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Il risultato delle elezioni politiche in Germania, prima di tutto, segna la sconfitta epocale della sinistra europea che aveva nel Spd il suo punto di riferimento principale, nonché il suo ultimo baluardo politico in Europa.

Dalla Francia all’Italia, dalla Spagna alla Germania, l’Europa ormai ha svoltato completamente a destra e ovunque la sinistra, con le sue politiche e le follie rosse e verdi, è minoritaria in tutto il vecchio continente.

Un dato che non può non essere che la diretta conseguenza delle ultime elezioni europee a giugno e della rivincita di Trump e dei repubblicani negli Usa a novembre.

Il risultato peggiore di sempre della Spd segna la fine della socialdemocrazia, ma pone una questione fondamentale per Merz, che ha portato la Cdu più a destra, e in generale per tutti i partiti che in Europa si riconoscono nel Ppe e nell’Ecr.

È possibile costruire un centrodestra europeo sul modello italiano che nel nostro Paese esiste proprio grazie alla destra che 30 anni fa riuscì ad evolversi in destra democratica, di governo ed europea?

Merz, infatti, o propone una coalizione con i socialisti, tradendo i suoi elettori, oppure, ma non adesso, può provare a costruire anche in Germania una coalizione politica capace di mettere insieme il centro con la destra.

È evidente che molto dipenderà dal percorso futuro della destra tedesca e dalla sua netta presa di distanza dal passato da condannare “senza se e senza ma”. Una destra capace di raccogliere milioni di voti in tutte le fasce sociali non può essere classificata come ultradestra o neonazista, perché capace di interpretare le speranze di milioni di tedeschi, quindi di milioni di europei.

Spetterà alla futura evoluzione della destra tedesca trovare il modo di avvicinarsi al popolare Merz in nome di una Germania del futuro e non del passato.

I miei amici Nicola Procaccini e Carlo Fidanza, rispettivamente co-presidente Ecr e capodelegazione di FdI a Bruxelles, scherzando spesso mi dicono che servirebbe un “Tatarellen” in Germania o un “Tatarellà” in Francia che porti le destre tedesca e francese, capaci di arrivare al 20 e al 30%, a una definitiva istituzionalizzazione al fine di permettere loro di fare “contare” il loro importante consenso elettorale.

Sia chiaro, nei confronti di Le Pen e della destra tedesca vige il teorema del “cordone sanitario” di cui per anni è stato vittima il Msi di Almirante in Italia che ha subito una conventio ad escludendum finalizzata a impedire la nascita del centrodestra.

A guardare i risultati francesi e tedeschi assume oggi ancora più valore la svolta di Fiuggi di 30 anni fa con la nascita di Alleanza Nazionale di cui Tatarella fu il regista.

Senza quella svolta non esisterebbe oggi un governo di destra centro guidato da un premier che viene dalla lunga storia della destra politica, figlia di Alleanza Nazionale, un risultato politico che rappresenta il massimo traguardo storico della destra italiana.

Senza quella svolta Giorgia Meloni non sarebbe andata al governo e non avrebbe, quindi, potuto indicare, da destra, Raffaele Fitto vicepresidente esecutivo della Commissione europea con delega alla coesione e alle riforme.

Oggi spetta proprio a Meloni con Fitto, Tajani e Salvini completare un percorso di dialogo per costruire un centrodestra europeo in grado di diventare una maggioranza stabile al Parlamento europeo che metta fine alle “maggioranze variabili” che si vengono a creare, inevitabilmente, sui principali dossier.

Giorgia Meloni, leader di caratura internazionale, dovrà interpretare il duplice ruolo di pontiere: non solo tra Europa e Usa per non dividere il mondo occidentale, ma soprattutto tra popolari, conservatori e destre identitarie per creare un nuovo ordine mondiale, la casa internazionale del conservatorismo alleata al popolarismo spostato a destra e alle destre che devono evolversi con delle loro “Fiuggi” in destre alleabili e non più emarginabili.

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