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Per far fronte a possibili attacchi ad ambasciate, prese di ostaggi o altre crisi improvvise, il Pentagono sta pianificando il dispiegamento di commando di élite del corpo dei Marine su unità della Marina che incrociano nelle acque del Medio Oriente e altre zone ‘calde’, da tenere a disposizione come forza di reazione rapida.

L’attacco di Bengasi

Lo riferisce oggi il Wall Street Journal, secondo cui la mossa fa seguito alle polemiche sorte dopo il drammatico attacco al consolato usa di Bengasi dell’11 settembre scorso, in cui furono uccisi quattro americani, tra cui l’ambasciatore Chris Stevens.

La necessità di una reazione immediata

Si tratta di team speciali di 14 marine, da posizionare su navi su cui sono già imbarcati marine dei più ampi corpi di spedizione. “Crisi del genere arrivano all’improvviso, nel corso di una notte. Se si deve reagire, non c’è tempo per radunare le forze negli Usa, caricarle su un (aereo) C-17, portarle da qualche parte, in qualche aeroporto di un Paese che potrebbe non volerci sul suo suolo”, ha affermato il generale James Amos, comandante del corpo dei Marine.

La disposizione delle unità

I marine hanno attualmente sette corpi di spedizione da 2.200 militari, di cui attualmente ne sono dispiegati due o tre. Uno è nel Mediterraneo, uno tra il Golfo Persico e il Golfo di Aden e uno è nel Pacifico, con base fissa ad Okinawa, in Giappone.

Il piano del Pentagono per reagire agli attacchi contro gli Usa

Per far fronte a possibili attacchi ad ambasciate, prese di ostaggi o altre crisi improvvise, il Pentagono sta pianificando il dispiegamento di commando di élite del corpo dei Marine su unità della Marina che incrociano nelle acque del Medio Oriente e altre zone 'calde', da tenere a disposizione come forza di reazione rapida. L'attacco di Bengasi Lo riferisce oggi il…

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