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Escludere aziende cinesi e russe dai fondi nazionali per i microchip. È la proposta della Lega, i cui senatori Tilde Minasi, Manfredi Potenti, Antonino Germanà, Mara Bizzotto, Gianluca Cantalamessa hanno presentato un emendamento al decreto legge Asset che, varato a inizio agosto dal Consiglio dei ministri, anticipa alcune misure urgenti del più vasto Piano nazionale per la microelettronica che verrà presentato nelle prossime settimane da Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy. In particolare, il decreto destina al settore circa 700 milioni di euro.

L’emendamento prevede che siano “in ogni caso escluse dal credito di imposta le imprese controllate o che collaborano con imprese controllate da entità di Paesi che non condividono i princìpi dell’Ue”. Sì, dunque, ad aziende americane. Considerato ammissibile dalla presidenza delle commissioni assegnatarie, ora il provvedimento attende il parere del governo.

Sarebbe, in effetti, un controsenso dare vita a un Piano nazionale e stanziare fondi nazionali per ridurre la dipendenza strategica da Paesi che possono utilizzarla come arma e poi destinare quegli stessi fondi ad aziende legate a quegli stessi Paesi. Tra le aziende interesse c’è la cinese Huawei, che è partner del Distretto di microelettronica di Pavia, città destinata a ospitare il Centro italiano per il design dei circuiti integrati a semiconduttore.

Chip, niente fondi a russi e cinesi. L’emendamento della Lega

La proposta prevede di escludere dal credito di imposta le imprese controllate o che collaborano con imprese controllate da entità di Paesi che non condividono i princìpi dell’Ue. Si aspetta il parere del governo

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