti lo scalo non ha nulla da guadagnare in promozione, e con lui il sistema paese. Perché, nel vedere le strutture di collegamento tra l’aerostazione e le aree di soste degli aerei non vedi altro che strutture che sarebbero ruderi in qualunque altra parte. Cemento c’è n’è che Dio ce ne scampi. Ma a che serve? Le pareti che erano, dico erano, bianche sono sporchissime.
L’intonaco manca in diversi punti. Un’incuria indicibile. E poi le scritte. Vostra eccellenza mi deve credere, le scritte che indicano le porte scorrevoli da cui si accede all’aerostazione, sono in un Arial che è carattere che manco nell’82 si utilizzava già. Sanno di vecchio.
Non parliamo poi di quando si accede all’aerostazione. Un sifone dopo l’altro. Colli di bottiglia. Non c’è nulla di razionale, nulla che faccia pensare che qualcuno abbia pensato a quanti ci sarebbero passati. E le dico sono osservazioni che sono pugnalate queste perché chi arriva da qualunque altrove in quell’altrove ha sperimentato migliore funzionalità. Come a Copenhagen ad esempio da dove provenivo, giusto ieri sera, dove l’hub che accoglie i passeggeri delle low cost accedono immediatamente all’area stazione a piedi facendo pochi passi dal piede della scaletta dell’aeromobile. L’area che è quella degli arrivi e partenze della low cost è ampia e smaltisce i flussi degli occupanti indipendentemente dal numero di aerei che dovesse arrivare simultaneamente.

Tornando a Malpensa, invece, quando sei fuori e ti metti in bocca una Marlboro strappandone il filtro tanto ti sei incazzato, vostra eccellenza deve sapere che ti aspetta ancora lo svelarsi dell’antropologia nostrana che aggiunge al degrado la tragicommedia. Le macchine di chi è venuto a prendere gli atterrati sono una sopra l’altra perché, essendo che siamo il paese dei furbi, non c’è n’è uno che la lascia in un parcheggio. No, tutti addossati in prima, seconda, e tripla fila con tanto di luci, frecce e ogni indicatore luminoso accesso per creare un caos colorato .

No, non ho finito, e vostra eccellenza mi deve scusare, perché a uno che vive a Torino viene ancora da riflettere mentre in macchina percorre la bretella che da Malpensa porta all’autostrada Torino-Milano. Autostrada che peraltro è eternamente in costruzione come e peggio della proverbiale Salerno Reggio.
Gli viene da pensare, dicevo, a un paio di cosette che vostra eccellenza dovrebbe sapere e su cui mi auguro possa far calare la sua attenzione piena di buon senso lombardo.
In una quindicina di chilometri ci saranno una decina di viadotti dove c’è cemento da sorreggere, al posto di Titano, l’universo intero. Lampade nelle cortissime gallerie c’è n’è che gli uccelli della zona ormai dormono di giorno quando è nuvoloso perché c’è meno luce.
E poi, dico io, non si poteva far passare l’alta velocità che oggi collega Torino a Milano da Malpensa?
Ministro, lei che conosce l’Europa, sa bene che non c’è aeroporto che non venga agganciato a un sistema integrato di trasporti.

L’aeroporto di Milano La Malpensa, e vostra eccellenza mi deve scusare se mi permetto di parlare liberamente, è accasciato tra Lonate Pozzolo e Somma Lombardo come la Concordia al Giglio.
Fa appena 18 milioni di passeggeri , meno dello scalo danese di Copenhagen quando i danesi sono, in tutto, cinque milioni.

Ora io mi chiedo: dato che nel 2015 l’EXPO dovrebbe portare a Milano tantissimi passeggeri, non ci vergogniamo di farli passare per Malpensa? Un aeroporto a 48 chilometri da Milano? Non ci vergogniamo che quando uno atterra, specie quando c’è nebbia e vede solo livree arancioni, gli viene il dubbio di non essere in Italia?

Cordialmente,

Michele Fronterrè

Al ministro Lupi

Eccellentissimo Ministro delle Infrastrutture mi permetto di raggiungerla attraverso le righe di questa missiva per sottoporle, umilmente, alcune questioni a me dolentissime che ella, solo ella, può tentare di risolvere. Come alcuni italiani che, nella loro umile professione di ingegneri, si trovano costretti a cercare opportunità fuori dal territorio patrio, a causa della penuria di attività progettuali proprio nel campo…

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